La difficile strada della ricomposizione dell’area politica cattolico democratica e cristiano sociale, devastata dalla lunga stagione suicida della diaspora (1993-2020), è resa ancor più complicata dalle prossime scelte elettorali regionali e locali.
Succede a ogni scadenza di voto. Fu così nel 2018 (elezioni politiche) e nel 2019 (elezioni europee): dopo tanti seminari, incontri, documenti sottoscritti, giunti alla formazione delle liste hanno sempre finito col prevalere gli interessi e le ambizioni di pochi, alcuni dei quali prenotati da sempre alla salvaguardia del personale “particulare”, rispetto al progetto più generale dell’unità politica dell’area cattolica e popolare.
Dimentichi degli insegnamenti degasperiani, morotei e fanfaniani, abbiamo dato priorità alle formule di alleanza rispetto alla ricerca dell’unità sul programma, scontata la condivisione sui valori di riferimento essenziali.
E tale prevalente scelta di schieramento sui contenuti si sta replicando, non solo nella diversa valutazione sostenuta da alcuni esponenti della Federazione popolare DC e tra quelli raccolti attorno al “manifesto Zamagni”, ma, nel caso della Federazione Popolare, anche all’interno di essa.
Tali divaricazioni discendono in larga parte dai condizionamenti esercitati dalle diverse leggi elettorali regionali, le quali, quasi tutte prescrivono pesanti impegni di raccolta delle firme a liste non collegate con partiti o gruppi consiliari uscenti, accanto a quelli più generali di orientamento aperto alla sinistra o alla destra. Questi ultimi, sono derivazioni antiche, collegate anche a quella che fu la divisione scaturita nella DC del dopo Moro, all’interno della sinistra sociale e politica tra preambolisti e anti preambolisti. Una divisione dura a morire, anche in una fase storico politica come l’attuale, dove il permanere di essa appare del tutto anacronistica e insensata.
Fermo restando l’esigenza di rendere più espliciti oggi i concetti di destra e di sinistra, tema altre volte da me affrontato, per il quale suggerirei di assumere come attuale nella sua permanente validità la concezione espressa da Norberto Bobbio (“ i partiti di sinistra si distinguono di solito dai partiti di destra e dai partiti conservatori proprio perché vogliono trasformare la società. I conservatori sono quelli che vogliono conservare quello che c’è: i partiti di sinistra vogliono trasformare. Per trasformare bisogna farlo in base a principi, in base a degli ideali che giustifichino la trasformazione: bisogna giustificare la trasformazione. La differenza fra il conservatore e il riformatore è che il conservatore non ha bisogno di giustificare la conservazione, invece colui che vuole riformare la società deve giustificare, deve giustificare perché la vuole; e non può giustificarlo se non ricorrendo a dei grandi principi: e questo è Giustizia e Libertà”) credo che, per quanto più direttamente ci riguarda, sarebbe molto utile rifarci, come altre volte suggerito, a ciò che la Federazione popolare dei DC ha scritto nel patto federativo, e a quanto è contenuto nel “manifesto Zamagni”, cui si rifanno i movimenti di “Rete bianca”, “ Politica Insieme “ e “ Costruire Insieme”.
Una lettura non ideologica, ossia socialmente condizionata, dei due documenti, mostra l’esistenza maggioritaria di elementi condivisi e unificanti rispetto a quelli contrastanti e divisivi . Ho tentato, sin qui senza riscontri efficaci, di proporre come elemento unificante progettuale quello della costruzione di un soggetto politico nuovo di centro, ampio, plurale, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo alla deriva nazionalista e populista a dominanza salviniana e meloniana, e alla sinistra senza più identità. E’ evidente che per condividere tale obiettivo è indispensabile redigere una proposta di programma politico ed economico sociale per il Paese, sostenuto dai principi fondanti della dottrina sociale cristiana: personalismo, solidarismo e sussidiarietà.
Ecco perché per approfondire questi due temi, da diverso tempo sollecito un incontro tra i dirigenti della Federazione popolare DC e degli amici raccolti attorno al “Manifesto Zamagni”; un incontro da tenersi entro il mese di Agosto-Settembre, che serva a superare gli ultimi ostacoli ancora esistenti, frutto, nella maggior parte dei casi, del prevalere di quei comportamenti di alcuni, “soliti noti,” più interessati al proprio “particulare” che al progetto più generale di ricomposizione del centro politico nuovo, di cui l’Italia ha assoluta necessità.