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domenica, 14 Dicembre, 2025
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L’Occidente come dialogo, non come recinto

Radici culturali, pluralismo e formazione critica: perché l’eredità occidentale non può essere ridotta a un’identità chiusa né a un sapere nozionistico, ma va custodita come processo aperto e condiviso.

Radici dellOccidente, non identità blindata

Prendo spunto dalle affermazioni del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, ospite di Bruno Vespa, per qualche considerazione.

Sicuramente, i bambini e i ragazzi dovrebbero acquisire consapevolezza di cosa voglia dire “Occidente”: quelle radici, lo ricordava l’uomo di governo, che si possono rinvenire ad Atene, a Gerusalemme, a Roma e, aggiungerei, ad Alessandria d’Egitto.

Radici, tuttavia, non discorso identitario chiuso, concluso, del tutto determinato. L’identità, al contrario, si definisce con gli incontri, le “contaminazioni”. Essa, anzi, si situa proprio lì, nel “meticciato”; è un vero e proprio ossimoro vivente.

Atene e la nascita del dialogo

Atene, ad esempio: nascono, come gemelle, la politica e la filosofia. E Socrate è il pensatore urbano per antonomasia, in tensione con la polis, fino alla morte, e, al tempo stesso, sua espressione. Ed è il filosofo dell’agorà.

E come espone Platone il pensiero del maestro? Con i Dialoghi. Un vero e proprio genere letterario, quello dialogico, non a caso riproposto a Roma, seppur in modo assai differente, ad esempio da Cicerone.

Ecco, già si fa evidente il carattere dialogico che contraddistingue, fin dalla nascita, la civiltà occidentale.

Il dialogo come ricerca aperta

In un mondo divenuto un villaggio come quello odierno, poi, l’apertura dialogica andrebbe radicalizzata: non più solo come metodo per “tirar fuori” una verità già disponibile in nuce, bensì come ricerca condivisa dall’esito inevitabilmente incerto. O dagli esiti incerti, al plurale.

Quel “plurale” che a sua volta è proprio del nostro patrimonio culturale.

L’Occidente, insomma, come terminus a quo (punto di partenza), non come terminus ad quem (approdo).

 

Contro il rischio del nozionismo:

E sullo sfondo, anche rispetto al “ritorno”, seppur facoltativo, del latino nell’istruzione primaria, scorgo l’insidia del nozionismo. Valditara ha citato Antonio Gramsci sull’importanza dello studio del latino; lo stesso Gramsci, tuttavia, ammoniva sul fatto che non si possono ridurre l’apprendimento e la cultura a un insieme di date e di dati.

E si tratta di una tendenza, ahinoi, già in atto.

Insomma, sì al rigore, sì alla serietà, ma senza smarrire, in nome di un ritorno alla “lettera” dell’Occidente, il suo “spirito” più profondo e forte.