Sicuramente ha letto attentamente il Rapporto ISTAT sull’Italia del calo demografico e delle culle vuote: troppi anziani rispetto alle giovani generazioni. In effetti altre Ricerche autorevoli (valga per tutte quella della Sapienza di Roma) confermano un problema di “sostenibilità” del sistema-Paese (welfare, pensioni, distribuzione del reddito ecc.) mentre il 53° Rapporto CENSIS ormai imminente, dovrebbe riproporre il fermo-immagine di un Paese invecchiato, stanco, deluso, sfiduciato e rancoroso. Ma l’idea di togliere il voto agli anziani (questa volta, per ora non è stata identificata la soglia oltre la quale si diventa vecchi, forse quota 65 potrebbe andare, peccato che chi ambisce ad una pensione debba lavorare fino ai 67) è tutta sua: l’ultima “sparata” di Beppe Grillo mira ad un target di popolazione ormai maggioritario nel Paese.
Riassumendo: dopo il taglio dei parlamentari e la creazione di una super-casta blindata di deputati e senatori nominati dai rispettivi capi partito che renderà superfluo o pleonastico recarsi a votare persone già designate, si aggiunge ora il progetto politico di togliere del tutto questo fastidio alle persone di una certa età.
Ribadisco il termine “politico” poiché l’illuminazione giunge dal fondatore e “vero” capo politico del partito di maggioranza relativa: non si tratta di una boutade da bar dello sport , una burlesque (come la chiamerebbe il Cavaliere) ma di un’affermazione gravida di significati politici palesi o reconditi, che vanno decifrati se si vuole intuire il disegno di un nuovo modello di organizzazione della comunità sociale e dello stesso sodalizio umano.
L’impressione – ma si tratta di una suggestione personale (anche se suffragata dalla recente sottolineatura di Mario Draghi che ha evidenziato un trend di pensiero: “Sta scemando la fiducia nei fatti oggettivi, risultato della ricerca, riportati da fonti imparziali; aumenta invece il peso delle opinioni soggettive che paiono moltiplicarsi senza limiti, rimbalzando attraverso il globo come in una gigantesca eco”) è che sia in atto una lenta, inesorabile deriva di svuotamento della democrazia partecipativa e di tutto il suo portato storico, ideologico, esperienziale – direi dalla Costituzione del 1948 in qua- a favore del subentro di una non meglio definita “democrazia virtuale” i cui fondamenti epistemologici, logici, prassici e culturali sono compresi in una cornice che marginalizza la conoscenza diretta delle cose e dell’esperienza umana.
La democrazia diretta e rappresentativa cede il passo alla sua gestione delegata: magari gestita da una “piattaforma” on line che – come sottolineato dal Presidente Emerito della Consulta Giovanni M. Flick – è pur sempre un’organizzazione privata che anticipa, riassume, indirizza una linea politica parlamentare: forse l’obiettivo vero è che un giorno la possa sostituire. Questa logica sottrattiva – meno parlamentari, meno votanti, fuori dall’esercizio del diritto di elettorato attivo (votare) e passivo( essere votati) gli anziani, magari a favore di 15/16enni, meno luoghi di dibattito ‘in presenza’ per cedere il passo a quel grande buco nero della espressione di idee, sentimenti, opinioni (a loro volta riassunte in formule sempre più sintetiche e subordinate allo strapotere delle tecnologie) sincopate e categoriche che chiamiamo web o internet, che dir si voglia, introduce una specie di depotenziamento sensoriale: non vedo, non sento, non tocco.
Chi ha letto ‘1984’ di Orwell o ‘Il mondo nuovo’ di Aldous Huxley ricorderà questa rappresentazione immaginifica e iconografica della lenta, inesorabile scomparsa della persona (nella sua fisicità e della sua libertà di pensiero) a favore di una realtà sociale e antropologica precostituita: nelle regole, nelle consuetudini, nelle norme, nei divieti. La scomparsa della specie umana.
Ora, l’idea di togliere il voto agli anziani, secondo quanto scrive Grillo «nasce dal presupposto che una volta raggiunta una certa età, i cittadini saranno meno preoccupati del futuro sociale, politico ed economico, rispetto alle generazioni più giovani, e molto meno propensi a sopportare le conseguenze a lungo termine delle decisioni politiche». E poi: «In tal caso, i loro voti dovrebbero essere eliminati del tutto, per garantire che il futuro sia modellato da coloro che hanno un reale interesse nel vedere realizzato il proprio disegno sociale – aggiunge ancora il fondatore del Movimento. Gli elettori sono, in larga misura, guidati dal proprio interesse personale, e l’affluenza relativamente bassa degli elettori più giovani può essere in parte causata dal sentirsi alienati da un sistema politico gestito da persone che non considerano della loro stessa natura».
Un vero teorema della contrazione anagrafica dei diritti civili, che riduce gli spazi di agibilità democratica ad un’area di immaginifica fruibilità di azioni e comportamenti legati al soddisfacimento di interessi a pulsione immediata: un presentismo che nega la vita trascorsa come esperienza da mettere a disposizione delle generazioni future, che conculca l’idea stessa di cultura come insieme di valori esperiti e tramandati, che destina alla fascia della cosiddetta “terza età” occupazioni del tutto ininfluenti rispetto ad un contesto sociale. Insomma gli anziani messi al bando di ogni decisione, dovranno adeguarsi al voto dei loro eredi.
Si potrebbe cominciare paradossalmente dal condominio: già in quel contesto potrebbero votare solo gli infrasessantacinquenni (anche se si tratta di coloro che dopo aver lavorato una vita hanno potuto acquistare la casa di abitazione): quindi i figli, i nipoti e i pronipoti. Un giorno magari anche in qualche modo gli animali domestici poiché (lo dice una Sentenza di Cassazione) fanno già parte del nucleo familiare e – secondo un disegno di legge dell’On.le Michela Brambilla – potrebbero essere inseriti nello stato di famiglia.
Dopo il condominio tutto il resto: il comitato di quartiere, il comune, la regione, il parlamento.
Si arriverà dunque a realizzare l’idea non solo di una democrazia virtuale attraverso il web ma anche quello di una democrazia minoritaria, dalla quale gli anziani sarebbero espulsi come una categoria di soggetti defedati e condannati alla morte civile prima di quella fisica?
Ma la lungimiranza del Grillo nazional-popolare previene le obiezioni: «La prima opposizione sarebbe quella della discriminazione, fondata sull’età. Ma è falso, affinché vi sia discriminazione vi deve essere un trattamento diverso tra due o più gruppi/identità basato su alcune caratteristiche arbitrarie. In questo caso, le politiche differenziate per età non dividono la popolazione in due o più gruppi, poiché tutti, alla fine, diventiamo anziani. Quindi non c’è ingiustizia».
In buona sostanza e per concludere: dopo una vita di lavoro, di fatiche e di esperienze (vero tesoro a disposizione dei giovani) ci attende una vecchiaia di marginalizzazione e di esclusione dalla vita democratica e – di converso – da quella sociale se è vero che la prima supporta la seconda.
Una bella soddisfazione, non c’è che dire.