Perché bisogna tifare Merkel

La pandemia pone tutti di fronte a scelte di fondo, per il futuro.

La gestione dell’epidemia ha rafforzato Angela Merkel alla guida della Germania. Mai era stata così debole come dopo le dimissioni dalla guida della CDU della sua prescelta Annegret Kramp-Karrenbauer, Cancelliera di un governo di Grosse Koalition nel quale lo junior partner socialdemocratico aveva appena individuato una nuova leadership avente il grave compito di salvare il partito da un declino incombente. Sono bastate queste drammatiche settimane affrontate col piglio del politico che ha pure un bagaglio scientifico (è restata famosa e ipercliccata la sua spiegazione sulle probabilità statistiche di diffusione del virus) e risultati lusinghieri – per quanto drammatici – sul fronte sanitario per confermare la sua leadership nel Paese. Probabilmente terrà fede alla sua decisione di ritirarsi dalla vita politica alla fine della legislatura, ma per il momento la Cancelliera rimane lei. Senza se e senza ma, come usa dire adesso.

Perché questa introduzione? Perché la proposta di un Recovery Fund di 500 miliardi in prestiti agevolati e contributi a fondo perduto in favore dei Paesi europei più colpiti dall’epidemia basati sul bilancio settennale dell’Unione se alla fine verrà approvata lo dovrà proprio al cambio di posizione tedesco attivato da Frau Merkel nonostante la contrarietà di tanti suoi concittadini e membri del suo partito.

Non è qui lo spazio e il tempo per ricordare la centralità della Germania nella lenta e complicata costruzione europea. E non è certo solo Berlino a definire il successo o l’insuccesso dell’Europa. Una cosa però è sicura: indipendentemente dalla simpatia o dalla antipatia che ciascuno di noi, europei, può nutrire nei confronti della Germania, senza di essa l’UE non potrà realizzarsi e, al tempo stesso, con la Germania l’Unione può divenire uno dei tre/quattro giganti del mondo.

La pandemia pone tutti di fronte a scelte di fondo, per il futuro. E’ un turning point, purtroppo tragico, come una guerra, per la storia dell’umanità. Questo lo sanno anche i tedeschi più avvertiti. Ora è tempo che lo capiscano anche gli altri, inclusi i lettori della Bild Zeitung. Ed è qui che entra in gioco, di forza, la Merkel. Perché nei momenti di crisi e difficoltà alle leadership politiche è richiesto di tracciare la via, dimostrando così di essere tali.

Sarebbe stato più facile seguire la linea conservatrice della Corte Costituzionale di Karlsruhe, ostile alla UE e alla stessa BCE. Espressione di un animus forte in Germania, non solo nella sua parte meno sviluppata (quella orientale, e le cause ben le conosciamo). Val la pena di approfondire, sia pur qui in poche righe, la scelta della Corte, perché di enorme valenza politica. Come è noto, essa ha chiesto alla Banca Centrale Europea alcuni chiarimenti relativi alla “proporzionalità” nella gestione del Quantitative easing nel tempo pre-pandemia. Ma soprattutto – e questo è il vero punto grave – essa ha contestato la Corte di Giustizia Europea, ovvero il perno sul quale ruota il primato del diritto europeo rispetto a quello di ogni singolo Stato membro. Le sentenze della Corte sono valide in tutto il territorio dell’Unione in ragione del suo essere l’esclusiva interprete delle norme comunitarie. Si è trattato dunque di un attacco molto violento, studiato da tempo e portato a segno con lucida determinazione. Il segnale che una parte rilevante della classe dirigente tedesca tollera sempre meno l’Unione (e alcuni suoi membri in particolare).

Vista sotto questa luce interpretativa la presa di posizione della Cancelliera è ancora più importante. Scegliendo di aiutare l’alleanza fra gli altri tre grandi d’Europa (Spagna, Francia e Italia) Merkel ha messo in difficoltà i Paesi del Nord e ha dato concretezza a quanto per la verità ha sempre affermato (da ultimo, al Bundestag lo scorso 23 aprile: “per noi in Germania riconoscersi nell’Europa unita fa parte della ragione di stato”). Certo, inevitabilmente l’accordo lo ha sancito con la Francia, ribadendo quell’alleanza carolingia che è alla base della costruzione comunitaria. Ma il dato da considerare preminentemente è che lo ha stipulato e ora lo dovrà difendere.

Intendiamoci bene: la Merkel non è una sprovveduta. Tutt’altro. Sa bene che l’Unione e la moneta unica si sono rivelati una fonte di ricchezza per la Germania. Promuovendo la UE difende al contempo gli interessi nazionali tedeschi. E’ ben consapevole di quanto un’Europa intergovernativa come l’attuale è molto più conveniente per questi ultimi di una Europa tendenzialmente federale. Vive nel suo tempo e sa quanto alcuni pregiudizi nei confronti degli europei “meridionali” allignino fra i suoi connazionali (e magari qualcuno lo nutre pure lei) e quindi è perfettamente in grado di valutare quanto alcune scelte possano rivelarsi rischiose in termini di consenso elettorale. Al tempo stesso, però, ha compreso che la “taglia” del suo Paese, per quanto importante, non è sufficiente in un mondo che ormai deve fare i conti col gigante asiatico (che non è solo la Cina, è l’insieme delle economie orientali). E quindi che, se vuole lasciare un segno indelebile del suo lungo passaggio al Cancellierato di Berlino, deve favorire quel progetto europeo che il suo mentore, Helmut Kohl, aveva indicato già quella sera di trent’anni fa, quando i mattoni del Muro venivano abbattuti da un popolo finalmente libero.