Siamo entrati nella fase calda dello scontro tra il Governatore Vincenzo De Luca e il Pd che dovrebbe tutt’ora essere il partito di sua virtuale appartenenza. La Schlein ha disposto il divieto del terzo mandato per il Presidente della Regione e per tutti i suoi iscritti, così trovando conforto con la decisione presa dal Governo di ricorrere alla Corte Costituzionale contro la legge regionale di quella terra ridente che consente invece la rielezione del suo Governatore “finché morte non ci separi” o almeno finché il popolo lo voglia.
Il quadro è confuso. Ogni Regione al riguardo può disporre come desidera, diversamente dalle altre. I Sindaci non possono insediarsi per più di due volte. Nessun limite, ad oggi per i rappresentanti al Parlamento, al Governo e alla Presidenza della Repubblica.
Dunque quella rischia di diventare la Campania Infelix, infestata da diatribe che troveranno, prima o poi, sanguinolente soluzioni. Vincenzo fonda sul timbro di chi è vincente e che saprebbe, pertanto, come venire a capo del conflitto in atto. Da una parte, strizza l’occhio al mondo degli oppressi e dei dimenticati dal potere compiacendo forse uno spicchio del mondo cattolico. Su un altro versante, rispolvera l’antico grido di battaglia della Sinistra di un tempo che urlava “Potere al popolo”, il solo ad essere sovrano delle decisioni e della scelta del suo capo.
Mandato sta per dare in mano ad altri il potere di essere rappresentati, è un affidamento proprio dell’esercizio della democrazia. Manducare è un modo antico per dire del mangiare. De Luca è una vecchia volpe ed è convinto che anche questa volta, masticando con mestiere la materia politica, saprà prevalere in battaglia. È dotato di mandibole adeguate per fronteggiare lo svolgimento della guerra.
Mandarino era il funzionario dell’impero cinese che aveva il compito di controllare se tutto scorresse nel migliore dei modi. Aveva anche compiti intrinseci di diplomazia e di dirimere le beghe. Il Pd ha mandato un suo Commissario per studiare la situazione, tentare una mediazione, trovare una soluzione. Allo stato, lo strappo non è più ricucibile e si lavoro già per una alternativa.
La sede e l’anima del Pd è divisa tra quella misericordiosa del vecchio Nazareno e quella attuale di S. Andrea delle Fratte. Si manda De Luca ad andar per fratte, non per amoreggiare quanto piuttosto a togliersi definitivamente dai piedi.
“Te c’hanno mai mannato a quer paese” è la graziosa canzone che in questi tempi ispira i leaders del Pd all’indirizzo di Don Vincenzo. È possibile che i più educati invece gli suggeriscano di farsi “mandare dalla mamma a prendere il latte” e così via continuando fino all’estenuazione.
“Chi vuole vada e chi non vuole mandi” è la regola che si è data De Luca procedendo imperterrito nella sua azione di rottura con gli impedimenti che gli vengono frapposto dalle più alte gerarchie del suo partito. “Tertium non datur”, ormai non c’è più spazio per una intesa e soltanto gli ermetici giudici ermellini potranno dirimere una questione che per l’ennesima volta la politica non ha saputo comporre al suo interno.
Si ha la sensazione che possa tornare utile o di monito, almeno nel titolo, la visione di un vecchio film di Sorrentino “Hanno tutti ragione” e tutti torto. Il protagonista, dopo i fasti di una stagione di successo, si ritira in parti dimenticate del pianeta per disintossicarsi dal marciume del mondo e per staccare da un potere che prima o poi ti gira le spalle. Verrà poi sedotto dal richiamo di una proposta che lo tirerà nuovamente in ballo.
Non sembra essere questa l’idea di De Luca. Lui non è tipo da attendere l’esito fatale di un destino per poi essere ripescato chissà quando e come. “Tal quale mi vedi, io sono un uomo che la passione di soppiatto devasta e che l’affetto uccide.” Sembra essere il carattere di Don Vincenzo. Stando in terra napoletana, i suoi avversari, rammentando Totò, gli replicherebbero: “Anch’io sono un uomo che c’ho la passione per un bel piatto di pasta e due fettuccine.”
Ai giudici o al popolo l’ardua sentenza.