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mercoledì, 18 Giugno, 2025
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Napoleone postumo. L’Europa, la sconfitta, la memoria

Waterloo non fu solo la fine di un impero. Il 18 giugno ricorda la sconfitta di un’idea di Europa, moderna e rivoluzionaria, sepolta dal ritorno degli antichi poteri

Una data da ricordare, malgrado tutto

Di tutte le commemorazioni esistenti, poche sono riconducibili a una sconfitta. Nonostante ciò, vi sono disfatte che vale la pena di essere ricordate. Il 18 giugno (1815) è l’anniversario della Battaglia di Waterloo; rappresenta non soltanto la definitiva sconfitta di Napoleone Bonaparte ma, probabilmente, anche la sconfitta dei repubblicani europei.

Fu quella l’opportunità mancata di realizzare un’Europa unita, progetto inviso ai grandi imperi europei. Un atteggiamento aristocratico e nazionalistico che contribuì in seguito allo scoppio della Prima guerra mondiale.

L’accusa di guerra, il sogno dell’unità

Contro Napoleone vi era l’accusa di essere un guerrafondaio, e di voler realizzare un continente a guida francese. Sull’ultimo giudizio (considerato l’attuale assetto europeo, in cui i singoli Paesi fanno a gara per condurre i giochi), si rileva che ancora oggi non abbiamo una politica comunitaria e un centralismo necessario all’unità.

Sul primo punto, a cui Napoleone è stato condannato ormai da tempo, vi è da considerare che la Francia era già in guerra da prima che Bonaparte salisse al potere. Quand’egli divenne Primo console, la Francia era in guerra con Austria e Gran Bretagna, imperi che vedevano nella Francia un nemico ideologico oltre che commerciale.

Divenuto console, Bonaparte realizzò il primo Concordato (1801) con la Chiesa cattolica; costituì la struttura burocratico-organizzativa civile pressoché identica ancor oggi in Francia; istituì il Codice civile (napoleonico), il primo codice civile moderno; fondò la Banca di Francia; istituì per i reduci di guerra posti riservati nella pubblica amministrazione; realizzò opere civili in tutto il suo impero.

In particolare, sul Codice civile, era considerato talmente bello che il celebre scrittore Stendhal ogni mattina ne leggeva un paio di pagine per iniziare bene la giornata.

Il blocco continentale e l’inevitabilità dello scontro

Oggi discutiamo ancora di dazi e blocchi commerciali con troppa disinvoltura. Val la pena ricordare che, quando la Gran Bretagna bloccò le merci francesi, Napoleone, in risposta, fece altrettanto.

Il Portogallo continuò ad accogliere navi con merci (ed armi) inglesi, spingendo Bonaparte a occupare il Portogallo militarmente per ragioni di sicurezza. L’escalation fu inevitabile.

La mancanza di un’alternativa diplomatica al Blocco continentale del 1806 condurrà alle guerre che seguirono in epoca napoleonica, ed al tramonto di un’idea germinale di Europa unita.

Napoleone, prima della sconfitta a Waterloo, si premunì di realizzare in Italia, nelle regioni a lui soggette, importanti innovazioni, che vale la pena ricordare oltre alle spoliazioni: l’introduzione di un primo tricolore; la separazione dei poteri tra Stato e Chiesa; la costruzione di strade ed altre opere pubbliche, tra cui la fondazione, a Pisa, della Scuola Normale Superiore nel 1810, ancora oggi Università di eccellenza nel nostro Paese.

Il piccolo còrso e la lunga memoria

In Italia non c’è una strada dedicata alla celebre battaglia: tanto pudore fino ad oggi è forse dovuto al fatto che la nostra memoria collettiva, alimentata da sentimenti comuni, quei pochi che sono rimasti, considera Waterloo una sconfitta non soltanto francese.

Forse le repubbliche, allora come oggi, sognano grandi uomini ma poi si affidano a uomini piccoli, che disastri ne fanno, benché si notino solo nel lungo periodo.

Forse a noi, dopo tutto, basta stare tranquilli e le emozioni le preferiamo provenienti dalla finzione, sia tratta da un libro o da una serie tv.

Forse Napoleone, l’orco, il genio, il generale, il costruttore o, in una parola sola, l’imperatore dei rivoluzionari, nacque postumo. Nemmeno i suoi nemici ebbero il coraggio di condannarlo a morte, quando ormai non era più nulla, almeno politicamente.

Napoleone, l’imperatore non della Francia (legato a un territorio, sia questo nazione o Europa) ma dei francesi. L’idea che sono i popoli e non i trattati a fare la storia.

La reazione dei potenti fu subitanea. Meglio esiliarlo e lasciarlo spegnere, lentamente, come una candela.

Ma è stata la loro memoria a sparire, poiché quella del “piccolo corso” è ancor oggi viva nella mente e, perché no, nelle speranze di milioni di piccoli rivoluzionari a riposo, in attesa, un giorno, di risvegliarsi.