Macron ha giocato d’azzardo ma alla fine potrebbe avere ragione

Quel che si profila in Francia è il passaggio da un governo presidenziale di centro a un accordo parlamentare di centrosinistra da cui far emergere un esecutivo dotato di una maggioranza affidabile.

Non si contano le critiche alla decisione di Macron di sciogliere l’Assemblea nazionale e andare alle urne con i sondaggi che parlavano chiaro, dando per certa l’arrivo di una marea di voti per l’estrema destra. Dopo il primo turno di domenica, ha fatto appello a un fronte repubblicano che in queste ore ha preso forma, senza cedimenti alla sinistra radical-populista di Mélachon. La sinistra ha fatto d’esistenza a favore del centro in 131 collegi e il centro, a sua volta, a favore della sinistra in 83 collegi. Una spinta repubblicana oltre le aspettative.

A questo punto, se la manovra di opposizione alla destra rappresentata da Le Pen e Bardella dovesse riuscire, quella di Macron sarebbe una doppia vittoria, che rimanda al duello fra gli Orazi e i Curiazi: prima il successo sull’estrema destra sovranista e poi il contenimento della estrema sinistra. Certo, sarebbe preclusa al Presidente la libertà di lanciare sfide clamorose, come quando ha proposto l’invio di forze militari in Ucraina, ottenendo peraltro il diniego dell’Unione Europea. Quel che si profila in Francia è il passaggio, con ogni probabilità, da un governo presidenziale di centro a un accordo parlamentare di centrosinistra da cui far emergere un esecutivo dotato di una maggioranza affidabile.    

Domenica sapremo, al ballottaggio, come andrà a finire. Ci saranno riflessi sul destino della Von der Leyen, ancora in bilico malgrado il beneplacito ottenuto nel Consiglio europeo; ma anche su quello della nostra Premier, Giorgia Meloni, per la quale la vittoria di Macron potrebbe rivelarsi provvidenziale. Le permetterebbe, infatti, di liberarsi dell’asfissiante pressione di Salvini, tutto proteso a fare concorrenza sulla destra, tanto da schierarsi in fretta e furia con i Patrioti di Orbán. 

L’altra lezione che potrebbe apprendere la Meloni è la convenienza del modello francese, abbandonando “quer pasticciaccio brutto” del premierato, sperimentato e subito abbandonato in Israele. Infine, se dovesse scattare il referendum sull’autonomia differenziata proverà a sue spese quanto gli sia costata l’arrendevolezza a pretese fuori del tempo e dello spazio, con le conseguenti tensioni sulle prospettive dell’Europa.

Possibile che la destra non capisca quanto sia esssenziale l’Europa, soprattutto per le nuove generazioni, in una fase storica che impone uno sviluppo ulteriore della coesione sovranazionale?