Una diagnosi lucida dell’opposizione
Ho letto con molta attenzione l’intervista di Elisa Calessi a Lucio D’Ubaldo apparsa su “Libero” del 12 novembre scorso.
In estrema sintesi, il direttore di questa testata ha sicuramente colto i limiti di ciascuna proposta dell’opposizione attualmente sul tappeto: la confusa deriva “radicale” della Schlein, l’astratto e contraddittorio ulivismo di Ruffini, la “protesi dem” di Renzi e l’insufficiente (anche se lodevole) posizione liberale di Calenda.
I loro difetti – come D’Ubaldo giustamente mette in evidenza – fanno sorgere la necessità di riesumare una forza di matrice democratico cristiana, quella stessa forza che, sotto la irrepetibile fattispecie della Dc, per mezzo secolo ha governato il Paese con perizia e lungimiranza.
Meloni e il voto cattolico
Non è un caso che Giorgia Meloni abbia raggiunto un pressoché stabile livello di consensi maggioritario, poiché dà a vedere che l’azione di governo è ispirata a molti di quei principi. Una ulteriore espansione elettorale le è probabilmente preclusa per il “peccato d’origine missino” che la perseguita e sul quale l’opposizione (che fa il suo mestiere) non perde occasione, a proposito ed a sproposito, di rivangare.
Ecco pertanto la necessità di intercettare il voto dei seguaci del cattolicesimo popolare, che si nascondono probabilmente in quell’ampia porzione di astensionismo elettorale.
Tre quesiti aperti
A questo punto però occorrerebbe introdurre un caveat circa la reale dimensione di questa forza politica basato su tre quesiti:
- Quanto influisce sull’astensionismo il grave degrado etico e morale in cui è gradualmente caduta la nostra società?
- Quanto pesa la minore capacità di attrazione della Chiesa tra i fedeli che contano?
- A quanto, infine, ammonta il tasso di crescente indifferenza verso la politica e addirittura di diffidenza nei confronti di chi la pratica?
Mi sembra trattarsi di tre domande fondamentali che sorgono dalla semplice lettura giornaliera della stampa, dalla visione dei sempre più numerosi dibattiti televisivi (troppo spesso faziosi) nonché da semplici conversazioni anche con occasionali interlocutori di ogni età e ceto sociale.
Il dovere di non arrendersi
Ciò detto, l’impegno dei cattolici non può e non deve mai mancare perché, come diceva Don Luigi Sturzo: “…lo scopo è quello di creare un programma sociale, economico e politico di libertà, di giustizia e di progresso nazionale, ispirato ai principi cristiani”.
La semplice ipotesi di rilancio o ricostruzione di un soggetto a vocazione popolare mi sembra già più che sufficiente per concepire ed attuare una piattaforma politica in grado – come afferma D’Ubaldo – “di dare rappresentanza a chi non ce l’ha”.

