Ravenna più importante di New York

Judith Herrin Ravenna Capital of Empire, Crucible of Europe (Capitale dell'Impero, Crogiolo dell'Europa) Penguin Books 2020 pp.537 €35

Ravenna più importante di New York

Hendrik Willem van Loon, americano d’origine olandese, apprezzato autore di libri di divulgazione storica, scrisse in Geografia, la cui quinta edizione uscì in Italia nel 1939, che Ravenna, nel V secolo, “era una città più importante della New York di oggi: era la capitale dell’Impero Romano: ospitava un’enorme guarnigione; era la massima base navale dell’epoca; e il suo porto stentava a soddisfare le esigenze dell’importazione del legname”. Ai 350 anni di Ravenna “più importante” della New York di oggi, dal 402 alla metà dell’VIII secolo “capitale dell’Impero e crogiolo dell’Europa”, dedica un gran libro, segnalato con molti elogi dal settimanale The Economist del 26 settembre scorso,  la storica inglese Judith Herrin. Ravenna è stata il crogiolo dell’Europa nel senso di un ambiente in cui si realizzarono incontri e fusioni di popoli diversi per costumi e culture, cerniera fra l’impero romano in disfacimento e i suoi successori in occidente. Il libro è diviso in 9 capitoli, ognuno dei quali copre circa mezzo secolo. L’ultimo è dedicato a Carlo Magno e al saccheggio che fece delle meraviglie ravennati. È descritto con maestria il groviglio di popoli, lingue, religioni, invasioni, battaglie, sopraffazioni, cambi di alleanze, tradimenti, spionaggi, omicidi per ragioni politiche durante uno dei periodi più turbolenti e caotici dell’antichità. Crollava un impero immenso e nascevano poteri e autorità perennemente in lotta fra loro, per motivi territoriali e per controversie religiose fra ariani e cattolici nell’ambito dell’unica religione consentita, il cristianesimo. In quei secoli, nonostante cambiamenti e sovvertimenti, Ravenna fu crogiolo non solo della politica della parte occidentale dell’impero, ma della cultura greca, latina e del mondo gotico, che prendeva sempre più il sopravvento nelle armi. Ravenna, Hauptstadt des spätantiken Abendlandes, (Ravenna, Capitale dell’Occidente tardoantico) è il titolo dello studio fondamentale del 1969 dell’archeologo Friedrich Wilhelm  Deichmann.  Nel 700 uno studioso anonimo scrisse un trattato sull’Universo in cinque volumi, al centro del quale non c’erano Gerusalemme o Roma, ma Ravenna. In una pubblicazione del 1945 delle autorità militari navali inglesi per le truppe che stavano occupando l’Italia, di Ravenna si dice che era il centro “unequalled” , incomparabile dell’arte paleocristiana. L’apprezzamento non risparmiò a Ravenna 52 bombardamenti degli Alleati, uno dei quali, nel 1944, distrusse gran parte della basilica di San Giovanni Evangelista, costruita alla fine degli anni ’20 del V secolo da Galla Placidia dopo essersi miracolosamente salvata, lei e i figli, da una tempesta in mare nel 425. Ravenna ha corso pericoli analoghi anche dopo la guerra. Di questi la Herrin non parla, ma non è superfluo ricordare che nel 1954 il ministero della difesa iniziò a costruire un aeroporto per aerei a reazione a Classe, a 1500 metri dalla chiesa di S. Apollinare. Il mondo della cultura e una parte della popolazione si ribellarono. Addirittura l’ambasciata americana a Roma manifestò il suo disappunto. Un famoso giornalista, Antonio Cederna, intervenne il 23 marzo 1954 sul settimanale IL MONDO: “Ravenna…una delle più straordinarie città del mondo…al macello.”  In aprile il ministero cambiò idea a favore di un aeroporto a 3 km a nord di Ravenna. Cederna intervenne di nuovo (IL MONDO 14.12.54) chiedendosi che cosa frullasse nella testa dei ministri per mettere in pericolo tesori immensi. Fortunatamente non se ne fece niente. 

Storia aurea di Ravenna (402-751)

La storia aurea di Ravenna va dal 402, quando il generale Stilicone e il giovane imperatore Onorio vi trasferirono la capitale dell’impero d’Occidente da  Milano, troppo esposta alle invasioni dal Nord, al 740. Il periodo è chiamato “tarda antichità”, anticipo del Medio Evo. L’antichità era pagana, e per questo l’autrice preferisce “early Christendom” (Cristianità iniziale). A differenza di Milano Ravenna, circondata da paludi e affluenti del delta del Po, era facile da difendere. Nel VI secolo lo storico Procopio di Cesarea così la descrisse:

La città di Ravenna è situata in modo tale da non poter essere facilmente raggiunta da una flotta o da un’armata di terra. Il fiume Po, altri fiumi navigabili e paludi la circondano da ogni parte così che si può dire che Ravenna è circondata dall’acqua e le armate di terra non possono raggiungerla.

 Al seguito dell’imperatore vennero a Ravenna un enorme apparato amministrativo, forze armate, mercanti, studiosi.  Divenne una capitale con strutture grandiose decorate negli stili del tempo. Non è rimasto il nome di qualche architetto, capomastro e mosaicista, a conferma di quanto poco si sappia di quel periodo. Le forze che dividevano il Mediterraneo e si scontravano per il potere nella parte occidentale dell’Impero furono definite a Ravenna. Per questo la storia della città non è semplice, come non era semplice la vita quotidiana.  A partire dal 380 il Cristianesimo divenne la fede dominante dei popoli del Mediterraneo, anche se la gente parlava lingue diverse. Contemporaneamente alla conversione dei Goti al Cristianesimo, nel IV secolo scoppiò una disputa, con aspetti a volte feroci, sulla vera natura dell’umanità di Cristo. Il diacono Ario formulò  la sua opinione circa la natura di Cristo diversa da quella del Padre alle origini del IV secolo. Alcuni imperatori cristiani del ‘400 pensarono come Ario che se Gesù era figlio di Dio doveva esser nato dopo il Padre, ed esser quindi altro da lui. I Goti erano tutti ariani. Non fu una tarda civilizzazione romana ma piuttosto l’emergere di un nuovo mondo, con tutti gli immensi e spesso sanguinosi grovigli dei grandi cambiamenti. Ad Oriente c’èra il mondo bizantino con capitale Costantinopoli, ad Occidente un impero frutto dell’esperienza romana e dell’energia barbarica, di cui Ravenna fu il centro. 

Ravenna centro medico d’eccellenza

Nella seconda metà del  VI secolo Ravenna divenne un centro  medico d’eccellenza, con scuole che insegnavano in greco e in latino. Il medico più famoso fu larchiatra (cioè capomedico) Agnellus, che insegnava in latino i testi di Ippocrate e Galeno. Agnello introdusse l’insegnamento di due autori greci del IV secolo, il siriano Nemesio e il bizantino Posidonio, i quali, primi nella storia, collegarono tre qualità umane, l’immaginazione, l’intelligenza e la memoria rispettivamente alla parte anteriore, centrale e posteriore dei ventricoli del cervello. Oggi è facile criticarli, perché i ventricoli sono pieni d’acqua, ma assegnando le tre funzioni mentali a regioni specifiche del cervello, i due autori greci e la scuola di Agnello a Ravenna anticiparono di un millennio e mezzo l’orientamento delle neuroscienze cognitive. Nemesio descrisse ciò che succede della mente se le tre parti dei ventricoli sono sofferenti: un quadro clinico che richiama ciò che oggi si chiama (impropriamente) malattia di Alzheimer (The Lancet 372,440-441,2008). Ravenna fu un centro medico di grande richiamo anche all’epoca di Teodorico. 

I mosaici di Ravenna

Il mosaico dell’arte paleocristiana di Ravenna è senza eguali. La sua funzione non era solo estetica, ma anche religiosa e politica: voleva esprimere la profondità della fede e la maestà imperiale. I mosaici non adornavano solo i pavimenti ma anche e soprattutto absidi e pareti. Lo sfondo del mosaico è  giallo-oro, con una mirabile riflessione della luce. I mosaici ravennati, oltre ad essere di gran lunga i più belli, non si possono demolire e rifare altrove. Ne è la prova il mosaico di San Michele in Africisco, chiesa di Ravenna consacrata nel 549, lodato come miracolo creativo. Dopo vicende anche penose, alla fine dell’800 i mosaici furono acquistati da un principe Hohenzollern e ricomposti nel Museo Bode di Berlino. 

Sono inguardabili.

Galla Placidia e Teodorico

La Herrin si sofferma sui due personaggi fondamentali della Ravenna capitale, Galla Placidia nel V secolo e Teodorico quasi un secolo dopo. Galla Placidia, sorellastra dell’imperatore Onorio, visse il periodo di transizione  in cui il potere venne diviso fra un impero ad est ed uno ad ovest, quasi costantemente in aperta o sotterranea competizione. Galla nacque a Costantinopoli, e il padre, l’imperatore Teodosio, la mandò in Occidente, nella capitale Milano. Nel 402, all’età di circa dieci anni, si trasferì con la corte a Ravenna, dove  passerà la parte più importante della vita. Parlava latino e greco. Nel 414, a 21 anni, sposò l’imperatore gotico Ataulfo. Il matrimonio di Galla con un re gotico era consono con la  volontà di integrare le popolazioni dell’impero. Ataulfo morì un anno dopo e Galla, su ordine dell’imperatore Onorio di Costantinopoli, sposò due anni più tardi il generale Constanzio e tornò a Ravenna come principessa reale. Il  marito, coimperatore d’occidente, era molto  occupato in vicende militari, e il potere civile era in mano della moglie.

Dal 425 al 438 Galla amministrò la vita civile ed ecclesiastica. Dopo che il figlio, Valentiniano III, nel 438 ebbe l’autorità d’imperatore, essa, per 12 anni, s’occupò di attività religiose e filantropiche e di progetti edilizi. Cristiana, si adoperò con successo, coadiuvata dal vescovo, poi santo, Pier Crisologo (di cui si diceva che Galla non perdesse una predica), a realizzare la convivenza fra cristiani ed ariani, che a Ravenna potevano frequentare liberamente le loro chiese e praticare il loro culto. Con l’avvento di Teodorico, un secolo più tardi, Ravenna diverrà il centro ariano più importante dell’impero. Galla Placidia riformò la legge sugli schiavi nel senso della loro emancipazione. Niente del genere accadde nella parte orientale dell’impero. Nel 429 influenzò il figlio imperatore a proclamare per legge che nessuno, neppure l’imperatore, stava sopra la legge.  Il suo capolavoro edilizio è il mausoleo che ne porta il nome, la più bella tomba mai costruita. In realtà non era previsto come tomba, ma come parte della grande basilica della Santa Croce, costruita fra il 425 e il 450, di cui nulla è rimasto. La principessa fu sepolta a Roma nel 450. Il mausoleo non è solo un esempio ineguagliabile dell’arte del tempo: esso è la testimonianza architettonica e artistica che Galla volle tramandare del suo potere imperiale e della fede nella suprema importanza della vita ultraterrena. L’altra grande sua costruzione è la basilica di San Giovanni Evangelista, rimaneggiata nel 1568 e quasi del tutto distrutta da un bombardamento del 1944. Essa fu ricostruita usando colonne e capitelli originali recuperati fra le macerie. Con questa basilica Galla volle dimostrare che la sua città era grande quanto gli altri centri del potere imperiale, Milano, Treviri e Arles.

Come sede della corte imperiale occidentale, durante la reggenza di Galla la città s’estese e consolidò il ruolo di maggior centro commerciale, religioso, amministrativo, edilizio ed architettonico dell’area Adriatica ed oltre. Ravenna raggiunse con lei uno status senza precedenti. Pier Desiderio Pasolini, nel suo lungo racconto “Ravenna e le sue grandi memorie” del 1912 narra che in pineta incontrava spesso lunghe file di popolane che andavano a far legna. Se le rimproverava di abusare di “un antichissimo diritto di legnatico”  ribattevano che “La pineta è la nostra perché ai suoi poveri di Ravenna, a noi, proprio a noi, l’ha lasciata Galla Placidia…”, atto di  misericordia di cui ci si ricordava ancora un millennio e mezzo dopo. La Herrin sostiene che Galla fu la peggior madre che si possa immaginare: quanto mai solerte negli impegni di stato e della religione, non si preoccupò minimamente della prole.

Teodorico, re gotico e ariano di Ravenna, nacque nel 453 in Pannonia, oggi Ungheria, in un’epoca in cui diverse genti alternavano aggressioni e alleanze con l’Impero. Tutti i goti, nel IV secolo, pur con controversie talora feroci, si erano convertiti alla cristianità dell’arianesimo. All’età di 8 anni, come ostaggio a garanzia della tregua fra la tribù gotica dello zio Valamir e l’Impero, Teodorico fu mandato a Costantinopoli. Nonostante la posizione non privilegiata di ostaggio, imparò greco e latino e la tecnologia, l’amministrazione, la politica finanziaria, la diplomazia, il diritto e la strategia militare che avevano fatto grande l’Impero. Nel 493, dopo complicate vicissitudini soldatesche e politiche che l’autrice descrive con maestria, Teodorico, a capo degli Ostrogoti, dopo aver sconfitto Odoacre a Ravenna ed avergli garantito l’incolumità, lo invitò a cena e lo uccise a coltellate assieme alla moglie, al fratello e al figlio, una perfidia ripresa più tardi dai padrini mafiosi di Cosa nostra. Era patricius e magister militum, ebbe il titolo di re, ma non d’imperatore. Dal 497 alla morte nel 526 si dedicò all’instaurazione dell’autorità imperiale in Europa, rispettando la popolazione romana e la sua religione. Il proposito, in gran parte realizzato, era di dare alle popolazioni un buon governo promettendo pace a tutti, come re dei goti e dei romani. Il trilinguismo (greco, latino e lingua madre) facilitò i rapporti con Roma e Costantinopoli e gli diede, fra i goti, molto prestigio. Alla sua corte, rara in Europa, il greco era corrente quanto il latino. Per la Herrin la grandezza e il fasto della sua Ravenna sono dovuti alla sua scaltrezza, abilità diplomatica e orgoglio. Uno scritto anonimo del 550 lo descrive come un “uomo di grande distinzione e di buona volontà verso tutti. Pur essendo ariano non assalì mai la religione cattolica”, tanto più che la madre Erelieva s’era convertita al cattolicesimo.

Fece costruire la chiesa ariana di Santo Spirito e, accanto ad essa, il battistero per gli ariani, con magnifici mosaici. La splendida chiesa di Gesù Salvatore fu chiamata, una volta passata al rito cattolico, Sant’Apollinare nuovo. Essa è decorata con mosaici che per la loro bellezza furono chiamati Paradiso d’oro. La Ravenna di Teodorico attrasse il fior fiore della cultura romana e greca. Il più conosciuto degli intellettuali alla sua corte fu Bοezio, famoso per le traduzioni di Platone, Aristotele, Pitagora e d’altri e per la cultura musicale, matematica e filosofica. Il regno di Teodorico finì con un atto che l’ha reso malvisto per sempre: sospettò che Boezio facesse parte di una congiura per eliminarlo e ridare il potere in Europa all’Imperatore Giustino di Costantinopoli. Senza prove condannò lui e il suo suocero Simmaco a morte, nel 524-25. Nell’intervallo fra la condanna e l’esecuzione Boezio scrisse, in prosa e in versi, De Consolatione Philosophiae, che ebbe molta influenza sulla filosofia scolastica. 

L’autrice indaga acutamente l’arte del potere di Teodorico, certamente un grande uomo di stato e d’armi. Era cresciuto alla Corte di Costantinopoli, imparando le arti della diplomazia e la sagacia politica dei bizantini. Teodorico morì nel 526. Nel 540 Ravenna fu occupata da Belisario e venne a far parte dell’impero bizantino. Per 200 anni fu il centro dell’amministrazione imperiale in Italia fino al 751, quando il potere passò ai Longobardi, poi ai Franchi.

Carlo Magno

Carlo Magno venne a Ravenna la prima volta nel 787 già col proposito di trasferire nella sua capitale  Aquisgrana (Aachen in tedesco), archi, capitelli, colonne, pavimenti a mosaico, marmi, per la reggia e la cattedrale in costruzione, un saccheggio che Papa Adriano gli consentì oltre che a Ravenna a Roma, Milano, Cividale e Grado. Rimase fortemente impressionato dai mosaici di San Vitale, con Giustiniano e Teodora (che a Ravenna non misero mai piede) e le loro corti, dai quali si irradiava una somma regalità che Carlo voleva  portarsi a casa.  Aveva in animo, una volta finita la costruzione della cattedrale di Aquisgrana, con la pianta ottogonale (senza precedenti in Europa) di San Vitale di Ravenna, di trasferirvi i mosaici di San Vitale. Morì prima di realizzare l’infamia. La chiesa di Aquisgrana,  nella seconda guerra mondiale, fu rasa al suolo. Fortuna ha voluto che i mosaici siano rimasti a Ravenna.

Il libro ha la nota virtù degli storici inglesi di analizzare e descrivere eventi anche complessi e confusi con sapienza narrativa e con un’enorme mole d’informazioni. La Herrin ha fatto un gran regalo alla città che dice di amare e della cui biblioteca ed archivi è entusiasta. Sarebbe bello se il libro venisse tradotto.