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venerdì, 16 Maggio, 2025
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Referendum e astensione: messaggi contraddittori indeboliscono la democrazia

Invitare ad andare a votare alle elezioni politiche e invitare a non farlo in certi referendum è un messaggio contradditorio. Messaggio che non contrasta la disaffezione al voto, anzi la amplifica.

«Nella storia italiana – dal dopoguerra in poi – abbiamo avuto referendum che hanno segnato passaggi chiave del nostro Paese. La scelta tra monarchia o repubblica nel 1946, il divorzio nel 1974, l’aborto nel 1978, la scala mobile nel 1986, il nucleare nel 1987. Dal 1946 ad oggi – ovvero in 79 anni – abbiamo avuto ben 78 referendum: troppi. Una media di un referendum all’anno. Un uso troppo frequente del referendum ne ha diminuito, nell’immaginario collettivo, valore ed importanza.

In ogni caso domenica 8 e lunedì 9 giugno andrò a votare per i referendum. Lo farò con convinzione perché credo che il voto sia sempre l’esercizio più nobile della democrazia.

La gran parte delle forze politiche contrarie ai quesiti referendari ha già annunciato la scelta dell’astensione per impedire il raggiungimento del quorum e per far fallire di conseguenza i referendum. Scelta legittima – come disse a suo tempo anche il presidente emerito Giorgio Napolitano – che però non condivido per almeno tre motivi.

Il primo è di “rispetto dello spirito costituzionale”. Chi invita all’astensione per far fallire il quorum utilizza un meccanismo previsto dalla Costituzione contro il suo stesso spirito. Il quorum dovrebbe essere uno stimolo alla partecipazione ampia, non uno strumento per impedire la decisione. 

Il secondo è di “coraggio politico”. In ogni referendum, come in ogni elezione, ci sono percentuali sempre più numerose di persone che scelgono di non votare. Persone che sono di fatto “neutrali” circa il quesito referendario. Poi ci sono i favorevoli e i contrari. Per la presenza del quorum, i contrari – decidendo di astenersi – stanno di fatto alleandosi con i neutrali “a loro insaputa” pur di vincere. È un modo di affermarsi corretto sul piano formale, ma opportunistico sul piano sostanziale.

Il terzo è di “legittimazione indiretta del non voto”. Alle elezioni politiche nazionali del 1953 votò il 94% degli aventi diritto, nel 2022 il 64%. Ovvero un 30% in meno. Alle ultime elezioni regionali del Friuli Venezia Giulia nel 2023 ha partecipato il 45%. Viviamo una crisi della partecipazione democratica grave, la fiducia nelle istituzioni si è ridotta e sempre più cittadini scelgono l’astensione. Invitare ad andare a votare alle elezioni politiche e invitare a non farlo in certi referendum è un messaggio contradditorio. Messaggio che non contrasta la disaffezione al voto, anzi la amplifica. E in ultima analisi legittima anche indirettamente chi ha deciso di disertare permanentemente le urne.

Concludo con una considerazione. Nella nostra Regione si è recentemente deciso di abbassare il quorum dal 50% al 40% per l’elezione al primo turno dei sindaci. E il governo nazionale vuole estendere questa legge regionale a tutto il paese. Anziché interrogarsi sulle cause profonde dell’astensione e tentare di contrastarla, la si insegue abbassando i quorum e legittimando che una minoranza di cittadini sia sufficiente per eleggere il sindaco. Ma seguire la corrente spesso non affronta la causa del problema. Come recitano i saggi: “Se si vuole arrivare alla fonte bisogna nuotare controcorrente”.

 

Alberto Felice De Toni
Sindaco di Udine