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Politica e famiglia: dalla Murgia con amore.

Anche le parole buone per secoli vanno strette comprimendo le nuove fantasie del tempo. Michela Murgia accetta la sfida e si richiama ad una queer family. C’è qualcosa che non convince appieno

 

Giovanni Federico

 

Accade spesso quando si parla di forme di governo. Quando gli uomini perdono in qualità e le cose si mettono male danno la colpa all’impianto delle leggi e decidono di cambiare con formule nuove quello che per decenni ha sempre ben funzionato. Troppo complicato sarebbe invece di crescere in capacità politica. Si accorgeranno che cambiata la veste, il corpo, sempre lo stesso, presto tornerà a presentare i suoi acciacchi e si tornerà da capo al punto di partenza. Anche la famiglia ha per sua natura, come ogni aggregato umano, una sua forma di governo che sembra chiamare a nuove esperienze sentendosi soffocare nel suo modello di foggia classica.

 

Eppure qualcuno dovrà reggere il “gubernum”, il timone per seguire una rotta che non mandi a sfracellarsi sugli scogli o portare la barca in secca. Anche le parole buone per secoli vanno strette comprimendo le nuove fantasie più adatte ai tempi moderni. Così è tutto un fiorire di definizioni che a districarsi occorre scienza e applicazione. Dalla famiglia tradizionale si è passati alla famiglia allargata, con vecchi e nuovi nuclei e relativi componenti che si incontrano pacificamente per ritrovarsi ad esempio in ogni circostanza da festeggiare. Ciò ha del bene perché lì dove l’amore cede il passo può vivere l’amicizia in contesti aggiornati. Quando si gioca c’è sempre chi vuole lanciare il sasso più lontano, incuranti del fatto che quando si allarga il campo l’immagine corre il rischio di sfocarsi.

 

Michela Murgia accetta la sfida e si richiama in una intervista ad una queer family. Il termine è impegnativo e costringe ad una ricerca sul vocabolario. Chi è della Provincia si rassegnerà all’incomprensione. Un tocco di esotico anglosassone è oltretutto d’obbligo per dare maggior forza al concetto e giustificarlo senza obiezioni di sorta. Sembra di comprendere che nella famiglia proposto dalla Murgia si privilegino i sentimenti piuttosto che i ruoli. “Usare categorie del linguaggio alternative permette inclusione, supera la performance dei titoli legali, limita dinamiche di possesso, moltiplica le energie amorose e le fa fluire”. Insomma, i ruoli sarebbero un gran bavaglio ai cuori che battono.

 

C’è qualcosa che non convince appieno. Ogni volta che i partiti sono in crisi aggiungono, al sostantivo del loro nome, infiniti aggettivi per sfuggire all’arduo passaggio di definire la propria identità. Similmente nella famiglia queer si mischiano le carte perché nessuno abbia un posto esatto da occupare. Sul vocabolario si legge che “queer” è un termine generico utilizzato per indicare coloro che non sono eterosessuali e non sono cisgender. Agli studiosi il trafelato distinguo tra queste ultime due categorie. Letteralmente queer significa “eccentrico”, un termine con cui usualmente si indica una persona del mondo LGBT che non vuole dare un nome alla propria identità di genere e/o al proprio orientamento sessuale. Per inciso, a sua volta LGBT suona come una sigla più conforme al nome da dare a cromosomi, provette di laboratorio e quant’altro ancora in materia. Per certo ha poco di romantico.

 

La famiglia queer supera, così parrebbe, anche l’idea più facilmente praticabile di una ”Comune” in cui tutti si prodigano per gli altri in pacifica convivenza, arricchita però da sentimenti di affetto e di amore. Orientarsi per uscire dal rompicapo che emerge dalle nuove proposte non è semplice. Occorre studiare ed applicarsi, l’opposto che confidare nelle rozze semplificazioni che per secoli si sono adottate. Eppure per i malpensanti, a destreggiarsi nel nuovo panorama, c’è aria di scorciatoie per evitare il cammino impervio e forse necessario per andare a dama, anzi a famiglia. C’è aria di stratagemmi e di relativo guazzabuglio, dove il ruolo sessuale è deprivato di indirizzi precisi.

 

Tutto va bene purché non ci sia puzzo di tradizione. Che venga meno la trasmissione di forme passate è il tema conduttore della questione. Del resto anche la forma partito è da anni in crisi nella sua concezione originaria. Espediente richiama, dall’antico, uno scioglimento, uno sbrigarsi in modo che possa in qualche modo tornare utile alle nuove realtà. Servirà essere eccentrici, andare fuori dal centro per mirare nel cuore degli amori attuali. Con attenzione a non sbagliarsi e cadere banalmente dove il bersaglio ha il suo cerchio più piccolo. Sarebbe imperdonabile.

Sarebbe imperdonabile.

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