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sabato, 12 Luglio, 2025
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Meno personalismi, più partito: la Dc lo sapeva fare

Il valore politico e culturale delle correnti nella Democrazia Cristiana: un modello da riscoprire per chi vuole ridare credibilità al popolarismo italiano. La lezione di Guido Bodrato.

Guido Bodrato, uno degli ultimi “maestri” del cattolicesimo democratico, amava ripetere che “la storia della Dc è la storia delle sue correnti”. Apparentemente una considerazione scontata e banale, ma che, al contrario, conservava una straordinaria attualità e modernità.

Perché, con quella riflessione, Bodrato centrava il segreto politico e culturale della durata e della permanenza di quel partito. Al netto, come ovvio, del contesto politico e storico in cui la Dc ha potuto declinare la sua concreta iniziativa politica per quasi 50 anni.

Le correnti come espressione della società

Un modello di partito, cioè, che era in grado di rappresentare segmenti della società italiana attraverso, appunto, la presenza delle correnti organizzate. Che non erano sempre e solo gruppi di potere o la sommatoria anonima e grigia di pacchi di tessere. Certo, anche quello, purtroppo.

Ma nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di correnti che rappresentavano interessi, istanze, bisogni e domande che provenivano da pezzi ben precisi e definiti della società italiana.

E la capacità – e soprattutto l’intelligenza e l’intuizione – di quella classe dirigente era quella di trasformare quelle domande e quelle istanze in un progetto politico complessivo e valido per tutti. O almeno per una spiccata maggioranza dei cittadini italiani.

Lunità prima dei personalismi

E, oltre a questo, la sensibilità di non accentuare i personalismi a scapito dell’unità del partito. Certo, esistevano rivalità implacabili e fortissime contrapposizioni personali anche tra i vari leader e statisti della Democrazia Cristiana.

Ma è altrettanto indubbio che l’unità del partito prevaleva sempre e su tutto. Seppur all’interno di un contesto politico dove c’erano la maggioranza e la minoranza nel partito decise democraticamente nei vari appuntamenti congressuali.

Resta celebre la riflessione di Aldo Moro in alcuni passaggi cruciali della vita del partito e anche della formazione di alcuni governi, quando sosteneva che non ci poteva essere nessun pregiudizio politico o personale nei confronti di Carlo Donat-Cattin perché, attraverso l’azione e l’iniziativa della sua corrente – la sinistra sociale di Forze Nuove – “riusciva a garantire la natura popolare e sociale del partito”.

Un esempio per loggi

Ho voluto ricordare questi piccoli episodi di vita vissuta in un grande partito popolare, di massa, democratico ed interclassista come la Dc, perché c’è un dato strutturale che dovrebbe essere d’esempio anche nell’attuale stagione politica italiana.

Almeno per tutti coloro che ancora individuano nel patrimonio culturale di quel partito e nel modo concreto in cui era organizzato due elementi contemporanei e moderni.

E cioè, i leader e gli statisti della Dc sapevano essere e stare uniti. Non doveva mai prevalere un indomito e spregiudicato personalismo che poi, altrettanto puntualmente, rischiava solo di sfociare in una vacua e sterile contrapposizione.

Nessun leader nella Dc pensava di rappresentare in modo esclusivo od autoreferenziale tutta la Dc. Nessun leader pensava, in modo goffo e patetico, che il “sentiment” cattolico popolare o cattolico sociale o cattolico democratico coincidesse solo ed esclusivamente con la sua persona o il suo gruppo o corrente.

Lunità come atto rivoluzionario

Questa è la grande lezione e il grande monito che oggi i Popolari – e senza la “superbia della testimonianza”, come la chiamava Carlo Donat-Cattin – dovrebbero mettere in campo per essere credibili e realmente competitivi.

Senza questa unità di fondo, senza questo sussulto di responsabilità e, soprattutto, senza questa onestà intellettuale e questa umiltà, il mondo e l’area popolare sono destinati a segnare il passo. E forse definitivamente, se non addirittura irreversibilmente.

A volte, prendere lezioni dal passato è il vero atteggiamento rivoluzionario anche per il presente. E molti di noi hanno la fortuna di avere avuto un modello politico ed organizzativo nel passato che attualmente è semplicemente moderno ed attuale.