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giovedì, 27 Novembre, 2025
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Non sostituire la realtà con il digitale: l’appello di Papa Leone XIV ai religiosi

Nell’assemblea dei Superiori Generali il Pontefice pone il tema decisivo della vita comunitaria nell’era tecnologica: la relazione umana, non la connessione, fonda la vocazione.

La vita consacrata alla prova della “connessione”

Ieri, nell’Aula Nuova del Sinodo, Papa Leone XIV ha incontrato i partecipanti alla 104ª Assemblea dell’Unione Superiori Generali, riuniti a Sacrofano sul tema: “Fede connessa: vivere la preghiera nell’era digitale”. 

Il Papa ha scelto un registro limpido: la tecnologia non va demonizzata, ma non può sostituire la prossimità reale. «Sarebbe miope ignorare le straordinarie opportunità che il digitale fornisce alla comunione e alla missione», ha riconosciuto, ricordando la recente possibilità di rivolgersi a migliaia di giovani negli Stati Uniti grazie allo streaming.

Il Pontefice, tuttavia, ha indicato il punto di frizione: la dipendenza tecnologica altera i legami. Quando l’interazione virtuale diventa l’unico ambiente affettivo, professionale o spirituale, il dialogo si impoverisce, la pazienza svanisce e si smarrisce l’arte di “ascoltare idee e sentimenti”.

La comunità non è un algoritmo

Non basta collegarsi, occorre condividere il tempo. Leone XIV ha parlato con parole nette: il digitale “influenza fortemente, e non sempre per il meglio, il nostro modo di costruire e mantenere relazioni”. Il rischio, ha aggiunto, è che i religiosi affidino la vita comunitaria a procedure efficienti, ma aride: riunioni a distanza, discernimenti ridotti a messaggistica, decisioni prese senza la fatica della presenza.

Di qui il richiamo alla tradizione della vita consacrata: Capitoli, Consigli, visite canoniche, momenti formativi. Luoghi dove ci si guarda negli occhi, si accolgono fragilità, si compongono conflitti. Strumenti antichi, ma in grado di proteggere la dimensione umana della vocazione.

Preghiera, comunione, missione

Al centro, ha ribadito il Papa, resta la relazione con Dio: «È da questa relazione che nasce l’accoglienza, la capacità di ascolto e la fiducia nella sua provvidenza». Solo una vita spirituale concreta, non recitata, genera fraternità reale. È il rovescio dell’illusione digitale: la comunione non cresce in assenza del corpo, né nella sostituzione dei legami con avatar e profili.

Il monito di ieri non è difensivo. È un invito a integrare nova et vetera: abbracciare l’innovazione, ma senza smarrire l’esperienza unitiva della comunità. Perché la modernità digitale non diventi una grammatica di solitudini connesse, bensì una soglia che restituisce all’uomo la sua misura: il volto dell’altro.