Pace e guerra. L’intervento di De Gasperi nel 1951 al Congresso nazionale della gioventù democristiana

A conclusione del Congresso nazionale della gioventù democristiana, svoltosi a Roma il 28 gennaio 1951 presso il Teatro dell’Opera, De Gasperi ripercorre la storia dell’antico Impero romano per contestare il mito dell’esaltazione della guerra, fatto proprio dal fascismo e contrapporvi i princìpi evangelici di pace e di fraternità. Dichiara inoltre superato, grazie all’istituzione dei nuovi organismi sopranazionali, il concetto di guerra «giusta» contro gli Imperi capitalistici, postulato dal comunismo. Di seguito riportiamo la parte  conclusiva del discorso.

Nella prima guerra mondiale i cattolici che pure in seguito al funesto dissidio fra Stato e Chiesa erano stati in gran parte tenuti lontani dalle pubbliche funzioni, talvolta perfino perseguitati, e sempre sottovalutati, fecero il loro dovere sulle Alpi, sul Carso, ovunque; e nella seconda guerra, pur diminuiti e mutilati nella loro libertà, si batterono in tutte le battaglie. Oggi che la patria è libera e democratica, che Chiesa e Stato indipendenti ciascuno nella sfera sua propria, hanno concordato costituzionalmente la loro azione nei settori comuni, la coscienza cristiana e democratica avrà delle esitazioni e delle debolezze? 

Non è vero, lo so; col vostro entusiasmo unitario, me lo dite. E so che voi giovani non volete dar rilievo ai vostri sentimenti religiosi, che per confermare con il sigillo di una convinzione profonda la vostra volontà di sacrificio; e voi sorelle, spose, madri future, andate incontro all’avvenire della vostra anima generosa, pronta a confortare e sostenere la maschia virtù dei vostri cari. Orsù, giovani, fatevi centro della solidarietà nazionale, siate di spirito largo e comprensivo verso chi, pur di diverso pensiero, milita sotto la bandiera della patria; siate energici, risoluti contro i seminatori di odio e di allarme. 

Guerra o pace? In verità io credo fermissimamente: pace. Io, il governo, la direzione del partito, tutti coloro che vi rappresentano e agiscono in vostro nome vogliono la pace, faranno il massimo sforzo per ottenere, per garantire e per consolidare la pace. Però, ripeto un pensiero a cui accennai altra volta: la pace bisogna meritarla perché non è semplicemente opera di uomo, ma bisogna invocarla e meritarla dalla Provvidenza di Dio. Ripeto, è la mia profonda convinzione e la mia sicura speranza. 

La Provvidenza ci darà la pace se saremo uniti, se faremo fronte contro i profittatori e i disintegratori, se difenderemo il popolo italiano dai seduttori, asserviti al bolscevismo straniero, se avremo fede in questo popolo, andando incontro ai suoi bisogni con ogni possibile provvedimento e con la massima generosità di spirito; anche se dovremo superare le nuove difficoltà della congiuntura internazionale per condurre a termine quelle riforme decennali che abbiamo iniziato con passo davvero giovanile. Soprattutto dovremo cercare di marciare avanti verso l’avvenire senza iattanza, ma con fermezza e senza paura. Ed eccomi alla questione che ho posto iniziando questo discorso. 

Forza del destino? No, forza consapevole della volontà, in collaborazione con i disegni di Dio. Ricordate il cieco [di] Bethsaida, nel racconto di S. Marco . Gli condussero un cieco perché lo guarisse. Ma Gesù non fece subito il miracolo, bensì prese il cieco per mano e camminando così, mano nella mano, lo condusse fuori della borgata. Qui avvenne la graduale guarigione. Al primo tocco il cieco vide in confuso gli uomini, come fossero alberi che si muovessero; al secondo tocco di Gesù egli vide chiaro. Era salvo! Ma egli – notate – ne era certo già prima ed aveva sperato efficacemente fin da quando si era incamminato; ecco perché sperare efficacemente vuol dire, giovani amici, marciare verso la luce e mettere la propria mano in quella di Dio.