Il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica ha avuto un boom di ascolti. Sia in TV che sui social. Ascolti molto più alti rispetto all’anno scorso. Un ascolto record per Sergio Mattarella. Una attenzione dei cittadini italiani che, del resto, non è che l’ultima tappa rispetto alle manifestazioni di apprezzamento e di condivisione registrati in quegli ultimi mesi in ogni angolo d’Italia. Un intervento, comunque sia, quello di fine anno, che è già stato ampiamente commentato dai vari organi di informazione e da una moltitudine di opinionisti.
Ora, per non aggiungermi a questi commenti, mi limito a tre sole considerazioni sull’intervento di fine anno del Capo dello Stato.
Innanzitutto e’ abbastanza evidente che sale il desiderio di quote crescenti di italiani di riavere una classe dirigente preparata, responsabile, qualificata e profondamente rispettosa delle istituzioni e delle regole. L’adesione, massiccia e crescente, alle parole di Mattarella va letta anche in quest’ottica. Non si tratta soltanto di rimpiangere lo “stile” e la “sobrietà” della classe dirigente politica della prima repubblica o dell’inizio della seconda repubblica. In gioco resta l’affidabilità e la serietà di chi guida la comunità, sia essa locale o nazionale.
In secondo luogo, e senza tirare per la giacchetta l’alto magistero politico ed istituzionale del Presidente della Repubblica, e’ indubbio che le parole, le riflessioni, le osservazioni e le stesse puntualizzazioni del Presidente rappresentano anche una pietra angolare per chi intende, in questa fase storica del nostro paese, rafforzare una solida cultura democratica, costituzionale e ispirata a criteri e a valori che affondano le loro radici nell’umanesimo cristiano e popolare. Una sorta di punto di riferimento permanente, e senza alcuna strumentalizzazione come ovvio, per chi vuol rivestire un ruolo pubblico nella società contemporanea e che non intende discostarsi dalle radici democratiche e costituzionali che ispirano la nostra convivenza civile.
In ultimo, e mi sarà permessa questa riflessione, la parole pronunciate dal Presidente Mattarella, pur inserite in questo preciso contesto storico e strettamente legate ai problemi contingenti che stiamo vivendo, evidenziano che la miglior cultura cattolico democratica e popolare continua ad essere attuale e del tutto moderna. Per dirla in altri termini, e senza alcuna interferenza partitica, proprio quel cattolicesimo democratico e popolare per troppo tempo bistrattato, dimenticato, archiviato ed offuscato, oggi merita di ritornare protagonista nella concreta dialettica politica italiana. Una tradizione ideale ed un filone culturale, politico, etico e sociale che non coincidono per il momento con nessun partito ma che non potranno più essere banalmente e qualunquisticamente archiviati solo per piccoli calcoli di posizionamento interno ai partiti o per non mettere in discussione organigrammi di solo potere personale o di gruppo o di corrente.
Ecco perché l’intervento di fine anno di Sergio Mattarella, al di là dello share e dei numeri, e’ destinato a segnare in profondità l’evoluzione della politica italiana. Anche in chi, legittimamente e comprensibilmente, non condivide il suo alto e prezioso magistero istituzionale.