La riduzione del numero dei parlamentari, voluto e sostenuto con forza dal Movimento Cinque Stelle con il beneplacito del Pd, si configura come lo specchietto per le allodole. In realtà si è instaurato una sorta di autocrazia. Guido Bodrato ha sostenuto che “una democrazia senza popolo è destinata a tramontare.” In effetti, una democrazia senza popolo non esiste, così come non esistono i partiti che non hanno il proprio popolo. Riappropriarsi del ruolo decisionale, ossia del ruolo di popolo, è la sfida che sta davanti a quanti pensano ancora politicamente.
Pensare politicamente è certamente un’arte forse la più difficile, ma che pone al centro della vita civile i problemi reali legati al funzionamento della democrazia. In questi giorni di campagna elettorale, una riflessione meritano soprattutto alcuni provvedimenti adottati nel corso di questa legislatura che volge al termine.
Il più importante è costituito sicuramente dalla riduzione del numero dei parlamentari voluto e sostenuto con forza dal Movimento Cinque Stelle con il beneplacito di un Pd che in quel particolare momento mirava a rientrare all’interno della compagine di Governo. È stato, questo provvedimento, propagandato a dovere tra il popolo con la motivazione principale che questa riduzione dei deputati da seicentotrenta a quattrocento e dei senatori da trecentoquindici a duecento costituisse innanzitutto un risparmio in termini di denaro ed in secondo luogo anche una sorta di miglior funzionamento dell’istituto parlamentare.
Inutile dire che si è trattato di uno specchietto per le allodole. Vedremo nel corso della prossima legislatura quanto si risparmierà in termini economici con tale riduzione e se il Parlamento sarà in grado di funzionare meglio. Ed allora, proprio per tornare al concetto iniziale di pensare politicamente, e non in modo populista, occorre rilevare alcune questioni di fondamentale importanza per il funzionamento della democrazia.
Chi ha la fortuna di saper pensare politicamente non può non riconoscere che la riduzione del numero dei parlamentari insieme alla legge elettorale (senza preferenze e con liste bloccate) hanno instaurato una sorta di autocrazia. I parlamentari non sono altro che dei nominati dai rispettivi segretari di Partito; il popolo ne ratifica solo la nomina nel momento del voto. Va da sé che, conseguentemente, i parlamentari non rispondono più al popolo, ma ai propri segretari di Partito, con una personalizzazione della politica che in questi giorni di campagna elettorale è sotto gli occhi di tutti.
Possiamo dire che oggi la nostra democrazia è una democrazia senza popolo o, meglio, una oligarchia dove tutte le decisioni passano per la volontà del capo Partito di turno. Qualche settimana fa, Guido Bodrato ha sostenuto che “una democrazia senza popolo è destinata a tramontare.” In effetti, una democrazia senza popolo non esiste, così come non esistono i partiti che non hanno il proprio popolo. Tutto questo sta accadendo oggi e le conseguenze le stiamo già pagando in termini di riduzione degli spazi di libertà ed in termini di potere decisionale sulle scelte politiche importanti che riguardano il futuro di questo Paese e delle nuove generazioni.
Riappropriarsi del ruolo decisionale, ossia del ruolo di popolo, è la sfida che sta davanti a quanti pensano ancora politicamente e che oggi sono chiamati a tornare in trincea per salvare questa democrazia dalle lobby e dagli attacchi populisti ed oligarchici.