21 C
Roma
venerdì, 6 Giugno, 2025
Home GiornaleLibia, caos permanente alle porte dell’Europa

Libia, caos permanente alle porte dell’Europa

Il fallimento di Dbeibah e l’instabilità cronica aprono nuovi scenari di tensione. Tra clan, milizie e interessi stranieri, il paese resta sospeso sull’orlo di un nuovo conflitto.

Angosciati dalla tragedia che si sta consumando a Gaza è facile dimenticarsi degli altri angoli oscuri di questo mondo triste, anche di quelli più vicini a noi. È il caso della Libia, ad esempio. Che resta lì, stato fallito governato (si fa per dire) in Tripolitania, a ovest, da un esecutivo di unità nazionale riconosciuto dall’ONU guidato (ormai oltre i termini del mandato ricevuto a suo tempo) da Abdul Hamid Dbaibah e in Cirenaica, ad est, dal generale Khakifa Haftar, capo dell’Esercito nazionale libico, autoproclamatosi tale e autore anni fa di un tentativo non riuscito di presa del potere anche a Tripoli. A sud, nel Fezzan desertico ma ricco di idrocarburi, di fatto comandano i clan e le tribù locali, anche se in linea teorica il territorio è di pertinenza amministrativa di Tripoli. Infine, anche i due Parlamenti (di Tripoli e di Tobruk) sopravvivono da tempo alla scadenza del proprio mandato. Niente elezioni, sarebbero ingestibili.

Un pantano geopolitico tra potenze e milizie

Questo pantano politico è divenuto terreno di conquista per attori statali esterni: così la Turchia si è insediata in Tripolitania e la Russia in Cirenaica, entrambe interessate ad estendere la propria influenza nel Mediterraneo. Mentre Francia e Italia hanno ormai perduto ogni residua influenza (mantenendo però l’Eni la propria capacità estrattiva, strategica per il nostro paese).

Questa situazione di stallo si prolunga sostanzialmente da un lustro. Ed era finita nel dimenticatoio del sistema mediatico internazionale. Fin quando lo scorso mese, il giorno 12, un’esplosione di violenza a Tripoli ha riacceso i fari sulla Libia. Cosa era accaduto? Era successo che Dbeibah aveva deciso di liberarsi dell’ingombrante sostegno di alcune milizie armate (denominate Autorità per il Sostegno alla Stabilità) che lo hanno sostenuto in questi anni: è stato ucciso il loro capo, un certo Gheniwa, e sono state attaccate le loro basi ubicate presso la sede di un’altra milizia, la Brigata 444, ritenuta più fedele al governo. Il blitz è però sostanzialmente fallito perché diversi gruppi armati hanno reagito organizzando blocchi stradali, proteste, reazioni con armi da fuoco che hanno messo a soqquadro l’intera capitale. Una violenza che minacciava di far ripiombare il paese nella guerra civile, al punto che le ambasciate estere hanno organizzato voli di rientro in patria per i propri cittadini.

Fortunatamente la tensione è andata affievolendosi nei giorni successivi e Dbeibah ha potuto annunciare la fine degli scontri e il ritorno dell’ordine in città. È questa è la situazione al momento.

Una tregua apparente, un governo delegittimato

Fin qui la cronaca. Che rivela quanto precaria sia la condizione dello stato libico. L’iniziativa voluta dal Primo Ministro è fallita, rivelandone – se mai ce ne fosse stato bisogno – l’intrinseca fragilità. E ora sono molti i libici – che vivono in condizioni economiche di mera sopravvivenza – che chiedono elezioni libere per poter cacciare Dbeibah e il suo governo.

La coalizione di interessi tribali non sempre limpidi che in un qualche modo ha sostenuto il Primo Ministro, a sua volta aiutata non certo disinteressatamente dalla Turchia, è esplosa: dunque, di fatto, al momento – pur nella calma apparente – regna il caos. Ogni milizia si sta riposizionando, ogni clan pure: tutti cercando di capire quale possa essere il gruppo vincente, se ancora quello di Dbeibah o qualcun altro. Nel frattempo v’è chi teme che di questa situazione sospesa possa approfittare l’eterno Haftar riprovando a marciare su Tripoli, come fece senza successo nel 2019. Una eventualità che preoccupa Ankara, che però oggettivamente pare essere rimasta sorpresa dalla piega presa dagli eventi e finanche dalla debolezza, ancora maggiore di quella già nota, di Dbeibah.

Uno stato fallito sullorlo della deflagrazione

Dunque al momento la situazione è di stallo, come ormai da anni. Ma gli scontri nella capitale hanno testimoniato l’estrema instabilità del paese. Diviso e percorso da sotterranei movimenti potenzialmente prodromici di una guerra civile. Che riporterebbe la Libia in primo piano e aprirebbe un nuovo fronte di tensione assoluta nell’area mediterranea.

Sarà meglio, quindi, seguire con attenzione gli sviluppi politici e non solo in questa nazione che peraltro potrebbe tornare ad essere tale solo con un accordo generale volto a distribuire equamente la rendita petrolifera e a disarmare tutte le milizie che ne infestano il territorio. Un’utopia, al momento.