Anche se da molte parti si continua a predicare che destra, sinistra e centro sono categorie ideologiche del passato e quindi da archiviare definitivamente, non passa giorno che molti commentatori ed opinionisti di svariata natura sostengano la necessità, se non l’urgenza, di riavere nella dialettica politica concreta, una cultura di governo e una classe dirigente che sappia interpretarla senza ricorrere alla divisione, alla radicalizzazione dello scontro e alla delegittimazione radicale dell’avversario. Insomma, fuor di metafora, anche in un’epoca come quello contemporanea forse è necessario che faccia irruzione quello che Mino Martinazzoli definiva come “centro dinamico”. Per non citare l’ormai celebre slogan degasperiano del “centro che guarda a sinistra”.
Ora, è a tutti noto che durante l’intera seconda repubblica il cosiddetto “centro” è stato il bersaglio preferito da demolire in ogni modo ed in ogni forma. E questo perché il dogma del maggioritario prevedeva il dio bipolarismo che non tollerava posizioni intermedie. Ovvero, “o di qua o di là” per dirla con i politologi alle vongole che hanno comunque dominato e condizionato l’evoluzione della politica italiana. Salvo poi prendere atto che il bipolarismo, cancellando e ridicolizzando ogni posizione intermedia, finiva inesorabilmente per radicalizzare il confronto politico, distruggere l’avversario rinunciando, al contempo, ad ogni forma di progetto politico a lunga scadenza perché l’unico elemento che contava era quello di avere un voto in più dello schieramento avverso. Con tanti saluti ad una vera e propria cultura di governo dove la costruzione del progetto era sacrificato sull’altare del pallottoliere.
Ecco perché oggi, in un clima politico diverso da quello del passato ma altrettanto dominato da una profonda divisione che rasenta l’incomunicabilità, la presenza di una cultura politica che sappia coniugare cultura di governo, centralità della mediazione, composizione degli interessi, senso delle istituzioni, riconoscimento del pluralismo e della complessità e apertura al dialogo e al confronto, diventa quasi un imperativo morale più che non una esigenza politica. Insomma, una sorta di “centro dinamico”, appunto, che sia in grado di rilanciare la politica senza cadere nel consociativismo da un lato o nella delegittimazione politica dall’altro di chiunque non condivida la propria opinione. Una funzione che, in epoca diversa, hanno assolto ed adempiuto forze e movimenti politici che affondavano le loro radici nella storia, nel filone e nella cultura del cattolicesimo politico italiano. Ed è proprio questo l’elemento decisivo che oggi porta molti opinionisti a sostenere che la presenza politica di un partito/movimento politico di centro e riconducibile alla tradizione del cattolicesimo democratico e sociale, possa essere di grande aiuto non solo per il futuro di quella corrente ideale ma soprattutto per la salute della stessa democrazia italiana. Per garantire da un lato una vera democrazia dell’alternanza e, nello specifico, per evitare che lo scontro politico permanente crei le condizioni per un indebolimento dello stesso tessuto democratico del nostro paese.
Quindi, quando si parla di riattualizzare, riscoprire e rilanciare nella concreta dialettica politica italiana la cultura popolare e cattolico democratica di ispirazione cristiana, non lo si fa solo per rispondere ad un astratto dato di protagonismo ideale o per un testardo attaccamento al passato. No, oggi serve anche e soprattutto una forza politica che sappia ridare spazio e voce a quella cultura e a quella prassi che per svariati decenni ha consentito alla democrazia italiana di crescere e di consolidarsi senza strappi e senza scorciatoie autoritarie. E non sono solo i sondaggi che possono indurre a rinunciare a questo progetto politico perché, al di là delle intenzioni di voto momentanee, è indubbio che senza una presenza politica che recuperi il senso delle istituzioni e la incanali in un solco di autentica cultura di governo, la geografia politica italiana rischia di essere esposta a tentazioni di ogni genere. E, sotto questo profilo, sarebbe perfettamente inutile, nonché ormai improponibile, pensare di riportare le lancette della storia indietro nel tempo. Ovvero, di ridare fiducia a partiti come il Pd e Forza Italia che avendo, di fatto, fallito sul terreno della
progettualità politica, non possono più ambire a giocare un ruolo di reale e credibile alternativa all’attuale maggioranza di governo o, in subordine, alla futura coalizione di centro destra.
La fase politica che si è aperta richiede, come ovvio, nuovi soggetti politici e nuovi progetti politici. E un “centro dinamico”, adesso, e’ indispensabile per ridare qualità alla democrazia e un futuro credibile alla stessa stabilità di governo. Ed è per questo motivo che e’ necessaria e sempre più indispensabile una presenza politica popolare, cattolico democratica e di ispirazione cristiana nel nostro paese.