Libri | L’affascinante vicenda degasperiana nel saggio di Brancaccio.

Con il consenso dell’autore e dell’editore, pubblichiamo la prima parte della postfazione al libro di Leonardo Brancaccio, Alcide De Gasperi. Cittadinanza attiva, buona politica, bene comune, Ecra editore (2024).

Dire che oggi non avremmo bisogno di un nuovo De Gasperi è forse dire troppo. Eppure al termine di un volume così appassionato e intenso, credo che faremmo torto allo stesso statista se non avessimo il coraggio di accettare questa provocazione: non è di un nuovo De Gasperi abbiamo bisogno.

E di cosa abbiamo bisogno allora? Leonardo Brancaccio ce lo ha suggerito sin dal principio: di un modo più pieno di sentirsi comunità. Di quella considerazione profonda della partecipazione civile, di quel sentirsi parte di un tutto, che fu l’orizzonte che accompagnò il cammino di De Gasperi attraverso il Novecento. È una necessità imposta dal contesto (perché nessuno si salva da solo, tantomeno di fronte alle sfide epocali che ci stanno di fronte), ma potremmo scoprirvi anche un’occasione per riempire di senso e di bellezza le nostre vite, tornando a dare ascolto e pari dignità ai bisogni materiali e a quelli dello spirito, al visibile e all’invisibile.

Eugenio Borgna scrive che «ci sono nostalgie che fanno vivere, e nostalgie che fanno morire»: perché quella che suscita in noi la figura dello statista trentino sia una «nostalgia che fa vivere» essa deve servire innanzitutto ad accendere in noi un desiderio nel presente, a destare quello spirito degasperiano che non si accontenta di contemplare i problemi, ma si sforza di cercare le possibilità che si aprono dentro ai vincoli che la storia pone. Quando invece la nostalgia diviene un paravento dietro cui nascondersi e deresponsabilizzarsi di fronte al presente, ecco: quella è una «nostalgia che fa morire». Che fa morire noi e che tradisce De Gasperi, che come si legge molto opportunamente in questo libro, era il primo a ricordare ai suoi contemporanei che in democrazia siamo tutti corresponsabili:

 

la repubblica libera e popolare non nasce da uno statuto, nasce e matura nella coscienza di ciascuno. Se non c’è la convinzione personale, se non c’è il vostro impegno di assumere la parte nuova di responsabilità che vi tocca, se non c’è la vostra personale maturata collaborazione, ingaggiata per l’avvenire, la repubblica non diventa.

 

Nel 2021, nella ricorrenza dei 140 anni dalla nascita dello statista, queste parole sono state scritte anche su una parete del Museo Casa De Gasperi, realizzato nella sua casa natale a Pieve Tesino. Stanno lì ad ammonire il visitatore, affinché la memoria non sia assunta ad alibi: di fronte a queste parole chi, in buona fede, potrebbe accontentarsi di dire che l’unica soluzione ai problemi del nostro tempo è attendere immobili l’arrivo di un nuovo De Gasperi?

Non esistono scorciatoie in democrazia e, come diceva sempre De Gasperi, «non ci sono uomini straordinari. Vi dirò di più: non ci sono uomini entro il partito e fuori, pari alla grandezza dei problemi che ci stanno di fronte».

L’affascinante vicenda degasperiana che questo libro ci aiuta a rivivere non serva quindi a sorreggere il pericolante edificio della mitologia politica, ma piuttosto a farci riscoprire quel senso della responsabilità che portò un giovane di periferia a divenire padre della Repubblica italiana e dell’Europa. Serva a far risuonare dentro di noi l’invito che, all’alba del secolo scorso, lui stesso accolse da Celestino Endrici, un giovane sacerdote destinato a un grande avvenire quale vescovo di Trento. Il lessico è forse un poco datato, ma il contenuto non teme il passare del tempo:

 

avere carattere, mostrare carattere, difendere il proprio carattere. Era un appello che scuoteva la coscienza, richiamava la responsabilità personale, diceva al giovane: ‘orsù, punta i piedi, concentra le forze, nuota controcorrente. Dio ti ha fatto persona libera e responsabile, non seguire pecorilmente il gregge dei più: sii tu, tutto d’un pezzo, e battiti come puoi e con tutte le forze per la causa del bene.

 

La storia di De Gasperi inizia qui, da questa lezione, e ci dice da subito che l’impegno per la propria comunità non nasce per generazione spontanea: si impara e quindi si insegna. O, meglio ancora, si testimonia: è la partecipazione stessa che crea partecipazione.

[…]

 

Marco Odorizzi è il Direttore della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi