Caro Direttore,
dopo molto tempo, mi permetto di scriverle per riflettere insieme su un termine di matrice umanistica, in effetti poco noto ma di straordinaria attualità: “moderanzia”. Se la parola richiama alla mente la più comune “moderazione, ormai negletta nel linguaggio dei cattolici progressisti, è bene chiarire subito che il suo significato è ben più ricco e complesso. Leon Battista Alberti la utilizzava non solo per indicare equilibrio o contenimento, ma per esprimere un’arte del vivere guidata dalla misura attiva, creativa e razionale, capace di ordinare la vita e il mondo in modo armonioso.
A differenza della moderazione, che si limita a evitare gli eccessi, la moderanzia albertiana è un principio dinamico e creativo, una sapienza pratica che plasma la realtà con intelligenza e sensibilità. È un’abilità di spirito che si manifesta o si dovrebbe manifestare non solo in ambito personale, ma anche nella dimensione della vita collettiva, dall’arte all’architettura, dall’economia all’etica pubblica. Potremmo definirla come una virtù di tipo umanistico-rinascimentale che unisce etica, estetica e pragmatismo per creare un mondo più bello e giusto.
Ebbene, viene naturale chiedersi: chi pratica oggi questa moderanzia? E come chiamare coloro che operano cercando armonia e misura in ogni aspetto della loro esistenza, a che in quello politico? Dopo lunga riflessione, la risposta che mi è sembrata più appropriata è: “armocreativi”.
Gli armocreativi non si limitano a evitare gli eccessi o a mantenere un equilibrio statico. Al contrario, sono artefici attivi e creativi, capaci di trasformare il mondo secondo criteri di ordine, proporzione e bellezza, coniugando ragione, emozione e tecnica. Sono coloro che cercano l’armonia senza rinunciare al dinamismo dell’innovazione, che costruiscono ponti tra passato e futuro, tradizione e progresso.
Impossibile non pensare al potenziale critico e liberatorio di questa visione. Se avessimo ancora un Herbert Marcuse tra noi, credo che saprebbe interpretare gli armocreativi come una forza di resistenza e trasformazione collettiva, un’alternativa alla razionalità tecnocratica e oppressiva della società contemporanea. Per Marcuse, infatti, la creatività non è solo espressione individuale, ma un principio di liberazione dalle strutture alienanti del potere economico e politico.
Immagino già il titolo di un’opera che potrebbe nascere da questa suggestione: “L’armocreativo: estetica e liberazione”, un dialogo ideale tra Leon Battista Alberti e l’utopia critica del Novecento. Un libro che ci aiuterebbe a riscoprire la potenza rivoluzionaria della bellezza e a immaginare un mondo in cui l’equilibrio creativo non è solo un principio estetico, ma un progetto politico e culturale.
In un’epoca di polarizzazioni estreme e urla scomposte, la riscoperta della moderanzia e l’emergere degli armocreativi potrebbero offrire una via d’uscita dall’impasse culturale ed etica in cui sembriamo intrappolati. Una nuova misura, dinamica e creativa, per ritrovare la bellezza dell’umano e l’armonia della convivenza civile.
Grazie per l’attenzione e lo spazio che vorrà dedicare a questi pensieri a ruota libera.
Con stima, a presto.