Perché un partito di ispirazione cristiana

I tentativi di risposta alla crisi attuale sono di tanti tipi e li vediamo emergere anche tra le nuove forze politiche o alcune di quelle più vecchie che si ricollocano diversamente nello scenario parlamentare.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la riflessione del nostro amico Giancarlo Infante, nata dopo le conclusioni che Lucio D’Ubaldo ha effettuato al temine dell’incontro organizzato dalla Rete Bianca, “fede e politica” che ha visto la relazione del professor Andrea Monda.

Caro Lucio,

le tue conclusioni al temine dell’incontro organizzato dalla Rete Bianca, che ha visto al centro il pregevole intervento del professor Andrea Monda su Fede e politica, meritano un approfondimento perché la questione da te posta, cioè se sia possibile dare vita ad un nuovo soggetto politico d’ispirazione cristiana, è sempre più cruciale.
A maggior ragione mentre emerge l’esigenza di offrire la voce della realtà cattolico democratica, espulsa letteralmente dal Parlamento, ma vorrei dire dal dibattito politico più generale, all’indomani delle elezioni del 4 marzo.
Il professor Monda ha giustamente posto al centro delle sue riflessioni la questione della libertà. Cosa che ci porta al cuore del quesito da te sollevato.
Essa resta la pietra angolare, soprattutto oggi, di una società apparentemente più libera, ma nella sostanza non pienamente tale.

Non è stata ancora completata, infatti, un’elaborazione adeguata dell’affermazione di Aldo Moro: “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere“.
Il nostro Paese è ancora fermo là. Non è stata definita la “ qualità” della libertà che sostanzia la nostra esistenza.
Eppure, è stata superata la lunga stagione della democrazia “ bloccata”. Si è raggiunto uno stato di “ democrazia compiuta” dopo il superamento di quelle contrapposizioni ideologiche che tanto hanno condizionato il Paese dal 1948 al 1994.

Non siamo, certamente, di fronte a quel tipo di evoluzione del processo democratico ricercato da Moro nello specifico contesto italiano degli anni ‘70.
Questa compiutezza, in effetti, non ha coinciso, e non coincide ancora, con la soluzione di taluni problemi storici specificamente italiani quali la questione meridionale, la formazione e la capacità dei gruppi dirigenti, la struttura statale e burocratica e, con essa, la definizione di una moderna cittadinanza, la giustizia e l’equità sociale.
E’ chiaro che in questo preciso momento non si tratta di difendere la libertà concepita nella sua accezione letterale di stampo ottocentesco o del ‘900. Il problema non è quello generico della libertà, ma nel come si sostanzi nel privato e nel pubblico.
La questione della libertà, infatti, come già ricordava Moro quarant’anni orsono, si è così dilatata da diventare sempre più questione “delle libertà”.

Oggi, le dimensioni dell’essere umano e delle sue organizzazioni sociali, culturali ed economiche, abbracciano così tanti piani, da quello etico, a quello scientifico, a quello giuridico, a quello del digitale, a quello dell’intelligenza artificiale, oltre che a quelli produttivo ed economico, da necessitare direttamente l’uso della forma plurale di una parola verso cui progressivamente si avvicina l’umanità intera, non più solo gruppi di elite.
Un gigantesco processo di trasformazione avviene all’interno di una società destrutturata in cui si va sempre più affievolendo il senso della comunità, con la tendenza ad un individualismo in grado di soppiantare ogni forma di consapevole responsabilità sociale, con una famiglia concepita come mera entità economica e non come primo luogo di conoscenza dell’amore, privato e collettivo, formazione e sostegno di solide relazioni interpersonali e della naturale maturazione della responsabilità pubblica e del senso civico. Della scuola e del nostro processo formativo non parlo.
E’ in questo contesto che, oggi, l’interrogativo sulla necessità e la possibilità di dar vita ad un partito ispirato cristianamente deve essere posto.

E’ su questo scenario che si colloca pure il problema della “ Vera contrapposizione tra i cattolici” di cui ha parlato Alessandro Risso nel suo commento a Giancarlo Chiapello, pubblicato su Il Domani d’Italia di ieri.
Noi stiamo per ricordare la genialità di don Luigi Sturzo che segnò la più grande novità politica dei primi decenni del ‘900 con la nascita del Partito popolare. Una genialità sospinta e sostenuta da oggettive necessità, proprie della realtà cattolica italiana.
Era ancora aperta la “ Questione romana”. Era avvertita come nemica e insufficiente la risposta liberale ai problemi posti da quell’Unità nazionale che stava assumendo sempre più un carattere non egualitario, di vertice, immotivatamente altero e, persino, di stampo colonialista.

Intanto, tumultuosa sopraggiungeva l’alternativa socialista, non in grado di raccogliere e racchiudere le istanze del mondo rurale cattolico e di quelle larghe aree di una borghesia permeata dalle idee manzoniane.
Esistevano, insomma, delle motivazioni endogene proprie e specifiche del mondo cattolico nel suo complesso, in cui si collocavano quelle più specifiche dei cattolici democratici.
Esse spiegano anche l’immediato e inatteso successo di un partito in grado, finalmente, di conciliare il popolo cristiano italiano con il mondo moderno, nonostante fosse costretto a confrontarsi con quelle ostili espressioni politiche che, pure, quel mondo moderno esprimeva, sia sul versante liberale, sia su quello socialista.

In quest’oggettiva inconciliabilità tra le tre principali visioni ideali ed ideologiche della giovane e riunificata nazione italiana s’inserì il fascismo violento ed eversivo, favorito da una casa reale inadeguata e inaffidabile, dal latifondismo parassitario e da un capitalismo sostanzialmente arretrato e avulso da alcuna responsabilità sociale.
Oggi, il problema della riproposizione di un soggetto politico ispirato cristianamente non è quello di intervenire in conformità a necessità interne alle dinamiche di noi cattolici democratici, del più generale mondo cattolico e della Chiesa.
Non vi è alcuna questione di carattere giuridico istituzionale aperta. La Chiesa ha risolto le sue vicende temporali. Esiste una Costituzione che ha dimostrato la capacità di costituire un baluardo condiviso da parte della maggioranza del popolo italiano, nonostante non manchino atteggiamenti antidemocratici e d’intolleranza che, però, riguardano frange ristrette di neo fascisti e razzisti.

I cattolici democratici, in linea generale, non hanno alcun problema a collocarsi diversamente nel quadro politico parlamentare, come accade in Francia, ma non in Germania e in altre parti d’Europa. Possono persino essere presenti e sostenere altri partiti ed organizzazioni, come di fatto è già oggi.
A mio avviso, però, sono le condizioni più generali del Paese a richiedere una presenza organica. Non si tratta di una esigenza di parte; della nostra parte.
Nel dire ciò, dobbiamo aggiungere che la “ diaspora” da noi vissuta negli ultimi 25 anni ha contribuito all’aggravarsi della crisi, non ha aiutato a risolverla.
Esiste ancora oggi, in modo forse persino più forte di ieri, la necessità di portare a compimento quei processi storici che stavano alla base delle aspirazioni del Paese al momento della nascita della Repubblica democratica ed antifascista, cui si aggiungono tematiche nuove, interagenti con le preesistenti.

Il futuro dell’Europa si colora di fosche tinte e non solo per le prospettive istituzionali dell’Unione. Per quanto ci riguarda, rischiamo di veder aggravata la spaccatura tra Nord e Sud. I risultati elettorali del 4 marzo scorso ne sono solo il riverbero in termini di seggi parlamentari.
Non sappiamo se un processo di critica all’assetto europeo, portato alle estreme conseguenze, non possa finire per mettere in discussione persino la nostra unità nazionale.
Alla crepa geografica si aggiungono le tante mancanze di equità che restano tra le generazioni, tra le categorie e i gruppi sociali e concorrenti ad aggiungere alle vecchie nuove forme di povertà. Investiti ne sono i ceti medi con i giovani e gli anziani, quasi a confermare che abbiamo creato una società immemore e ingrata verso il passato e, allo stesso tempo, indifferente rispetto al proprio futuro.
La Persona e la famiglia non potevano certamente restare indenni dal sommovimento generale provocato dalla trasformazione in atto nelle società capitalistiche. Così, abbiamo assistito e assistiamo a contemporanei processi di mutazione delle relazioni sociali, delle abitudini e del nostro stile di vita, funzionali anche a favorire e sostenere nuovi modelli di consumo e di sviluppo.

La crisi economica e sociale, dunque, si aggiunge e si salda con quella che riguarda la parte spirituale dell’essere umano, le sue relazionalità, persino l’identità sessuale, poiché sono indicati canoni di vita in grado di trasformare i rapporti tra donna e uomo e giungere a prefigurare un essere umano potenzialmente diverso e differente rispetto a quello che conosciamo.
A tutto ciò, non solo da parte di quanti sono ispirati cristianamente, si cerca una risposta, per quanto questa ricerca appaia confusa e insufficiente.
Noi crediamo, ma, lo ripeto, non solo noi d’ispirazione cristiana, che si debba giungere alla riproposizione di una gerarchia di valori che parta dall’essere umano.
Il suo rispetto e valorizzazione devono essere ricollocati al centro di tutti i processi economici, sociali, politici e istituzionali, riconsegnandoci un’armonia di equilibri, capace di assicurare che la libertà diventi veramente tale all’interno di un processo personale e collettivo di crescita e di sviluppo.

I tentativi di risposta alla crisi attuale sono di tanti tipi e li vediamo emergere anche tra le nuove forze politiche o alcune di quelle più vecchie che si ricollocano diversamente nello scenario parlamentare.
Si tratta di soluzioni parziali, confuse e contraddittorie, in una parola inadeguate. Al momento, sembrano prospettare uno sbocco di destra o di natura populista perché manca ogni altra alternativa credibile.
La rinnovata presenza di un partito, di un movimento d’ispirazione cristiana mi appare, allora, come l’unica risposta valida a un Paese più che mai alla ricerca di coesione ed equità sociale con il contemporaneo rispondere ai problemi dell’essere umano e delle sue aggregazioni naturali e spontanee, a partire dalla famiglia.
In questo senso è più che mai valido l’invito al superamento della divisione dei “ cattolici della morale” da quelli “del sociale”.

Se faccio uno sforzo per andare oltre quella inevitabile spontanea etichettatura che tende a legare i primi alla destra ed i secondi alla sinistra, e guardo a me stesso, non vedo quella che Alessandro Risso, nel suo interessante e stimolante intervento, definisce “ forzatura”.
Tanti come me non si sentono certamente di destra. Ma non per questo, se fosse possibile, non cancellerebbero la legge Cirinnà. L’ho già scritto e lo ripeto: era nel codice civile che andavano individuate le risposte più adeguate a quei nuovi diritti particolari destinati, però, a trovare un soddisfacimento condiviso se inseriti in quelli più generali perché, questi ultimi, sono direttamente legati al sentire di un intero popolo ed al diritto naturale, il quale non è una nostra invenzione e che, pure, resta forte e tenace.
Essere per il matrimonio tra uomo e donna, impedire il concepimento attraverso l’utero in affitto, schierarsi contro l’adozione da parte di coppie formate da individui dello stesso sesso, mettere al centro i minori che hanno diritto ad avere una mamma vera ed un papà vero, favorire una scelta diversa all’aborto, contrastare pratiche biologiche il cui sfondo è una manipolazione dell’essere umano, non vuol dire essere schierati politicamente.
Questa lettura di tutte le cose attraverso gli occhiali della politica, anche di ciò che immediatamente politico non è, perché va invece all’essenza della natura umana, ma che comunque deve vedere l’intervento della politica, questa sì, potrebbe rischiare di diventare la vera “ forzatura”.
La nostra società per salvarsi ha bisogno di ritrovare quello che, a mio avviso, solo il combinato disposto Costituzione e Dottrina sociale della Chiesa può proporre per affrontare, assieme, i problemi economici e sociali e quelli antropologici che ci stanno investendo.
L’uomo non è ad una sola dimensione.

La sua ricchezza e poliedricità sono colte e sostenute in maniera mirabile dalla nostra Costituzione e dalla Dottrina sociale. Due insieme di grandiosi visioni, prima che norme e sollecitazioni, che a ben guardare indicano già il superamento di tutto ciò che sembrerebbe dividere e differenziare i cosiddetti “ cattolici della morale” dai “ cattolici del sociale”.
La nostra Carta fondante trova una propria ragion d’essere ed una forza originale perché rovescia un’antica gerarchia dei valori, cosa cui ho già fatto riferimento, e tutto fa partire dalla Persona.
La Dottrina sociale è caratterizzata da un affacciarsi sempre più meticoloso sui problemi dell’uomo moderno costringendoci, semmai, ad una difficile riflessione su come sia possibile, nel concreto, occuparcene nel rispetto della sua integralità e compiutezza.
Il Paese ha la necessità di ritrovarsi attorno ad un progetto di rinascita che deve ruotare attorno al recupero della solidarietà, della giustizia sociale, della valorizzazione delle nostre donne e dei nostri uomini, colti nelle difficoltà quotidiane che, però, non sono solo di ordine materiale.

Purtroppo, non vedo altri filoni di pensiero, forze politiche, organizzazioni in grado di lavorare per quel grande sforzo di rinascita oggi necessario all’Italia. Se ci fossero, non avremmo bisogno alcuno di ritenere che il mondo cattolico debba essere chiamato a scendere in campo nel tentativo di offrire una nuova prospettiva.
Ripeto, non si tratta di una sua esigenza intima di presenza e non significa una scelta integralista o di contrarietà preconcetta verso tutto ciò che ci propone la modernità. Quel tipo particolare di esigenza di esprimere una presenza, che i cristiani non possono non avvertire, ha comunque altri campi in cui dispiegare tutta intera la forza e la sostanza dell’afflato di fede e religioso. Ma parliamo d’altro che va oltre e trascende la sfera della politica.
La realtà cattolica ha, invece, il dovere civico di rendere manifeste nel momento storico in cui vive le proprie energie, le proprie capacità propositive per mettersi al servizio del Paese e il problema non è quello di ridurre tutto alla denominazione o ad un simbolo.
Deve, però, essere riconosciuta la necessità di superare le frammentazioni, gli indugi verso una certa autoreferenzialità.
Anche la paura di un confronto aperto, motivata dal convincimento che viviamo in un mondo oramai “ ostile” in cui la desacralizzazione ha finito per permeare completamente l’intera società.

Non è così. Una lettura erronea rischia di farci perdere quel grido di aiuto, la ricerca di una speranza che si leva un po’ dappertutto e che, forse, noi non siamo capaci di intercettare e di comprendere. Ogni giorno abbiamo l’incontro con gente che, come tanti di noi, si interroga, cerca di andare oltre le cose materiali che, però, sembrano soverchiarci.
In ogni caso, non devono essere confusi il piano politico con quello che attiene e richiama questioni teologiche ed ecclesiastiche.
La realtà è che ci troviamo di fronte ad un essere umano in crisi perché non trova un qualcosa di più confacente ai propri limiti e alla difficoltà di indovinare un percorso credibile, razionale e sostenibile, alla sua portata concreta.
Dobbiamo quindi andare oltre le divisioni perché messi tutti intorno al tavolo, se solo avessimo la forza ed il coraggio di entrare in quella stanza in cui fosse disponibile un tavolo comune, potremmo avere la sorpresa di scoprire che le nostre opinioni finiscono per convergere su gran parte delle soluzioni da offrire al Paese. Scopriremmo che tanto potremmo portare a favore del “ bene comune”, pur continuando ad avere sensibilità diverse, usare accenti differenti e senza impegnare le nostre organizzazioni di riferimento ad annullare le loro singole vocazioni e specificità. Vogliamo essere proprio noi a non seguire l’insegnamento di Giovanni XXIII a fare, almeno, un tratto di strada con l’altro viandante che va nella stessa direzione?

In questi giorni molti amici guardano alle prossime elezioni europee come l’occasione di una nostra riproposizione capace, persino, di favorire un modo di cominciare a stare Insieme. Può essere così.
Esistono, però, forti richiami ancora verso proposte politiche in grado di fornire solo una risposta parziale. Eppure, c’è chi tra di noi le ritiene più consistenti di quella perseguibile con una presenza organica ed autonoma. La sola in grado, a mio avviso, depurata da ogni spinta integralista e settaria, di richiamare attenzione e credibilità, a destra, come a sinistra.
Esiste ancora la tendenza a schierarsi secondo i vecchi paradigmi spazzati via dal voto del 4 marzo. Esiste il rischio concreto che la semplificazione dei messaggi elettoralistici porti alla creazione di due fronti contrapposti, in grado solamente di riproporre quell’astratto bipolarismo rivelatosi tanto nefasto per il nostro Paese.
E’ chiaro, allora, che la riflessione verso i prossimi appuntamenti elettorali non possa prescindere da un progetto di più lungo respiro e preminente, magari inserendosi in esso nelle forme più adeguate, sulla base di un pensare che deve vedere la partecipazione della gran parte dei cattolici democratici più avvertiti.

Si tratta di continuare a tessere una presenza giocata sulla base delle necessità della gente dell’oggi e con la capacità, dunque, di elaborare quelle proposte politiche più stringenti sul confronto attorno alle cose che richiamano, assieme, le più generali dinamiche sociali ed economiche e quelle più quotidiane ed immediate di tutti noi, uomini e donne in carne ed ossa.
Questo mi pare costituisca il nostro limite attuale perché sembra mancare la capacità di trasferire in un progetto politico istituzionale quella consolidata elaborazione organica già in atto tra tanti nostri studiosi, economisti, sociologi, politologi, che si muovono nella coniugazione della Dottrina sociale con la Costituzione. A tutto ciò non viene ancora offerto uno sbocco concreto. Dovremmo riuscire a trovarlo.