È consuetudine, ormai anche da settori che hanno contribuito nel tempo a distruggere e a criminalizzare politicamente la classe dirigente del passato, rimpiangere quei leader e quegli statisti. Certo, essendo di fatto impossibile tracciare qualsiasi confronto con la classe dirigente contemporanea. Del resto, dopo avere teorizzato per molti anni la lotta senza quartiere contro la politica, i suoi strumenti essenziali e le sue modalità concrete, era abbastanza scontato che prima o poi si approdasse ad una non classe dirigente. Cioè ad una consorteria dove a prevalere sono disvalori quali l’incompetenza, l’inesperienza, l’improvvisazione, la casualità e l’odio implacabile contro tutto ciò che era semplicemente riconducibile al passato. E l’avvento al potere dei 5 stelle non poteva che essere la naturale conseguenza di tutto ciò. Certo, aiutato da contributi non casuali come, ad esempio, la violenta e spregiudicata operazione di potere denominata “rottamazione”, o l’esaltazione dell’”anno zero” intesa come volontà di distruggere e sfregiare chi ti ha preceduto. Il tutto culminato con le parole d’ordine che tuttora segnano in profondità l’esperienza e la prassi dei 5 stelle. Cioè il “vaffaday”.
Ora, c’è un aspetto essenziale, e forse volutamente trascurato, che però vale ricordare e rammentare quando si ricorda la classe dirigente democratico cristiana che ha saputo guidare ed orientare laicamente, con sapienza ed intelligenza, il nostro paese per quasi 50 anni. Ovvero, la dimensione spirituale di quei leader e di quegli statisti. Un osservatore disattento potrebbe sostenere che tutto ciò è un affare che riguarda la coscienza del singolo e che non può e non deve condizionare l’attività politica e di governo. Eppure proprio quei leader e quegli statisti sono stati i principali difensori della laicità dell’azione politica da un lato e gli alfieri decisivi della importanza e della centralità delle nostre istituzioni democratiche.
Cioè dello Stato. Ma l’elemento che ha caratterizzato il profilo e la natura di quelle persone è stato la profonda spiritualità che li animava. Erano uomini e donne di Stato ma, al contempo, erano anche punti di riferimento per quelle comunità ecclesiali e di credenti che credevano nell’impegno politico e nella difesa e nella promozione dei ceti popolari attraverso l’azione politica e di governo. Ecco la specificità di quella classe dirigente, oggi praticamente introvabile ed evaporata. Un elemento che, certo, interessa e coinvolge principalmente la storia e l’esperienza del cattolicesimo politico italiano, ieri come oggi. Ma rappresenta anche un elemento che interessa e coinvolge l’intera storia del nostro paese. Laici o credenti che siano non fa alcuna differenza. Certo, leader e e statisti che non ostentavano simboli religiosi, che non ambivano ad essere “cattolici professionisti” di turno per dirla con Mino Martinazzoli nè potevano essere tacciati di diventare “sepolcri imbiancati” per citare un altro grande leader democratico cristiano, Carlo Donat-Cattin. Erano, molto più semplicemente e discretamente, credenti e politici. Ma punto di riferimento sia della comunità ecclesiale e sia della comunità politica.
Una tradizione, o meglio una esperienza umana, civile e religiosa che, purtroppo, non siamo stati in grado di proseguire, di inverare e di declinare anche nella società contemporanea. Al di là dello scorrere inesorabile del tempo e del profondo cambiamento delle diverse fasi storiche.
Ecco una delle tante lezioni che possiamo trarre dal passato, che non tramonta e che non va rottamato, quando ripercorriamo la miglior stagione del cattolicesimo politico, sociale democratico nella storia del nostro paese. E cioè, nel rigoroso rispetto della laicità dello Stato e della stessa azione politica, non esiste un leader politico cattolico democratico se, accanto al progetto politico che interpreta e che rappresenta in quel particolare momento storico non è accompagnato anche, e soprattutto, da una solida e non ostentata spiritualità. Senza alcuna deviazione clericale e confessionale ma con la consapevolezza che l’ispirazione cristiana continua ad essere fonte inesauribile per una seria, ricca e costruttiva azione politica. A livello locale come a livello nazionale.