Radici e futuro dell’Europa: la resistenza delle democrazie ai modelli autoritari.

Ciro Sbailò, autore di un libro appena pubblicato in lingua inglese, affronta il problema dell’opposizione all’autoritarismo nelle democrazie euro-occidentali. “Il giurista europeo è quello che riparte dalle radici per (…) trovare soluzioni".

Nel 2023 si può parlare di tecnica, di diritto e di filosofia insieme. Non solo si può. Si deve. Soprattutto quando si parla di Europa. È il messaggio che emerge dal libro del docente Ciro Sbailò, preside della facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi internazionali di Roma, dal titolo Europe’s call to arms. Philosophical Roots and Public Law Profiles of the confrontation with the Monster of the 21st Century: Westernization without Democratization, recentemente pubblicato dall’editore tedesco Nomos; in italiano, La chiamata dell’Europa alle armi, radici filosofiche e profili di diritto pubblico di confronto con il mostro del XXI secolo: l’Occidentalizzazione senza la democratizzazione.

Avanzano modelli autocratici, che hanno copiato la capacità di auto-potenziamento infinito della tecnica propria dell’Occidente, ma che dell’Occidente hanno deriso la presunta debolezza derivante dalla tutela dei diritti umani e delle libertà. Eppure, il modello democratico euro-americano resiste. Stretto oggi tra il panslavismo russo, l’autocrazia cinese e l’alternativa islamica, questo tipo di ordinamento fatto di libere elezioni, di libera informazione e di tutela della dignità umana continua a vincere sulle lunghe distanze.

Nel libro emerge come in una dittatura le soluzioni emergenziali siano sì molto più veloci ed apparentemente efficienti, ma la tutela delle libertà democratiche – presente in una democrazia – costituisca un prezzo che vale la pena pagare. Durante la pandemia, a fronte del dilagare del contagio in Cina per mancanza di libertà di informazione, i Paesi democratici – che pure hanno dovuto adottare soluzioni emergenziali, bilanciandole però con i diritti fondamentali – hanno avuto alla fine risultati migliori nel contrasto all’emergenza epidemiologica.

Il volume propone varie riletture della cronaca dei nostri giorni. Oggi non si può parlare di democrazia senza parlare di cybersecurity; non si può parlare di pace (il fine per il quale l’Europa è nata), senza parlare anche di difesa europea. Non a caso il libro è scritto in inglese, lingua più diffusa dell’italiano in Europa e nel mondo. Perché, per quanto complesso, il testo non si rivolge solo ai giuristi e ai filosofi. Si rivolge a tutti coloro che in Europa e nel mondo hanno avuto, da settant’anni a questa parte, democrazia e pace. E democrazia e pace non devono essere mai date per scontate: perché è quello il preciso momento che identifica l’inizio della loro fine, quello è l’attimo in cui finiscono nel loro contrario. E il contrario della democrazia e della pace sono la dittatura e la guerra.

Durante la presentazione del libro svoltasi il 14 luglio scorso all’Università degli Studi internazionali di Roma, alla domanda sul ruolo della democrazia oggi Ciro Sbailò rispondeva: “Occorre un atto di fiducia nella civiltà giuridica occidentale, per la natura ibrida delle nuove guerre, e all’interno dell’attuale sintassi dell’Unione europea è impossibile costruire la difesa europea: occorre mettere a sistema nuovi fatti politici e recuperare il ruolo e la responsabilità dei giuristi europei”.

E qui l’autore riparte dal pensiero del filosofo Emanuele Severino, da quel nichilismo che è il destino dell’Occidente, e non solo. Ma l’occidentalizzazione senza democratizzazione non è altro che condivisione della tecnica senza la filosofia e il diritto, senza la tutela delle libertà, senza la dimensione umana. E questa forma di occidentalizzazione è pericolosissima, perché le dittature si reggono sulla tecnoscienza condivisa (nata in Occidente), ma non comprendono che è nel dibattito di idee – possibile solo nelle democrazie – che si sviluppano le scienze, comprese quelle umane. La tecnica pervade ogni disciplina, compreso il diritto. Ma nel diritto diventa comparazione. E la comparazione, il confronto, è un elemento fondamentale per l’evoluzione di ogni democrazia.

Nel destino della tecnica ritroviamo allora la separazione dei poteri, la dignità della persona, il limite come fonte di legittimazione del potere. E a questo proposito Sbailò precisa: “Il giurista europeo è quello che riparte dalle radici per leggere in modo critico l’attualità e trovare soluzioni.”  Un ruolo importante in mondo come quello di oggi, che l’autore ama definire bebelarchico – dall’aggettivo greco βέβηλος, traducibile con profano – perché caratterizzato da diversi centri di potere e di influenza, in cui scenari geopolitici e dibattiti filosofico-giuridici, apparentemente lontani, nel tempo e nello spazio, possono rivelarsi simili nel significato.