L’attenzione è tutta sulla Meloni, sulla sua capacità di contenere l’esuberante Salvini ma ancor più quella di saper mantenere un giusto punto di equilibrio tra la patria europea ed i rapporti con l’amico Trump. Può giocare da pontiere o da mediatrice, correndo il rischio di uscirne come chi merita la copertina del Time o al contrario di non essere né carne né pesce e quindida meritare l’oblio.
Del resto il melone è un frutto che a tutt’oggi ha origine misteriose, un rampicante dal gustoso sapore, tanto da deliziare persino il palato del semidio Gilgamesh. È un rampicante, quindi abile a trovare punti di appoggio per sostenersi, pronto ad affondare le sue radici per non mollare la presa e nel contempo incantare con il suo gusto.
La Meloni comunque ci sorprenderà. In caso di successo che di fallimento, inevitabilmente cisbigottirà, qualunque sia l’esito che prenderà la faccenda.
Deve imparare in fretta l’arte di barcamenarsi senza andare fuori di melone cioè di muoversi in modo sciocco e balordo. Non sarà facile perché da lei, anche con una punta di perfidia ci si attende in politica estera una posizione netta, ben riconoscibile, da apprezzare od esecrare.
Potrebbe scegliere per una politica europea, purtroppo priva di una chiara identità e deformata da giochi di specchi che rimandano la possibilità di scovarne la sostanza, o potrebbe schierarsi con gli USA correndo il pericolo di fare la fine di una“usa e getta”.
È una donna allo specchio, apparentemente senza possibilità di fuga. Si è in attesa della nettezza di un suo pensiero che non destini l’Italia nell’immondizia e tra gli scarti della diplomazia. Più facile dirsi che a farsi. Si vorrebbe dal Governo una nettezza di linea e di espressione politica, un lindore difficile da immaginare di questi tempi.
Ci si augurerebbe, insomma, un atteggiamento nitido che faccia splendere il nostro paese sopra ogni altro, un passo avanti e non indietro, in prima linea e non imboscata nelle retrovie. Un modo di porsi che “Non fu mai guercio di malizia netto” o netto d’ogni sospetto, avendo “una dignitosa coscienza e netta”, così stando almeno al monito dei poeti. Al netto di tutto, la Meloni non deve uscirsene con il titolo di inetta, di chi è incapace a gestire un equilibrio che richiederebbe la perizia di un orso ballerino, funambolo da circo sospeso su una corda su cui impavidamente camminare.
Ci si aspetta da lei il colpo del drago, che possa tirare per vincere la partita, lasciando amici e nemici a bocca aperta. In agguato è il pericolo di un “net”, un tiro diretto verso l’avversario che varrà come nullo, sia pur di pregio, se per caso toccasse la rete.
È forse il tempo di sostentarsi e di assumere ogni possibile quantità di miele dalla storia per non sbagliare la mossa. Sembra che il nettare sia la miscela delle parole greche di morte e di ciò che da essa ti protegge, quindi che conduce alla immortalità, cibo costantemente sul tavolo imbandito degli Dei.
Siamo di fronte ad una sorta di partita di Tresette dove è pericoloso chiamarsi fuori ma lo è altrettanto chiamarsi dentro. Arriva forse il momento in cui devi chiamare il “fuoritutto” e mettere tutte le carte sul tavolo, un senso di liberazione accompagnato alla certezza di fare punto. Giocare la “solissima” è una ipotesi fortunata dove procedi contro il resto del mondo che ti è avversario. Ti può andare bene ma non è detto. Arriva, prima o poi, anche il momento in cui un eventuale doppiogioco viene scoperto e ne paghi le conseguenze.
Meloni ha in mano carte che scottano e non c’è chi vorrebbe essere nei suoi panni. Melampo era un eroe greco con il dono di comprendere il linguaggio degli animali e di sanare gli uomini dalla pazzia e dalla sterilità. Vedremo se Giorgia saprà ascoltare le voci disparate dei leaders del mondo, semmai ve ne fossero, e saprà guarirli da posizioni sterili di poco frutto e farli rinsavire.
Per adesso è sulla corda e non è detto che sotto ci sia una rete di protezione ad accoglierla in caso di caduta.