Non si tratta di notizie né di novità. Ciò che mi ha sorpreso è come certi quotidiani italiani le abbiano collocate in prima pagina, mentre alcuni telegiornali RAI le hanno quasi costrette in apertura, subito dopo le notizie su Kiev e Gerusalemme. Si sapeva da tempo che le divergenze apparenti tra i leader erano in realtà superficiali e riguardavano solo le loro alleanze, affondando le radici nel narcisismo e nella “leaderpatia” delle personalità politiche italiane.
Riferendomi agli scontri recenti, a dir poco violenti, tra Conte, Renzi, Calenda e Grillo, vediamo leader che si autoproclamano capi di partito… tutti di centro. Non di destra o di sinistra, ma solo di un centro moderato, come alcuni di loro hanno candidamente rivelato, evidenziando la loro “moderazione” nei toni degli scontri verbali di questi giorni. Questi sono partiti personali, operanti a distanza, sui social media, senza una sezione territoriale, senza congressi, né scuole di formazione. Sono partiti di vertice senza una reale base sociale, nati dall’alto, che hanno svuotato il significato autentico di pluralismo. Pronti a dissolversi come neve al sole, sono fotocopie di valori altrui, in un contesto in cui i confini tra destra e sinistra si stanno ridefinendo.
Lascio a quei gruppi marginali, nostalgici di ideali superati, la loro tragica retorica. Focalizzo invece l’attenzione su quanto accade in Austria e Germania. Tuttavia, mi consola sapere che, finché ci sarà un Parlamento e libere elezioni, in Italia non corriamo questi pericoli.
Nel 1835, il visconte francese Alexis de Tocqueville, inviato in America per studiare il sistema penitenziario, si dedicò a osservare la democrazia di quel Paese, scrivendo un trattato che resta attuale. Tocqueville affermava che i partiti politici potevano essere di due sole specie: grandi e piccoli. I grandi partiti si formano attorno a valori condivisi, focalizzandosi sul “noi” piuttosto che sull'”io”. I piccoli partiti, invece, sono influenzati più dalle personalità che dalle idee, attenti ai bisogni materiali dei loro membri.
Ma la riflessione più interessante di Tocqueville riguarda l’enorme associazionismo di base che osservò negli Stati Uniti. Gruppi, circoli, cooperative e volontariato operano per facilitare la vita comune e rompere l’isolamento individualistico, favorendo forti interazioni con la democrazia rappresentativa.
Di fronte a questo modello bipartitico americano, i 33 partiti presenti in Italia, simili solo nei volti dei leader, delegittimano il vero significato di pluralismo, necessario per contrastare il pensiero unico. Questo pluralismo di base definisce la cittadinanza attiva e il protagonismo civico, fondamentali per la solidarietà sociale.
Vale la pena notare che la partecipazione attiva e la sussidiarietà, concetti al centro della riflessione della Chiesa cattolica, sono stati radicati nella nostra Costituzione. La recente Settimana sociale a Trieste ha ribadito l’importanza di queste categorie etiche, senza mai accennare a una rifondazione di un partito cattolico.
Entrambi, Chiesa e società civile, attendono sviluppi e reti di supporto per promuovere valori di cittadinanza attiva e partecipazione, che Tocqueville scoprì in America oltre 200 anni fa.