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giovedì, 28 Agosto, 2025
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Massimo Naro, la misura dell’umano: l’armonia tra creaturalità e creatività

Nel suo saggio pubblicato su “Le nuove frontiere della Scuola”, Massimo Naro riflette sull’armonia come equilibrio vitale tra l’uomo creatura e l’uomo artefice, offrendo una chiave preziosa per leggere le tensioni del presente.

 In un tempo che sembra oscillare tra l’idolatria dell’autonomia assoluta e la rinuncia ad ogni responsabilità, il saggio di Massimo Naro (“La divina proporzione e l’equilibrio tra creaturalità e creatività”) si impone come una riflessione di sorprendente attualità. L’autore non affronta soltanto una questione teologica o estetica, ma tocca il cuore di un dibattito che riguarda la condizione contemporanea: quale equilibrio può esistere tra l’uomo come creatura e l’uomo come artefice?

Il punto di partenza è l’antica idea di armonia. Già i Greci intuirono che il kósmos fosse ordine e proporzione, e che l’uomo, con il suo éthos, ne riflettesse la struttura. Aristotele riconobbe però che tra finito e infinito non esiste proporzione. Tommaso d’Aquino, raccogliendo quella lezione alla luce della Rivelazione, indicò che la relazione tra Dio e l’uomo è resa possibile solo dall’iniziativa divina, per amore e per grazia.

 

Creaturalità e creatività

Da questa prospettiva, la fede stessa è relazione: più che un gesto dell’uomo verso Dio, è l’esperienza di lasciarsi afferrare da Lui. L’immagine biblica dell’uomo come icona di Dio svela allora il punto di incontro tra creaturalità e creatività: l’uomo è creato, ma proprio perché creato riceve la libertà e la responsabilità di creare, di plasmare, di generare cultura e bellezza. Non c’è vera creatività senza riconoscere la propria condizione di creatura; e non c’è creaturalità autentica che non sbocci in creatività.

Il passaggio moderno, da Kant in poi, ha tentato di sciogliere questo intreccio, enfatizzando l’autonomia fino a contrapporla alla dipendenza da Dio. L’uomo si è pensato come assoluto autore di sé. Ma questo ha prodotto il rischio dell’autoreferenzialità e dello smarrimento. Recuperare la “divina proporzione” significa allora restituire senso all’umano: riconoscersi destinatari di un dono che ci abilita a inventare, non a rinchiuderci.

La bellezza come epifania

La parte forse più suggestiva del saggio è quella in cui la bellezza diventa categoria decisiva. Non semplice ornamento, ma epifania di armonia: l’uomo, come nel mosaico di Monreale che raffigura Dio scalzo di fronte ad Adamo, è la trasparenza della presenza divina nel mondo. La bellezza autentica non coincide con l’astratto pulchrum, ma con il formosum che prende forma nella carne di Cristo, icona vivente dell’armonia.

La divina proporzione” non è un calcolo matematico

L’autore non propone dunque un esercizio erudito, ma una vera provocazione culturale. In una società che esalta la creatività come assoluta originalità, dimenticando la responsabilità di essere parte di un ordine più grande, il suo richiamo alla “proporzione” appare quanto mai urgente. Viviamo infatti in un’epoca di fratture: tra scienza e etica, tra tecnica e umanesimo, tra libertà individuale e legami comunitari.

La via d’uscita non è né la nostalgia di un’autorità perduta né l’ebbrezza di un’autonomia illimitata, ma la capacità di riconciliare creaturalità e creatività. Qui sta l’attualità più stringente: se l’uomo contemporaneo accetta di vivere questa tensione, senza risolverla in un monologo autoreferenziale, allora potrà ritrovare un senso condiviso. La “divina proporzione” di cui parla l’autore non è un calcolo matematico, ma la misura giusta della nostra libertà, che è sempre risposta a una chiamata. In questa proporzione si custodisce l’armonia necessaria per abitare il mondo senza distruggerlo, per creare senza usurpare, per essere finalmente uomini, creativi perché creature.

Massimo Naro

Teologo, presbitero della diocesi di Caltanissetta