La missione a Washington di Giorgia Meloni si tinge di incertezza. L’imprevedibilità del capo della Casa Bianca non aiuta a fissare le coordinate di un dialogo costruttivo. Per giunta cresce attorno a lui, anche in America, un sentimento di disagio della pubblica opinione. Le università sono sul piede di guerra e Obama ne ha assunto la difesa: mai un ex Presidente era giunto a questo livello di scontro con un Presidente in carica. Ormai nel mondo si guarda agli Stati Uniti con incredulità ed imbarazzo, vista anche la spregiudicatezza nel gestire tanto il conflitto russo-ucraino quanto quello israelo-palestinese. Ad ogni dichiarazione, immancabilmente eccentrica, si resta sgomenti di come Trump stia guastando la credibilità degli USA.
Il viaggio della Premier, inizialmente visto come un’opportunità per rafforzare complessivamente l’asse transatlantico, si carica di insidie: la guerra doganale incombe sull’Europa e, di riflesso, sull’Italia. In ballo ci sono 28 miliardi di dazi e contro dazi, per adesso sospesi a mezz’aria, che gravano sui rapporti tra le due sponde dell’Atlantico. Trump potrebbe chiedere all’Italia di assumere in seno all’Unione europea una posizione di rigore sul punto cruciale, ovvero le relazioni con la Cina. Anche questo, però, accentua i motivi di attrito perché disegna un’ortodossia geopolitica che sconfina nell’arbitrarietà di stile e contenuti dal lato della Nazione-Impero.
Nel frattempo il negoziato tra il segretario al Commercio Usa e l’omologo commissario europeo non ha prodotto progressi, anzi, ha evidenziato la distanza tra le posizioni. La proposta europea di dazi zero per i beni industriali, inclusa l’auto, è stata respinta: un segnale che non lascia presagire un recupero di ragionevolezza e flessibilità da parte di Trump.
Consapevole della delicatezza del momento, la Meloni ha scelto di non nascondere le difficoltà della missione; anzi, ha tenuto a ribadire la determinazione dell’Italia a difendere i propri interessi, sottolineando con ciò la forza, la capacità e la creatività del Paese nell’affrontare le difficoltà. “Abbiamo superato ostacoli ben maggiori, ne supereremo anche di peggiori”. Parole fino a ieri sconosciute, a dimostrazione che stavolta non sarà la stessa cosa della visita lampo a Mar-a-Lago, quando bastò la sorpresa del ricevimento privato, anche se un po’ kitsch, a suffragare un’immediata rivendicazione di successo politico. Stavolta si fa sul serio.