Da tempo avevo negli occhi l’immagine di una antica mappa  cinquecentesca del vecchio Stato Pontificio, dove, all’interno del Patrimonio di S. Pietro figurava una vistosa e bizzarra enclave denominata “Stato del Duca di Parma”, alle porte di Roma, comprendente una splendida porzione della Tuscia Viterbese, quella accanto al Lago di Vico, con i Comuni di Ronciglione, Caprarola, Nepi, Carbognano, Fabrica, Canepina, Vallerano, Vignanello, Corchiano, Castel S. Elia. Solo una vecchia immagine, forse dirà qualcuno, sicuramente però con un suo fascino, se la si guarda come prodotto e testimonianza di un periodo storico e culturale che si chiama Rinascimento, al punto che se Parma può oggi dirsi capitale della cultura, in gran parte è conseguenza di tutto ciò che quella antica mappa significa.

Chissà se era consapevole di ciò, credo di sì, il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli quando nell’inaugurare al Parco ducale di Parma, il 5 settembre scorso, la grande esposizione “Per la ripartenza-2020+21- Il futuro della memoria”, diceva : ” L’Europa è frutto di un percorso culturale, prima che di un progetto politico e si fonda sull’apporto di patrimoni culturali diversi e sul loro tessuto di relazioni. La città di Parma ha una grande responsabilità in un momento in cui il mondo sta affrontando una grande trasformazione: solo attraverso la condivisione di diversi patrimoni culturali è infatti possibile costruire una comune identità europea”. Del resto, aggiungo io, non è questo il “segreto” che ha reso possibile, nonostante le tante divisioni e spoliazioni che hanno interessato la nostra Penisola negli ultimi 2.500 anni, il perdurare di una comunanza culturale e valoriale italica anche prima della giovane unità nazionale raggiunta 150 anni fa, e l’affermazione di un soft power italico che rende forte, riconoscibile ed apprezzato in tutto il mondo il nostro stile e modo di essere?

Immagino, e spero di poterlo verificare presto di persona, che tutto ciò traspaia alla vista di chi oggi si reca a Parma e partecipa alle tante iniziative culturali per Parma capitale italiana della cultura 2020/2021, a partire dalle grandi esposizioni Farnesiane. A me, che sono originario del viterbese, tutto ciò è sempre stato chiaro, ed era ben chiaro ad Andrea Borri, notaio, presidente della provincia di Parma, senatore, a lungo presidente della Commissione di vigilanza Rai, quando mi ricordava, nelle nostre chiacchierate degli anni ’80, che ambizione della sua città era fare da ponte ideale tra Parigi e Roma per costruire l’Europa, passando ovviamente … per il Piemonte del comune amico Gianni Goria, riscoprendo i legami inscindibili con l’antica città di Castro ed il territorio attorno a  Ronciglione, testimonianze antiche degli Etruschi e dei Romani e poi del Rinascimento. Forse anche per questa comunanza culturale, ho sempre considerato come periodo bellissimo della mia vita, il periodo dal 2000 al 2006, quando una volta al mese, essendo amministratore di una azienda di gestione documentale creata a Collecchio da Poste Italiane e Cedacri, dovevo andare a Parma, godendone la bellezza, il respiro culturale, il modo di vivere. La storia dei Farnese e del loro segno rimasto nella cultura e nell’arte, era di sicuro la causa di quel mio sentirmi a mio agio là.

Senza voler fare una ricostruzione storica, che non è l’obiettivo di questo articolo, cercherò di ripercorrere velocemente i cinque secoli che stanno tra quella mappa ed oggi.

Il cardinale viterbese Alessandro Farnese, fratello di “Giulia la bella” e futuro papa Paolo III, era già dal 1509 vescovo di Parma ed influenzò fortemente i colloqui tra il papa Leone X ed il re di Francia Francesco I, conclusi con la Pace firmata tra i due a Viterbo del 1515, nella quale si delineava il  futuro Ducato di Parma. Ottavio Farnese e suo fratello Alessandro, il futuro “gran cardinale” studiavano a Parma quando il loro nonno paterno card. Alessandro senior. assunse il Soglio pontificio nel 1534. Di sicuro non furono colti di sorpresa quindi quando nel 1545 per la loro famiglia fu creato il Ducato di Parma e Piacenza con le “appendici pregiate” del ducato di Castro e della contea di Ronciglione, già feudi di famiglia. Già un altro viterbese, degno per la verità di maggior fama di quanta avuta, aveva creato forti legami tra i due territori: il grande architetto Pier Francesco Florenzuoli, nativo di Sutri, capitano generale a Civita Castellana, al quale nel 1525 Papa Clemente VII Medici affidò l’incarico di Soprintendente di tutte le Fortezze dello Stato della Chiesa, incarico per il quale il Florenzuoli lasciò profonde tracce della sua attività a Parma, Piacenza, Ferrara, Pesaro ma anche a Verona e Firenze. Ma la damnatio memoriae subita da “Giulia la bella”, vera artefice della fortuna di casa Farnese, e l’inconsulta distruzione totale della antica città di Castro, con le sue bellezze rinascimentali, ad opera di papa Innocenzo X nel settembre 1649, hanno entrambe contribuito a generare un lungo periodo di oblio degli antichi legami, ben saldi in precedenza, al punto che nel 1604, per inaugurare il santuario della Maria SS. del Ruscello a Vallerano, vennero espressamente da Parma i Duchi.

Dobbiamo al genio ed alla paziente lavoro di ricerca storica di Stendhal la riscoperta di un patrimonio storico messo da parte, lo Stendhal autore del famoso grande romanzo La Chartreuse de Parme e del  romanzo breve L’Abbesse de Castro, ambedue pubblicati nel 1839. Alla notorietà dei fatti cinquecenteschi così recuperata, si sono aggiunti i ricordi e le impressioni degli innumerevoli “turisti colti” che da allora hanno visitato in parallelo Parma e la Tuscia, e qualche tentativo più recente per ricostruire i fili nascosti di quei legami. Mi riferisco al progetto Rosso Farnese promosso dalla allora sindaco di Valentano arch. Raffaella Saraconi con la città di Piacenza, l’Incontro sui rapporti con  Parma, svoltosi nel novembre 2017 per iniziativa della Camera di Commercio di Viterbo e dell’Associazione Egidio 17, ed anche le visite di gruppi turistici lungo gli “Itinerari Farnese”, quale quello in arrivo nella Tuscia il 18 settembre, promosso da Baldini viaggi di Campegine (RE), e soprattutto l’evento più atteso: l’apertura, che doveva essere il prossimo 21 ottobre ed invece sarà il 1° marzo 2021,  nel Complesso Monumentale della Pilotta a Parma della grande Mostra:   “I Farnese: le arti e il potere”.

E poi, tornerà di nuovo l’oblio? Spero di no, anche perché lo splendore di Parma e l’eco delle pregevoli iniziative che la vedono protagonista culturale nel biennio 2020-2021 , contribuiranno a far conoscere le bellezze degli Itinerari Farnesiani nella parte della Tuscia “dove fu la città di Castro”: Capodimonte, Latera, Farnese, Valentano, Marta , Bolsena, l’Isola Bisentina. E poi i grandi gioielli farnesiani che distano appunto solo 60 km da Roma, quali il Gran Palazzo di Caprarola, i castelli di Carbognano (dove Giulia la bella trascorse ben 20 dei suoi 50 anni di vita), di Vignanello e Vasanello, la Villa Lante di Bagnaia, ed i borghi di Ronciglione, Nepi e Canepina. Ma la speranza più ambiziosa che nutro è che le Istituzioni della Tuscia e dell’antico Ducato di Parma e Piacenza, in accordo con le Università locali e con il sostegno del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, possano mettere in cantiere, nel triennio 2022/2024, la “replica” delle più significative Mostre svoltesi a Parma, a Viterbo e Roma, ed in più due nuovi ambiziosi progetti: le celebrazioni nel 2024 del :

  1. QUINTO CENTENARIO DELLA MORTE DI GIULIA FARNESE LA BELLA e 
  2. LA RISCOPERTA E VALORIZZAZIONE DELL’ANTICO BARCO FARNESIANO.

Di questi due Progetti di cui voglio farmi promotore, coinvolgendo le  Istituzioni e gli studiosi disponibili, mi limito ora a definire i contorni che ne evidenziano il valore e ne giustificano l’interesse.

Di Giulia Farnese la Bella, nata  probabilmente  a Canino nel 1475 e morta a Roma il 23 marzo 1524, si sa molto ma non tutto, a motivo della famosa sua damnatio memoriae. E’ mia intenzione stimolare la costituzione di un apposito Comitato per le celebrazioni del V° centenario della sua morte, affinché con il sostegno del Mibact e delle Istituzioni interessate, nazionali, della Tuscia e dell’ex Ducato di Parma e Piacenza, con la fondamentale partecipazione delle Università attive nei rispettivi territori, si possa finalmente ricostruire il percorso di vita ed il ruolo di Giulia, protofemminista, artefice della fortuna della sua famiglia, figura fondamentale di snodo tra la cultura tardomedievale e quella rinascimentale. A lei si legano tutte le vicende storiche e d artistiche accadute nella nostra Penisola dal 1475 al 1500 e sono abbastanza note ed indagate, a differenza di quelle dal 1501 al 1524, periodo che Giulia trascorse quasi esclusivamente nel suo castello di Carbognano, singolare esempio di committenza femminile: su questo periodo molto c’è ancora da scoprire, iniziando dal volto e dal luogo di sepoltura di Giulia stessa, ma anche facendo una analisi più approfondita del suo testamento ed epistolario. I noti studiosi Simonetta Valtieri ed Enzo Bentivoglio stanno facendo un accurato rilievo strutturale del Castello di Carbognano e qualche altra sorpresa potrà emergere, visto che sul Castello, sulla sua origine, sul restauro operato secondo le indicazioni di Giulia, sulla vita che la stessa vi condusse per almeno 20 anni, non è mai stata fatta una attenta ricerca. Recentemente, ad esempio, c’è stato un fiorire di articoli basati sul ritrovamento di un bassorilievo raffigurante forse Giulia stessa, ma a parte che non di bassorilievo trattasi ma di un graffito, nessuno ha mai fotografato o descritto un altro graffito che si può ammirare a poca distanza dal Castello né gli affreschi appena restaurati nella chiesa di S. Maria, a cui tanto teneva Giulia.

Ancor meno si sa del BARCO FARNESE , un complesso monumentale e naturalistico di ben 88 ettari, realizzato a partire dal 1570 su input del gran Cardinale Alessandro Farnese a 5 km dall’area del notissimo Palazzo Farnese di Caprarola, ancor prima che iniziasse la costruzione di questo. Una sorta di parco giochi rinascimentale, destinato allo svago ed alle pubbliche relazioni di casa Farnese, disegnato dal Vignola e coevo della palazzina Gambara di Villa Lante di Bagnaia. Comprendeva un grande casino di caccia , dei mulini, un laghetto artificiale pavimentato con mattoni messi di taglio e a spina di pesce (proprio come quelli del piazzale antistante il Gran Palazzo di Caprarola) con al centro una piccola isola artificiale : il tutto circondato da un bellissimo parco con ogni varietà di vegetazione ed una prevalenza di platani di specie ibrida (a seguito della importazione della varietà del platano occidentale, dopo la scoperta dell’America). Ebbene, di questa Disneyland cinquecentesca, dove peraltro erano ben visibili resti etruschi e antico- romani, collocata in zona demaniale proprietà del Comune di Ronciglione in quota maggioritaria, e minoritaria del Comune di Caprarola, a soli 60 km da Roma, non resta che il ricordo sempre più sbiadito. Non dovrebbe risultare impossibile, grazie ad un auspicabile intervento di Mibact ed alla captazione di contributi europei e nazionali, realizzare un Cantiere per il recupero del Barco Farnese con finalità turistiche, culturali e naturalistiche. Partendo dalle memorie storiche esistenti, sia coeve  che successive, nonché dai pochissimi tentativi contemporanei di approfondimento e proposta: il Progetto di sistemazione storico-naturalistica di Costanza Pera (1984), la tesi di laurea di Stefano Finocchi-Unitus (1998) gli studi di Sofia Varoli Piazza (1990), Gianni Ginnasi e F.T. Fagliari Zeni Buchicchio.

Due proposte, quelle che ho sopra affacciato, sulle quali tornerò presto con i dovuti approfondimenti, con l’obiettivo da parte mia, spero assecondato da ben più autorevoli adesioni, di salvare la memoria e la fruizione di importanti testimonianze rinascimentali, capaci di sviluppare anche importanti opportunità occupazionali e nuove mete di turismo colto.

Mi auguro con il prezioso apporto di tutti coloro che in questi due anni lavoreranno per Parma Capitale della Cultura 2020+21, portando dal 2022 in poi la loro esperienza a 60 km da Roma, nella Tuscia viterbese!