eri sul “Foglio” Enzo Carra ha rievocato con grande dignità e forza morale l’episodio della sua traduzione in Aula di tribunale – con gli schiavettoni, come si ricorderà –  in seguito al suo arresto a Milano il 4 marzo del 1993. Il pool di Mani Pulite esibiva in quella circostanza il volto più fosco di un’attività inquisitoria tesa a produrre, con grande risonanza mediatica, un vasto processo di moralizzazione del Paese. A varie interrogazioni parlamentari rispondeva il giorno dopo alla Camera dei Deputati il Ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Conso; il quale, fin dalle prime battute del suo intervento, esprimeva “grande amarezza” per la modalità dell’operazione condotta ai danni dell’imputato (dopo molto tempo riconosciuto innocente). Nel dibattito prendeva la parola anche il capogruppo della Dc, Gerardo Bianco, il cui discorso, qui riportato nel testo del resoconto parlamentare del 5 marzo 1993, merita ancora oggi di essere letto con attenzione. 

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, ella ha dato a tutti noi una lezione di profonda civiltà giuridica. Abbiamo sentito vibrare nelle sue parole quel concetto essenziale e profondo, che è appunto il rispetto della persona umana, come centro dell’organiz-zazione sociale e anche giuridica di un paese che voglia definirsi democratico. 

La ringraziamo per la prontezza con la quale ha ritenuto di dover rispondere alle nostre interrogazioni, per la puntigliosa e accurata ricostruzione, che è stata attraver-sata da considerazioni che rimarranno, signor ministro, nelle pagine degli atti di questo ramo del Parlamento. Non voglio sollevare polemiche, ma sento una profonda differenza tra il turbamento umano che ella ha posto nella ricostruzione della vicenda, in quel riferimento al momento, per dir così, della verità rappresentato dalla traduzione dell’imputato dalla cella di attesa fino all’aula, che ha ricostruito con toni così profondi, e l’indifferenza, che ra-senta quasi il cinismo, con la quale rispetto a questi episodi alcuni magistrati hanno risposto alle recriminazioni degli avvocati del dottor Enzo Carra, a quello che è stato detto e scritto nelle notizie di agenzia, se rispondono al vero. 

Vi è stata quasi una sottovalutazione del fatto, quasi fosse un episodio da confondere con altri. Si è risposto che se c’era un caso, ce ne erano altri cinquantadue, che si sollevava una terribile bagarre, che era assurdo fare una simile gazzarra per questo episodio. Quanta differenza fra la sua sensibilità, la sottolineatura che ci si trova di fronte ad un imputato, ad una persona umana nel momento più delicato, e l’idea invece di muoversi secondo logiche routinieres

Non ho molto da dire; la sua ricostruzione è attenta e precisa. Dobbiamo dare atto — lo voglio dire qui pubblicamente — dello scrupolo dell’Arma dei carabinieri, che non si è sottratta alle proprie responsabilità. Non vorrei però che qualcuno pagasse in ragione di una sorta di scaricabarile, per cui viene ritenuto responsabile chi lo è in quanto se ne sa assumere le responsabilità e viene invece sottratto alle stesse chi punta, attraverso forme di valutazione puramente formale delle cose, a tirarsi indietro. 

Io non sono un giurista, signor ministro, e quel che ho appreso l’ho appreso in queste aule; ma anche se la norma è confusa e ci sono elementi poco chiari, nel comma 5 di questo articolo 42 leggo che, in caso di traduzione individuale di detenuti o di internati, la valutazione della pericolosità del soggetto e del pericolo di fuga è compiuta, all’atto di disporre la traduzione, innanzitutto dall’autorità giudiziaria (Applausi del deputato Piro) e poi dalla direzione penitenziaria competente. 

Questo è quello che io, da modesto letterato, capisco: vi leggo una priorità delle competenze e quindi la necessità che l’autorità giudiziaria sia sempre attenta al singolo soggetto. Voglio anche chiederle, signor ministro, chi, in base al comma 4 dell’articolo 42, deve stabilire che nelle traduzioni siano adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni sorta di pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi. È competenza dell’Arma dei carabinieri o dell’autorità giudiziaria? Chi dispone dell’organizzazione del palazzo? 

Vi sono state troppe trascuratezze e disattenzioni da parte di chi, pur giustamente, intende perseguire un risanamento morale del nostro paese. E vi sono disattenzioni che entrano in contraddizione profonda con quello che riteniamo necessario ed urgente in questo paese, vale a dire il ripristino della legalità in tutti i sensi. Occorre ripristinare quello spirito di ricomposizione civile che ha ispirato il suo nobilissimo intervento, quel sentimento per il quale una società non è nemica a se stessa ed i suoi membri non sono l’un contro l’altro armato. 

Certo, vi è il lato severo della legge ma vi è anche la funzione, che potremmo definire di medicinale, di ricomposizione e di risanamento che la giustizia deve esercitare. Abbiamo sempre immaginato — con lei, signor Presidente e con lei, signor ministro, di cui abbiamo letto saggi ed articoli che hanno guidato anche le nostre scelte — una giustizia giusta, imparziale e rispettosa. Non posssiamo accettare il volto vendicativo della giustizia, ma solo consentire che queste iniziative vengano portate avanti con grande determinazione. Nelle sue prime dichiarazioni, signor ministro, lei ha posto il problema centrale della libertà dell’individuo, della terzietà e, sopratutto, ha posto il problema della carcerazione e della custodia cautelare. Noi le chiediamo di intervenire con urgenza su questi aspetti, perché anche un giorno di più trascorso in carcere, non legato ad effettive esigenze di giustizia, è un vulnus per la persona umana; ed una società che si rispetti guarda anche ai singoli cittadini. Questo è il nostro dovere: comporre un’organizzazione civile del paese nella quale il singolo cittadino, per certo aspetti, preceda la stessa società (Applausi dei deputati dei gruppi della DC del PSI e liberale).