È una strana e singolare democrazia dell’alternanza quella italiana. Perché, di norma, la democrazia dell’alternanza – cioè una democrazia matura ed adulta – si basa sul confronto/scontro tra ricette programmatiche e politiche alternative. Ovvero si confrontano due o più modelli di società e attorno a quell’impegno programmatico le rispettive coalizioni e forze politiche si misurano di fronte agli elettori. Nel nostro paese, invece, avviene l’esatto contrario.
Una democrazia senza alternanza reale
Qui non vale il principio del programma politico alternativo. Oggi conta, per tutto e su tutto, la delegittimazione morale e la criminalizzazione politica dell’avversario, che nel frattempo è diventato un nemico da annientare e da distruggere. È evidente che, di fronte a uno scenario simile, tutto diventa lecito e legittimo. E quindi gli insulti, le contumelie, le aggressioni verbali e gli attacchi personali sono semplicemente la regola, e non più l’eccezione del confronto politico.
È appena sufficiente, al riguardo, assistere ai soliti talk televisivi o scorrere i commenti sui giornali più schierati politicamente – cioè quasi tutti – per rendersi conto di questa prassi ormai radicata e fortemente consolidata nel nostro Paese.
L’odio come collante politico
Se oggi, per fare un solo esempio concreto, dovessimo valutare il progetto politico alternativo della sinistra radicale, populista ed estremista rispetto al centrodestra di governo, abbiamo ben chiaro solo il tasso di odio che viene riversato quotidianamente sulla Presidente del Consiglio da parte dei vari capi dei partiti di opposizione. Ma, quando si passa al merito delle questioni, ci sono più ricette e del tutto alternative tra di loro: dalla politica estera alla politica economica e sociale, dalle riforme istituzionali al giustizialismo imperante, e via discorrendo.
Il vero cemento unificante resta l’odio implacabile nei confronti del nemico che va, appunto, distrutto irreversibilmente e con cui non ci si può e non ci si deve confrontare. Mai. Perché rappresenta il male assoluto.
Una democrazia senza legittimazione reciproca
Ora, di fronte a uno scenario simile, è difficile – molto difficile – ridare qualità alla democrazia, credibilità alle nostre istituzioni democratiche ed efficacia alla stessa azione di governo. Un’operazione sostanzialmente impossibile, perché prevalgono i disvalori della pregiudiziale morale, della delegittimazione politica e, soprattutto, del non riconoscimento dell’avversario politico.
Al riguardo, ci sono delle figure politiche che oggi rappresentano plasticamente questa deriva che, nella prima Repubblica – per fare un solo esempio – era del tutto sconosciuta se non addirittura estranea alla dialettica politica dell’epoca. Basti citare, fra i principali protagonisti di questo decadimento politico, culturale ed etico, il duo Fratoianni/Bonelli, i populisti per eccellenza Conte e Salvini, o il sindacalista Landini.
Personaggi e partiti che predicano e praticano la cultura dell’odio e della delegittimazione totale nei confronti del nemico giurato, e che contribuiscono, con la loro azione, ad avvelenare il confronto politico, negando alla radice quei valori democratici, liberali e costituzionali necessari ed indispensabili per coltivare un civile e costruttivo confronto politico. E anche di governo.
Una lezione dai cattolici democratici
Ed è anche per questa ragione che si impone, senza ulteriori tentennamenti ed equivoci, il recupero di quello stile e di quella prassi che storicamente hanno caratterizzato il comportamento, la presenza e il ruolo dei cattolici democratici, popolari e sociali. E questo per evitare che anche noi diventiamo complici – inconsapevoli o meno, che sia poco importa – di questa deriva politica, culturale, etica.