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I cattolici democratici di fronte al calo demografico e al problema delle nuove famiglie

Mentre il Papa incoraggia la Meloni sulla lotta alla denatalità, i Sindaci minacciano la disobbedienza civile sul riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali. Su questi grandi temi bisogna prendere posizione.

Stefania Parisi

 

Venerdì scorso è stato un giorno importante e significativo quando si parla di cattolici impegnati in politica. E, soprattutto, dei valori che concretamente incarnano i cattolici nel concreto dibattito politico italiano. A Roma, forse per la prima volta nella lunga storia del cattolicesimo politico italiano, abbiamo assistito ad un Papa che ha partecipato ad un dibattito pubblico – politico e sociale – alla presenza di un Premier. Una Premier, Giorgia Meloni, che è intervenuta durante il dibattito politico e che, è inutile negarlo, ha registrato anche un indubbio, nonchè visibile, endorsement da parte dello stesso Pontefice.

 

Il tema al centro del dibattito era la crisi demografica, e quindi la caduta della natalità, il ruolo della famiglia e le conseguenti politiche necessarie ed indispensabili per cercare di invertire la rotta. Un fatto che, senza usare parole fuori luogo e forse troppe enfatiche, è destinato a passare alla storia nel rapporto pubblico tra cattolicesimo e politica. Nello stesso giorno, a Torino, su iniziativa di alcuni sindaci italiani, si è organizzata una iniziativa per il riconoscimento e la registrazione pubblica dei bambini delle cosiddette ‘famiglie arcobaleno’, con una serie di proposte oggi non previste dalle leggi italiane, come ad esempio il ‘matrimonio egualitario’. È seguito l’appello alla ‘disobbedienza civile’ rivolta ai Sindaci presenti e avanzata dal ‘guru’ del progressismo costituzionale: Gustavo Zagrebelsky. Per non parlare dei ripetuti ed insistenti attacchi politici, culturali e personali rivolti a tutti coloro che sostengono altri valori e altri principi. Valori e principi che, invece, sono risuonati insistentemente al convegno romano all’Auditorium della Conciliazione.

 

Ora, al di là del merito emerso in modo persino troppo chiaro dalle due kermesse, è indubbio che ci troviamo di fronte più che a due piattaforme progettuali, ancora componibili, a due opposte ‘visioni della società’. E, al di là di ogni polemica e ben lontani dall’innescare una contrapposizione vera e pretestuosa tra guelfi e ghibellini, è indubbio che di fronte a questi temi i cattolici impegnati in politica non sono e non devono restare indifferenti o, peggio ancora, spettatori. Perchè, forse, le condizioni generali sono cambiate radicalmente rispetto al passato. Anche solo rispetto ad un passato recente. E quindi si tratta di temi e argomenti a cui i cattolici popolari, sociali e democratici dovranno, prima o poi, dare una risposta convincente: politica, culturale e programmatica. Ecco perché non serve più vivacchiare nei rispettivi partiti di riferimento.

 

D’ora in avanti i cattolici popolari dovranno assumere al riguardo una iniziativa politica coerente con il proprio passato e in sintonia con i propri valori di riferimento. Aggrapparsi ad alcune rendite di posizione – vale soprattutto per il Pd della Schlein – allo scopo di conservare spazi di potere personale o di corrente o di clan, diventa perfettamente inutile se si vuole in qualche modo lavorare alla riaffermazione di una precisa identità politica e culturale. A questo punto, essenzialmente, serve armarsi di coerenza e di coraggio.

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