Articolo a firma di Liliana Ocmin (edizione odierna di Conquiste del lavoro) 

In queste ore abbiamo assistito ad un susseguirsi di notizie che hanno avuto come protagoniste, nel bene e nel male, le donne. Da una parte, il caso della Sea Whatch che si è svolto nell’indifferenza assordante dell’Europa, dall’altra, la nomina per la prima volta e in contemporanea di due donne alle più alte cariche istituzionali europee. La prima notizia, senza entrare nel merito delle polemiche che hanno contornato l’intera vicenda,  conclusa, dopo oltre due settimane di tira e molla, con lo sbarco e la distribuzione tra alcuni paesi delle 40 persone a bordo della nave, ci ha sollecitate ad unirci a quante e quanti hanno criticato l’episodio sotto il profilo per così dire “linguistico”.

Ci riferiamo in particolare agli epiteti irripetibili, oltre agli odiosi cori razzisti, pronunciati nei confronti della capitana Carola. Ma cosa c’entrano quelle brutte espressioni con i fatti accaduti? Abbiamo la “vaga” sensazione di essere ancora una volta di fronte alla solita manifestazione di stampo sessista che attraverso il linguaggio greve e irrispettoso non esprime nient’altro che l’immagine stereotipata della figura femminile, subalterna all’uomo, da punire come si conviene ogni qualvolta fuoriesce dai canoni  dell’immaginario collettivo e si comporta come persona capace di decidere autonomamente. Il linguaggio utilizzato crediamo faccia parte, purtroppo, proprio di quella cultura maschilista ancora diffusa e che tenta di vanificare gli sforzi che da questo punto di vista istituzioni e società civile stanno portando avanti con tanta determinazione e dedizione, consapevoli della grande sfida che hanno davanti. Ha fatto bene la nostra Segretaria generale Annamaria Furlan a bollare subito le offese sessiste contro Carola come “vergognose”.

La pari dignità tra le persone, tra uomini e donne, si realizza pienamente se accompagnata anche da un giusto grado di consapevolezza e maturità culturale. Continuare a lavorare su questo versante, come stiamo facendo anche noi del Coordinamento nazionale donne, sicuramente rappresenta la strada più difficile ma che vale la pena di percorrere se vogliamo che la parità e il rispetto della dignità della persona sia sostanziale e non solo formale. Non bisogna minimizzare questi episodi, anche se essi si presentano apparentemente isolati, perché non è vero, come ha detto qualche giornalista, che se al posto della capitana ci fosse stato un capitano sarebbe stata la stessa cosa e si sarebbero usate le stesse espressioni. Quando si tratta di una donna si sa sempre con quale arma colpire, tratteggiandola spesso come incapace e degna solo di essere stuprata, perché l’arma dello stupro è quella che per eccellenza la umilia nel profondo, che la sporca in maniera indelebile. L’episodio sessista della Sea Watch non è il primo e probabilmente non sarà neanche l’ultimo, l’importante che non passi l’dea che si tratti di qualcosa di residuale, a cui non dare peso, perché rappresenta al contrario il termometro di ciò che spesso arde sotto la cenere, potenzialmente in grado di rinfocolare ed espandersi. 

La seconda notizia parla invece della nomina di due donne – già una sola di queste sarebbe stato un gran risultato – ai vertici della nuova Europa uscita dalle urne lo scorso 26 maggio. È una grande evento che sicuramente lascerà il segno nella storia, che ci fa ben sperare, perché siamo convinte che il cambiamento culturale necessario per poter raggiungere le pari opportunità passa anche dalle scelte coraggiose delle donne nei posti decisionali strategici. Le due donne in corsa, l’una per la Presidenza della Commissisone Europea e l’altra per quella della BCE, sono la tedesca Ursula von der Leyen 60 anni, sette figli, laurea in medicina, ministra di A. Merkel, che ha introdotto importanti misure per la famiglia,  e Christine Lagarde, politica e avvocata francese, ministra dell’Economia, dell’Industria e dell’Impiego della Francia dal 2007 al 2011 e in seguito dirigente del Fondo Monetario Internazionale. Come Coordinamento auspichiamo ora una conferma delle due candidate da parte del Parlamento europeo, convinte, come lo siamo da tempo, che più donne nei ruoli apicali siano fondamentali alla promozione di una cultura che sappia mettere al centro l’equilibrata partecipazione democratica delle cittadine e dei cittadini europei.