Ogni tanto mi capita di navigare sul web e cercare gli aggettivi e gli appellativi utilizzati nei commenti sulla figura di Franco Marini. Coraggioso, caparbio, carismatico, combattente, abile negoziatore, attento gestore, politico autorevole, leale, attento agli ultimi, uomo delle istituzioni; questi sono gli aggettivi e le considerazioni maggiormente ricorrenti. Per chi ha avuto il privilegio e l’onore di averlo conosciuto e frequentato in diversi fasi della sua vita e del suo impegno politico e sociale, non potrà che condividere tutte queste valutazioni.
Valutazioni che sono tutte nella storia di Franco Marini sindacalista, politico e di uomo nella quotidianità. Una vita dedicata a battaglie significative con il coraggio delle proprie idee, affrontando a viso aperto e con gli strumenti propri delle democrazia, il confronto sindacale e politico. Una delle migliori figure rappresentative dell’affascinante esperienza del cattolicesimo democratico e della sinistra sociale cristiana.
Nella Cisl ebbe la capacità e la caparbietà di sostenere competizioni interne basate su visioni diverse del ruolo della stessa Organizzazione e del sindacato in genere nella società e del rapporto tra lotta politica e lotta sindacale. Competizioni di qualità dialettica, valoriale e basate sulla scelta di gruppi dirigenti capaci e lungimiranti.
Da evidenziare alcune fasi particolarmente significative della sua vita nella Cisl. Negli anni sessanta ebbe il coraggio e la capacità di affrontare il confronto con l’allora Segretario generale Bruno Storti (sindacalista autorevole e radicato nell’organizzazione); a fine anni sessanta guidò le scelte della Cisl verso le prime riforme del Pubblico Impiego, privilegiando la visione confederale rispetto alle tradizioni corporative del comparto pubblico; a metà degli anni settanta, pur essendo critico con una caratterizzazione eccessiva a sinistra del sindacato, non accettò il tentativo di scissione a “destra” della Cisl, promosso dal Segretario generale aggiunto di allora, il siciliano Vito Scalia; nel 1977 affrontò ad armi impari il congresso confederale, “governando” al meglio l’ala cislina moderata riunita nella Tesi 2, ottenendo circa il 44% dei voti congressuali (la Tesi 1 era rappresentata da quasi tutta la segreteria confederale del tempo, a partire dal Segretario generale Macario, da Carniti e Crea); nel 1984 da democristiano convinto, nel portare il saluto della Cisl, affrontò criticamente e pubblicamente il segretario politico De Mita nel congresso della Dc; sempre in quegli anni guidò la Confederazione nello scontro successivo all’Accordo di San Valentino e al referendum abrogativo chiesto dal Pci.
In questi esempi si concentrano alcuni dei valori propri dell’esperienza sindacale di Franco Marini: senso dell’organizzazione, valore e utilizzo del confronto democratico nella lotta politica, autonomia del sindacato, contrattazione e riformismo.
Prospettive che ritroviamo anche durante la sua lunga stagione politica. Nel 1991 con il repentino passaggio alla politica a “tempo pieno” a capo della corrente della sinistra sociale della Dc e successivamente, alla morte di Carlo Donat Cattin, la nomina a Ministro del Lavoro. Si affermò subito come punto di riferimento delle sensibilità sociali presenti nella Dc, governando processi molto delicati proprio nei momenti di sfaldamento dei partiti della “Prima Repubblica”. Nelle elezioni del 1992 entrò in Parlamento come primo degli eletti nel Lazio sconfiggendo il potente Vittorio Sbardella, capo indiscusso del partito romano. Con l’avvento di “tangentopoli” e le elezioni anticipate del 1994, caratterizzate dal passaggio alla legge elettorale maggioritaria, fu uno dei promotori del nuovo Partito Popolare Italiano e della sua collocazione “centrista” sotto la guida di Martinazzoli, in alternativa ai neonati blocchi di destra e di sinistra. Dopo la sconfitta elettorale, fu lui insieme ad altri dirigenti ad evitare la disgregazione di quella esperienza politica. Pur avendo sostenuto l’elezione di Buttiglione a segretario del Ppi, fu uno dei principali dirigenti ad impedire la deriva a destra del partito e ad orientare verso il nuovo centro-sinistra la scelta dei Popolari, dei quali divenne il leader nel congresso del 1997, dopo le elezioni politiche vinte dall’Ulivo di Romano Prodi.
Atti, iniziative e decisioni basate sul coraggio, la determinazione, la presenza organizzativa e un’attenzione specifica al sociale, attenzione che ha sempre caratterizzato la presenza dei cattolici popolari nell’agone politico.
Per quanto riguarda gli effetti sulle dinamiche politiche, l’impegno a favore del centro-sinistra da parte del Ppi fu senz’altro la principale fatica di Franco Marini, dopo l’accettazione delle alleanze derivanti dalle condizioni imposte dalla legge elettorale: rappresentare l’anima sociale dei cattolici in un’alleanza riformista, senza consegnare questa tradizione politica al moderatismo e alla destra. In più di un’occasione ribadì l’originalità della proposta politica del cattolicesimo sociale nell’alleanza di centro-sinistra e la convinzione che chi ha vissuto l’esperienza sindacale non dovesse consegnarsi alle attrazioni del centro-destra.
Un messaggio chiaro, trasparente e deciso, di cui fu portavoce autorevole sia nella Margherita che nel Pd. Anche nel ricoprire la carica di Presidente del Senato (2006-2008), non si sottrasse alle intemperanze dei rappresentanti del centro-destra, riportando il dibattito alla correttezza istituzionale.
A quattro anni dalla sua scomparsa, in tutti noi che abbiamo sempre seguito i suoi insegnamenti e i suoi orientamenti nel sindacato e nella politica, c’è nostalgia della sua figura carismatica e della sua impostazione operativa.
Una figura come Franco Marini manca soprattutto a questa fase della politica e a questa fase del movimento sindacale. Lo ricorderò sempre, in particolare negli ultimi anni di vita, quando la Cisl gli assicurò, per rispetto e riconoscenza, un ufficio all’interno dei locali della Fondazione Ezio Tarantelli. Sono stati per me anni di grande ricchezza e carica umana, di ricordi personali, di storia del Paese e di insegnamenti.
L’ultimo contatto telefonico con Franco lo ebbi a novembre del 2020, mi chiese se per caso gli uffici della Fondazione fossero agibili: era pronto a ripartire, ma di lì a breve si ammalò.
Questo è stato Franco Marini; un combattente, un leader popolare nel senso pieno del termine, un riferimento certo per l’impegno politico dei cattolici. Per molti di noi un maestro e una guida.