L’Italia ha interesse a sfruttare ciò che funziona in altre nazioni

Facciamo un esempio. Nelle primarie americane si designa un ticket, sicché un domani, ove dovesse dimettersi la figura di vertice, gli subentra automaticamente il vice. Dunque, senza sciogliere le Assemblee.

Non è un rimprovero verso qualcuno in particolare, men che meno verso la Meloni che sul “caso Toti” nicchia, sebbene faccia intendere che le dimissioni del Presidente della Liguria aiuterebbero a disinnescare la bomba dello scandalo nel pieno della campagna elettorale. Il mio rimprovero semmai è verso tutta la classe dirigente per l’assenza di proposta e iniziativa, quando sulla scia della vicenda ligure ci sarebbe più di una ragione per riprendere in mano la questione del finanziamento pubblico dei partiti.

Intanto alcune domande si pongono. Se è costituzionale la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva, come si può imporre l’abbandono dell’incarico ricoperto nelle istituzioni? Ed ancora, è costituzionale che per le responsabilità di un Presidente di Regione o di un Sindaco, sia penalizzata (con lo scioglimento) l’intera Assemblea degli eletti? Questo è il vulnus istituzionale più rilevante,  considerando che la vicenda giudiziaria di norma dura molti anni, magari concludendosi con l’assoluzione degli imputati, mentre lo scioglimento dell’Assemblea interviene subito e ha conseguenze irreversibili.

Si tratta di capire quali possano essere i rimedi. Assunto che l’elezione diretta è fuori discussione, la soluzione va trovata nelle procedure vigenti altrove. Ad esempio nella democrazia americana. I nostri acuti politici si sono eccitati dinnanzi agli aspetti più hollywoodiani delle grandi assemblee per le primarie, ma proprio nelle primarie, ovvero nello sbocco c cui esse conducono, c’è una soluzione. Il leader non è solo, la campagna elettorale ruota attorno a un ticket (in pratica si formalizza ab initio l’esistenza di un vice). Ove accada che il leader debba dimettersi, non si precipita nel vuoto: subentra il vice (o la vice) fino a conclusione del mandato. L’Assemblea non paga pegno, insomma la figura di vertice si dimette ma senza alcuno scioglimento dell’Assemblea.

L’altra lezione americana riguarda la formula che impedisce una troppo marcata differenziazione tra gli Stati (nel nostro caso il discorso riguarderebbe le Regioni). Il Senato americano, infatti, contro il possibile strapotere degli Stati più popolosi, i quali nella Camera dei Rappresentanti godono degli effetti di un riparto di seggi su basi proporzionali, è composto da due soli senatori per ogni Stato, quale che sia la consistenza demografica dell’uno o dell’altro. Viene garantita in questo modo una rappresentanza paritaria, punto di equilibrio di un sistema altrimenti a rischio di permanenti e irrisolvibili contrasti.

Un innesto fortuito di regole e procedure prese dall’esterno è sconsigliabile, ma prendere le soluzioni migliori e adottarle con intelligenza va a beneficio dell’ordinamento democratico – se vogliamo renderlo più efficiente. Non bisogna chiudersi o pretendere di sperimentare, come per l’opzione del premierato, qualcosa di inesistente nel resto del mondo. Ci vuole un pizzico di buon senso. Anche di fronte allo “scempio” della riforma costituzionale del governo, varrebbe la pena mettersi d’accordo sulla soluzione del semi-presidenzialismo alla francese. Parigi ci dice che funziona.