Recensione | Hegel visto da Kaube appare nella sua dimensione di vita vissuta

Bisogna subito dire che il libro ha una sua originalità. Non rimane nell’empireo delle idee, ma si cala nella dimensione quotidiana della vita reale. In effetti, Jürgen Kaube ne Il Mondo di Hegel delinea la parabola esistenziale di uno dei giganti della filosofia moderna: Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Nel racconto emerge come questi fosse al tempo stesso un uomo di mondo, col quale risultava piacevole discorrere, e un austero professore non disposto a facile concessioni sul piano filosofico. 

Accadde per esempio che Schleiermacher osasse affermare che oramai, nell’epoca del post-illuminismo, si era giunti ad un punto per cui la vita di tutti i giorni era talmente interessante da rendere superfluo qualsiasi anelito religioso. Hegel gli rispose che l’afflato spirituale permette di congiungersi con l’infinito ed è pertanto assurdo considerarlo inservibile nel vissuto ordinario. Sarebbe una mutilazione della coscienza. Dal che fece anche discendere l’attacco a Kant, Fichte e Jacobi perché, colpevolmente, avevano ridotto la religione a qualcosa da cogliere unicamente col cuore,  non con le mente e la ragione.

Hegel, d’altra parte, ebbe sempre qualche difficoltà espositiva. Nelle lezioni universitarie che tenne a Jena, Berlino o Bamberg il suo eloquio era solitamente complesso e sofisticato, difficile da comprendere. Il paradosso era che sulle cose semplici si arenava, mentre in quelle complesse si muoveva con scioltezza – “come fossero il suo mondo”, annota puntualmente Kaube. 

Non va trascurato un elemento curioso, ovvero la simpatia che Goethe nutriva per Hegel, tanto da essergli accanto come sprone  nella fatica di una promettente ricerca intellettuale, senza manco omettere, però, l’aspetto eminentemente pratico: grazie alle sue premure, a Bamberg Hegel ottenne uno stipendio. Fino a quel momento, il filosofo destinato a universale ammirazione era vissuto in ristrettezze economiche.

Nella Fenomenologia dello Spirito, opera di rara complessità che molti studenti ebbero modo nel secondo Novecento di “decodificare” attraverso l’analisi critica di Alexandre Kojève, Hegel arrivò alla conclusione che l’uomo è “dentro” un sistema di relazioni mistico-razionale: egli è autocoscienza e si riconosce tale insieme ad altre autocoscienze, realizzando  così“l’Io che è Noi, e il Noi che è Io”. Fenomenologia è, per Hegel, “l’illustrazione del sapere nel suo divenire”. 

Il concetto di amore costituisce l’oggetto di una progressiva armonizzazione. Inizialmente gli era sembrato “prossimo” alla ragione, poi diviene paradigma della conoscenza, poi ancora viene sostituito col concetto di “vita”, e infine fa il suo ingresso lo “spirito”. L’amore significa incontro, quello che muove dalla mancanza e porta all’unione di uomo e donna, con la centralità  della famiglia a garantire la pienezza del singolo. Hegel rimprovera chi non è sposato affermando che il matrimonio è un dovere. Tuttavia, serve anche ricordare che nella famiglia del filosofo una donna rimase nubile e un bambino fu concepito fuori dal legame matrimoniale: la sorella Christiane e il figlio illegittimo Ludwig. 

Nel complesso, il libro di Kaube illumina l’uomo Hegel che non vive nella sfera ristretta dei problemi degli specialisti, restando patrimonio esclusivo dei cultori di filosofia, ma si muove e cambia, con lo scorrere delle pagine, nel circuito della condizione umana, partecipe delle vicende del suo tempo. Hegel ci viene restituito, pertanto, in una trama di relazioni pubbliche e private, nulla togliendo al suo essere protagonista formidabile della costruzione di un sistema di pensiero che tanto ha influito sull’autocoscienza e la mentalità dell’Occidente.  

 

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