È importante rievocare la figura di Sergio Paronetto, allievo prediletto e amico di tre dei Grandi Ricostruttori d’Italia, Alcide De Gasperi, Giovanni Battista Montini, Donato Menichella; e amico degli altri due Grandi Ricostruttori, Ezio Vanoni e Luigi Einaudi. Di questi cinque fu anche a sua volta maestro e ispiratore. E anche benefattore. Einaudi deve per esempio a lui (non solo a lui; ma certamente in buona misura a lui) la nomina a governatore della Banca d’Italia. Vanoni l’inizio della carriera politica; Menichella la nomina a direttore generale della Banca d’Italia; De Gasperi il semaforo verde e il voto determinante alla designazione a presidente del consiglio da parte di Togliatti nel 1945; Montini deve al giovane amico e allievo gli erudimenti in fatto di economia e soprattutto il concetto scientifico di ‘sviluppo internazionale’, appreso dal 1943 in poi (come si traduce il latino ‘sviluppo internazionale’? Si dice “populorum progressio”). Attraverso Montini, la Chiesa deve a Paronetto il Codice di Camaldoli, di cui si avvantaggeranno grandemente i costituenti, anche quelli non cattolici. Pure papa Pio XII è debitore di molti insegnamenti a Sergio Paronetto: ad esempio, il concetto di sopranazione, la socializzazione degli investimenti e dell’economia, la democratizzazione dell’economia. Papa Pacelli li trasporrà nei suoi radiomessaggi del 1941,1942,1943 e 1944, nonché nel discorso di investitura delle Acli dell’11 marzo 1945 e, dopo la morte del giovane dirigente valtellinese, nel messaggio della vigilia di Natale 1945 (dove viene evocato il concetto paronettiano di sopranazione).
De Gasperi, Montini, Pacelli, Menichella, Beneduce, Gronchi usano Paronetto come estensore-ombra dei loro documenti e allocuzioni. Anche dopo la morte dell’amico, quando De Gasperi deve preparare il discorso più impegnativo e più gravido di conseguenze della sua vita, quello alla Conferenza della pace di Parigi nell’agosto del 1946 (a poco più di un anno dalla scomparsa), si rifugia da solo in casa Paronetto, come a trovare di nuovo un filo conduttore nel pensiero dell’amico con cui tante volte aveva trovato una sintonia spirituale di straordinaria elevazione. Per De Gasperi, Paronetto redige il Testamento Politico 1942 (firmato “Degasperi”) e i tre documenti programmatici della Democrazia Cristiana “Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”, “La parola dei democratici cristiani”, “Traduzione e “ideologia” della Democrazia Cristiana” (“ideologia” viene messa tra virgolette per negarla recisamente dall’orizzonte dei cattolici democratici).
Paronetto inventa, in spirito rooseveltiano, quattro enti, solo il primo dei quali potrà vedere costituito in vita: la SIOI (1944), la Svimez (1946), l’ISCO (1956-1958), il CNEL (1956-1958).
Paronetto è l’estensore nel 1943-1944 della prima scaletta della futura Carta costituzionale. La caratteristica saliente del pensiero dei cattolici democratici fin dagli ultimi decenni dell’Ottocento e poi più intensamente dalla rinascita tommasiana sotto papa Leone XIII (salito al soglio nel 1878) è il primato del sociale.
La Carta dovrà vedere trattate nell’ordine la materia sociale, la materia economica, la materia politica; più precisamente, nelle relazioni tra cittadini: i rapporti sociali, i rapporti economici e i rapporti politici. Preceduti dai rapporti etico-civili. Questi sono appunto i famosi Titolo I, Titolo II, Titolo III e Titolo IV della nostra Costituzione. Che, ripetiamolo, hanno trovato accoglienza nella Carta per merito dei due amici di Paronetto Alcide De Gasperi e Meuccio Ruini, presidente della Commissione dei LXXV.
Sei sono gli articoli della Costituzione da Paronetto concepiti e “regalati” ai fraterni sodali Alcide De Gasperi e Meuccio Ruini: l’11, il 41 (è particolarmente paronettiano il concetto di ‘utilità sociale’), il 42, il 44 (che piuttosto potrebbe dirsi beneduciano), il 46, il 47, il 99 (quello che riguarda il CNEL). Ma è soprattutto di Paronetto la formulazione generale dei primi anni Quaranta che poi De Gasperi e Ruini avrebbero voluto per l’articolo 1: l’Italia “è una democrazia fondata sulla libertà e sulla persona”. Questa formulazione, modificata su mediazione di Amintore Fanfani nel modo che sappiamo, sarebbe stata molto più in armonia con i fondamentali articoli 2 e 3 e sarebbe stata molto più produttrice di difesa e sviluppo dei diritti dei cittadini in un contesto coerente.
Per Menichella e l’IRI di Alberto Beneduce, Sergio Paronetto è l’estensore della legge bancaria del 1936 (rimasta in vigore validamente fino al 1999, quando è stata approvata la legge Amato-Carli), del progetto di articolazione dell’IRI come ico di costituzione di Finmare, Finsider, “Fincant” (sarà Fincantieri e non si farà in tempo a costituirla). Allora vertici di Finmare e Finsider andranno due dirigenti di eccezionale valore, Agostino Rocca e Paride Formentini. Alla Tirrenia, messa sotto Finmare, la direzione aziendale (come liquidatore) sarà assunta da Carlo Draghi, amicissimo di Paronetto, il papà di Mario. Per Beneduce e Menichella e con l’aiuto di Saraceno, Paronetto, lo specialista della pianificazione nell’IRI, stende un piano economico generale per l’intero Mezzogiorno. Inoltre, un progetto di riorganizzazione della multiforme presenza del gruppo IRI nell’area di Napoli. Formula un programma per un Piano Economico Generale per l’Italia, in cui la parte essenziale sia l’analisi dei cicli economici e della congiuntura. Approfondisce la teoria scientifica dello sviluppo internazionale.
Compie sperimentazioni limitate ma di straordinario interesse nel campo della partecipazione operaia al capitale, agli utili e alla gestione dell’azienda (ad esempio, in Silurificio Italiano).
Durante l’occupazione tedesca di Roma, Paronetto svolge funzione di banchiere della Resistenza, aiutato da Menichella e da Mattioli. In particolare, fa da banchiere per la formazione dei militari italiani che non hanno aderito alla Repubblica Sociale guidata dal colonnello Giuseppe di Montezemolo, che, catturato, verrà passato per le armi alle Fosse Ardeatine.
Per Menichella, Paronetto scrive il fondamentale Report destinato al capitano americano Andrew Kamarck, che deve decidere se l’IRI vada o meno messo in liquidazione in quanto ente voluto da Mussolini. Il documento convincerà Kamarck a salvare l’IRI. Altro documento di capitale importanza affidato a Paronetto è la relazione sulla condizione in cui versa l’intera economia italiana destinato al presidente Franklin Delano Roosevelt e dato in mano a Myron Taylor, l’inviato plenipotenziario di Washington presso il papa.
Di grande rilevanza il rapporto che si crea con Raffaele Mattioli, il capo della Banca Commerciale: più volte Paronetto salverà Mattioli dalle ire di Menichella. Paronetto presenterà Mattioli a Togliatti e salverà il capo comunista a sua volta dalle ire di Mosca, che minacciosamente incolpa il leader comunista italiano di non essere riuscito a recuperare i ‘Diari dal Carcere’ di Antonio Gramsci e a debitamente censurarli. Attraverso Paronetto (e Franco Rodano), l’iniziativa avrà successo. Mattioli è il gestore della maggiore banca di cui si serve il Vaticano: in particolare sono solidi i rapporti tra Mattioli e Montini. La Comit fa parte dell’IRI. Paronetto non si stanca di ripetere a tutti che all’IRI si pensa con insistenza a salvaguardare la capacità produttiva per il dopo. Per le stesse banche c’è in atto il piano di non far trovare nulla nei forzieri ai tedeschi occupanti e ai repubblichini. L’IRI sarà la garanzia che dal primo giorno di cessare ostilità la produzione potrà riprendere con il massimo vigore possibile. Questa ottica viene trasmessa al ministro dell’Industria Giovanni Gronchi (un assoluto tifoso di Paronetto), che lo ha voluto a ogni costo a capo della sua segreteria tecnica e che si avvale con continuità delle sue prospettazioni sul sistema industriale italiano. Paronetto ha introdotto in Italia la scienza del management di James Burnham. È uno dei primi studiosi in Italia di John Maynard Keynes, di Wilhelm Roepke, di Hans-Georg Gadamer (la passione per questi ultimi due è condivisa con De Gasperi).
Da tutto quanto passato in rassegna, si può rilevare che una parte cospicua del programma di ricostruzione italiana sia passato per le capaci mani di Sergio Paronetto, che lo ha messo a punto insieme principalmente ad Alcide De Gasperi. Questo sia sul piano dello ius che sul piano della politeia. Sul suo letto di morte Paronetto tiene le bozze liberate del Codice di Camaldoli e la bozza (non liberata) del nuovo statuto dell’IRI, in coerenza con la nuova Italia: le grandi passioni della sua vita. Il debito che hanno gli italiani con il giovane economista cattolico scomparso nel 1945 a 34 anni è tra i più cospicui, non inferiore a quello maturato nei confronti dei cinque Grandi Ricostruttori d’Italia, Alcide De Gasperi, Donato Menichella, Ezio Vanoni, Luigi Einaudi, Giovanni Battista Montini.