La giustizia non si usa come strumento
Circa la riforma della giustizia e il finto garantismo, voterò con convinzione NO al Referendum. Parliamo di una riforma meramente strumentale, che non risolve il bisogno di efficienza, di celerità, non risolve i reali problemi della giustizia in Italia. Piuttosto, appare lampante che si parli di miopia politica, incapace di avvedersi che è la visione della Giustizia a dover essere riportata al centro dell’attenzione, al cuore della sua essenza, il che non induce a perorare riforme atte a separare e, soprattutto, a confondere.
“Dare a ciascuno il suo”: la lezione di Tommaso d’Aquino
Tommaso d’Aquino insegna che compito primo della Giustizia è ordinare l’uomo nei rapporti verso gli altri, e definisce la virtù della giustizia: “Abito per cui l’uomo è inclinato a dare a ciascuno il suo” (S. Th., II-II, q. 58, a.1). Dare a ciascuno il suo significa non danneggiare gli altri: un criterio semplice, di reciprocità, principio etico e giuridico fondamentale.
La giustizia è virtus ad alterum: riguarda le relazioni. Separare ciò che è un corpo unico, confondere ciò che deve essere chiaro, significa avvicinarsi all’illegalità. Senza verità, ammonisce Tommaso, anche il diritto diventa privo di moralità.
Perché il NO è un atto di responsabilità
Rifiutare di aderire alla manifesta ingiustizia, dire NO, diventa fulcro di liberazione. Il referendum propone una riforma che non affronta alcun problema reale: dopo la riforma Cartabia solo l’1% dei magistrati decide il passaggio da funzioni requirenti a giudicanti. Si vuole far decidere su qualcosa che non esiste.
L’articolo 104 della Costituzione afferma l’autonomia della magistratura: il referendum rischia di minarla, spingendo verso una dipendenza dall’esecutivo inaccettabile in una democrazia.
Una politica miope e smemorata
La visione che ispira il referendum confonde autonomia con privilegio, indipendenza con ostacolo. È un modo di intendere la politica come potere autoreferenziale, non come servizio al bene comune.
Siamo lontani dagli stili e dai contenuti di Merlin, Anselmi, Iotti, De Gasperi, Pertini, Moro, Berlinguer, La Pira. A una classe dirigente così debole sarebbe utile studiare quegli esempi.
Quando il potere reagisce alla critica: il caso del ponte sullo Stretto
Un esempio di insofferenza verso il controllo giurisdizionale: il parere negativo della Corte dei Conti sul ponte sullo Stretto. La reazione del Governo è stata vittimista e delegittimante.
Il Governo insiste a voler spendere 13,5 miliardi per un’opera che unisce ciò che la natura non ha unito, mentre Calabria e Sicilia soffrono la mancanza di servizi essenziali.
Prima si provveda al necessario, poi si valuti il resto. È una questione di logica, di rispetto dei cittadini e di bene comune.
Una politica che torni davvero al bene comune
La politica deve tornare a occuparsi della gente, come ricordava La Pira: “Il pane, e quindi il lavoro, è sacro; la casa è sacra”.
Bene comune e armonia sociale furono i fari della Costituzione. Oggi sembrano ingombranti a molti, ma restano i criteri decisivi per giudicare ogni riforma.
Riaccendere quella luce è un dovere. Perché davvero, come si dice: il tempo è padre del Giusto e della Verità.

