25.2 C
Roma
domenica, 25 Maggio, 2025
Home GiornaleOltre le sigle, i cattolici nel cantiere della nuova Italia

Oltre le sigle, i cattolici nel cantiere della nuova Italia

Sono venute meno le condizioni internazionali che produssero la seconda repubblica. La sua fine dischiude straordinarie opportunità. Tuttavia, bisogna riuscire ad anteporre una visione d’insieme alle dispute sulle sigle.

Se si guarda alla condizione socioeconomica del Paese, allo stato reale del grado di partecipazione alla vita democratica, all’incertezza della situazione internazionale, si comprende come il contributo del pensiero sociale cristiano sia quanto mai utile e attuale, come pure nuove forme di impegno dei cattolici in politica. Talvolta però si rischia di perdersi in sentieri tortuosi e dalla destinazione incerta se non cieca, quando invece vi sono autostrade che chiedono solo di essere percorse.

Siamo nel pieno di un cambio d’epoca che in Italia è più avvertibile che altrove perché siamo il Paese all’incrocio dei mondi, che la geopolitica rende termometro e laboratorio del cambiamento su scala globale.

Gli assetti della prima repubblica riflettevano e traevano forza da un vantaggioso compromesso nazionale fra le forze in campo nel perimetro tracciato dagli accordi di Yalta. E infatti, con il venir meno della divisione bipolare dell’Europa, saltò il modello economico misto, pubblico privato, motore della rinascita italiana. Nella seconda repubblica si è sperimentato un certo qual ritorno a antiche sfere di influenza, da cui la presenza americana aveva preservato l’Italia.

Ma adesso i nuovi assetti che si stanno affermando fra Ovest e Est, Nord e Sud del mondo e all’interno dell’Occidente fra Stati Uniti ed ex potenze coloniali europee, stanno creando un nuovo equilibrio internazionale che necessariamente aprirà una nuova fase politica in Italia.

Si tratta, allora, di guidare il Paese oltre la seconda repubblica. Il bilancio degli ultimi trent’anni è pesante. Come ci dice l’Istat, abbiamo maggiori disuguaglianze, i ceti intermedi arrancano. Il sistema della rappresentanza è stato dissestato in profondità. Occorre superare diffuse solitudini e mancanza di fiducia nel futuro. L’integrazione europea va risvegliata e allineata ai tempi del cambiamento globale.

Prendere atto della fine, per implosione, della seconda repubblica costituisce la premessa di un lavoro di ricostruzione sociale e politico. Una rinascita che, sin dal governo Draghi, già è riscontrabile in alcune direttrici di politica economica, impensabili fino a qualche anno fa, nel settore del credito, dell’energia, delle telecomunicazioni, della difesa. A questa “nuova” declinazione del capitalismo che piacerebbe molto a Fanfani e che da quasi 80 anni è scolpita nella nostra Costituzione, non può mancare il contributo del cattolicesimo politico e sociale. E in effetti non sta mancando, una nuova Camaldoli nei fatti già è in corso, ma bisogna che il consistente apporto dato da esperti e intellettuali sia accompagnato da un contributo corale, da un coinvolgimento popolare nelle linee guida per la ricostruzione dell’Italia secondo il progetto delineato nella Costituzione e per il recupero dello spirito originario del progetto europeo, sorto per rendere impossibili nuove guerre civili europee e non per alimentarle indefinitamente. In questa prospettiva va recuperata la lezione di leaders come Moro, Fanfani, Andreotti, Mattei  precursori e fautori ante litteram di un mondo multipolare che ora vediamo edificarsi davanti ai nostri occhi.

Alla troppa enfasi su numeri, sigle, contenitori, e sotto-contenitori, che spesso accompagna il dibattito su un rinnovato impegno dei cattolici in politica, credo che occorra saper anteporre il primato di una visione adeguata ai tempi che attinge alla migliore tradizione del popolarismo per affrontare le nuove sfide del multilateralismo, del ritorno ad un’economia rispettosa della dignità umana e dell’ambiente, come già indicato da Leone XIV, di un umanesimo che abbracci e orienti l’uso delle nuove tecnologie.