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sabato, 12 Luglio, 2025
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Quella dittatura del prestazionismo che uccide anche i preti

Il 5 Luglio don Matteo Balzano, vice Parroco a Cannobbio, si è tolto la vita. Non tutti ce la fanno: qualcuno si sente sopraffatto dalla vergogna di non essere all’altezza dei propri ideali.

Quella dittatura del prestazionismo che uccide anche i preti

 

Il 5 Luglio don Matteo Balzano, vice Parroco a Cannobbio, si è tolto la vita. Non tutti ce la fanno: qualcuno si sente sopraffatto dalla vergogna di non essere allaltezza dei propri ideali.

 

Antonio Payar

Una parrocchiana alle esequie: “Ricordo l’ultima tua confessione riguardo ad una morte che aveva colpito la nostra parrocchia, un gesto estremo. “Nessuno sa l’inferno che uno ha dentro per arrivare a un gesto estremo”.

I media ci hanno abituato a considerare i deficit nel clero mal che vada ricompresi nella sfera sessuale (e da cui parte la zolfa del celibato, etc.), poi magari qualche peccato di pecunia e mondanità, e fine. Di che cosa si parli quando si rammenta il prete oggi non lo sa nessuno: da Don Camillo a nulla.

Finita l’isola temporale della repressione conservatrice contro gli esponenti di scuola milaniana della disobbedienza e della contestazione alle istituzioni degli Anni ’70 (i Balducci, i Lutte, l’Isolotto ecc), anche il sacerdote è stato rifluito nel riflusso che ha sbaraccato le comunità e i collettivismi sorti con il ’68 e che ha ricondotto tutti – ma attenzione: ciascuno per conto suo – al nuovo paradiso del neocapitalismo liberista dove la società è un intralcio (“la società non esiste” della Thatcher, 1987) e dove le istituzioni della modernità non vanno combattute (in quanto ‘fasciste’, retrive, ecc) ma semplicemente smantellate (Reagan all’insediamento, in anticipo su Trump: “Lo stato non è la soluzione dei problemi, lo stato è il problema”, 1981).

Chi capisce più perché uno vada in Seminario oggi e ancor meno come ne esca? Se va bene sarà una sua questione personale, un po’ come voler fare il pilota di formula uno. D’altra parte non si dice ‘gli è venuta la vocazione’? Beato lui, tutti gli altri a cui non gli viene nulla se la devono smazzare con le frustrazioni del quotidiano.

Papa Francesco: più relazione, meno prestazione

Magari d’improvviso si scopre che c’è un prete perché si tratta di uno che si dà da fare a riempire la parrocchia di ogni sorta di attività, in un attivismo che spesso fa della parrocchia un servizificio dal piano pastorale impeccabile, dove tutto torna e tutto viene sistemato salvo l’incontrare gli squilibri che ammorbano chi è fuori (e dimenticando, come osservava Papa Francesco parlando alla Diocesi di Roma nel Maggio 2019, “che il Vangelo è una dottrina “squilibrata”. Prendete le Beatitudini: meritano il premio Nobel dello squilibrio! Il Vangelo è così.”).

“Ardere, non bruciarsi”, la trascurata ricerca sul burnout dei sacerdoti del Teologo Giorgio Ronzoni pubblicata quasi vent’anni fa

Sir, l’agenzia della Cei, riporta una riflessione di Giorgio Ronzoni, Parroco padovano e insegnante di Teologia Pastorale presso la Facoltà Teologica del Triveneto. Partendo dal caso del suicido di Don Matteo Balzano a Cannobio, Ronzoni ricorda di aver condotto più di vent’anni fa una ricerca sul burnout dei preti della sua Diocesi. I risultati sono stati poi pubblicati su varie riviste e alla fine sono confluiti in un libro che curato da lui, Ardere, non bruciarsi (Edizioni Messaggero Padova), uscito a Gennaio 2008 (quasi vent’anni fa…).

La ricerca ebbe molta risonanza: nel 2018 fu citata addirittura da José Tolentino Mendonça (creato Cardinale l’anno successivo) quando tenne gli esercizi spirituali a Papa Francesco.

“Pochi mesi fa” – scrive Ronzoni – “una giornalista mi ha telefonato per chiedermi dati aggiornati su questo tema, ma ho dovuto risponderle con un po’ di vergogna che di queste ricerche, in Italia, non ne sono state condotte altre.”.

Ronzoni dice che la sua ricerca condotta a costo zero mise in luce un dato tutt’altro che sorprendente: il disagio diffuso tra i sacerdoti nei primi anni di ministero. “Passare dalla vita di seminario – regolare e regolata – a quella della parrocchia è un cambiamento che può mettere in crisi. In fin dei conti anche confratelli più sperimentati soffrono parecchio quando cambiano incarico: figuriamoci chi inizia una vita complessa come lo è quella del prete oggi. Inoltre, non dimentichiamo che i giovani preti sono presbiteri, cioè ‘anzianil’, solo sacramentalmente: per il resto sono giovani, e se il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani, dopo gli incidenti stradali, un motivo ci sarà.”.

Un prete giovane è diverso dai suoi coetanei? “Sì, ma non troppo.” – prosegue la riflessione Ronzoni – “Come quelli della sua età può sentire il bisogno di conferme da parte dei superiori e dei fedeli e per ottenerle può arrivare a spendersi oltremisura, magari con il timore – infondato, certo, ma per lui reale – di non essere più apprezzato se non riesce a raggiungere certe performance.

 

La vergogna di venire scoperti come inadeguati

Si potrà obiettare che un uomo di Dio non dovrebbe dipendere dal giudizio degli altri, rispondendo solo al Signore e alla propria coscienza. Ma ciascuno è quel che è, e per arrivare a essere quel che dovrebbe, se mai ci arriva, prima deve imparare a conoscere se stesso attraversando molte prove e prendendosi cura seriamente della propria formazione.”.

Non tutti ce la fanno: qualcuno abbandona il ministero, qualcuno viene a patti con una mediocrità tutt’altro che aurea, qualcuno si sente sopraffatto dalla vergogna di non essere all’altezza dei propri ideali, qualcun altro cade in depressione o si ammala”.