Pur prendendo atto che le cosiddette condizioni politiche sono mutate e la presenza politica Popolare non è più declinabile come un tempo, resta il fatto che questo mondo possiede tuttora uno strumento straordinario che può rappresentare, ancora e come sempre, un volano di elaborazione culturale e di proposta politica qualificata e autorevole. E questo strumento di chiama “Il Popolo”.
Alla presentazione del mio ultimo libro intitolato “Franco Marini, il Popolare” e promosso dall’Istituto Sturzo a Roma nei giorni scorsi, sono emersi spunti di grande interesse politico e culturale avanzati dai qualificati amici intervenuti. Da Rosy Bindi a Gerardo Bianco, da Pierluigi Castagnetti a David Sassoli hanno sì affrontato i temi contenuti nel libro rileggendo, seppur rapidamente, i tratti salienti del magistero politico e sociale di Franco Marini ma, e soprattutto, hanno approfondito anche i punti decisivi che da tempo campeggiano nell’area cattolico democratica e popolare del nostro paese.
Senza entrare eccessivamente nel merito della discussione – che è possibile comunque riascoltare sul canale YouTube dell’Istituto Sturzo – il nodo principale che resta al centro del dibattito è quello di capire se la presenza popolare e sociale dei cattolici italiani si debba accontentare dei risultati ottenuti sul campo – dal valore e dal riconoscimento pieno e organico dell’Europa al ruolo dello Stato sociale, dalla qualità della democrazia ai valori contenuti nella nostra Costituzione – oppure se resta ancora necessario insistere su una presenza diretta nella cittadella politica italiana.
Certo, i tempi cambiano e, come ha suggerito Castagnetti nel suo intervento parlando del libro, è un esercizio sterile, ad esempio, confrontare le “scelte politiche” di Carlo Donat-Cattin con quelle di Franco Marini per il semplice motivo che le stagioni politiche mutano rapidamente e i rispettivi contesti storici altrettanto. Se questo è vero, com’è vero, è altrettanto credibile la tesi che la dispersione di questo mondo culturale ha generato inevitabilmente l’indebolimento di questa cultura politica che era e resta decisiva per la stessa qualità della nostra democrazia e per la salute del nostro sistema politico. Del resto, tutti i tentativi identitari di questi ultimi anni – almeno dopo la fine dell’esperienza del Partito Popolare Italiano in poi ad inizio degli anni duemila – sono franati o nell’irrilevanza politica o nel fallimento elettorale. Un dato di cui, piaccia o non piaccia, occorre pur prenderne atto dopo il varo di molti progetti che non hanno più incrociato il gradimento dei cittadini elettori
Ma un dato merita di essere ripreso ed evidenziato e che è emerso dal dibattito, evidenziato da Gerardo Bianco e anche da Rosy Bindi. E cioè, pur prendendo atto che le cosiddette condizioni politiche sono mutate e la presenza politica Popolare non è più declinabile come un tempo, resta il fatto che questo mondo possiede tuttora uno strumento straordinario che può rappresentare, ancora e come sempre, un volano di elaborazione culturale e di proposta politica qualificata e autorevole. E questo strumento di chiama “Il Popolo”, cioè lo storico e nobile quotidiano attorno al quale si sono formate intere generazioni di cattolici democratici, popolari e sociali e che ha contribuito, con la sua presenza e la sua azione, a condizionare e a indirizzare il corso della politica italiana. Certo, un tema ben noto a tutti noi Popolari. Ma, come sempre capita, ci sono circostanze storiche in cui è richiesto un supplemento di riflessione e anche di iniziativa e di proposta organizzativa. Una pubblicazione che non può diventare, come ovvio, una sorta di megafono di qualche partito o, peggio ancora, di qualche corrente di partito, ma uno strumento capace di declinare i principi, i valori e il giacimento politico e culturale che affondano le sue radici nel popolarismo di ispirazione cristiana.
Ecco, se il bel dibattito dell’Istituto Sturzo per commentare il magistero e l’esperienza politica di un grande Popolare come Franco Marini servisse anche per una riflessione sul “Popolo”, potremmo dire che il confronto tra di noi è sempre e ancora necessario, indispensabile e costruttivo.