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martedì, 18 Novembre, 2025
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Regione Campania, una canzone la salverà

Tra condoni, familismo e satira: la politica campana vista dal popolo che non è fesso e potrebbe trovare nella canzone l’inno più efficace della propria ribellione.

È di questi giorni la notizia che non rientri nel reato di diffamazione definire il proprio Sindaco con il nome di Cetto La Qualunque, come il noto personaggio dell’attore Antonio Albanese. Questa espressione rientra nel diritto di critica e di satira e non altro. La Quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso a tale appellativo per iniziativa di un abitante del comune di Barete, contro il primo cittadino Leonardo Gattuso, non ha configurato alcuna forma di denigrazione.

Ed ecco il condono edilizio

La competizione elettorale nella regione Campania ha finalmente un punto all’ordine del giorno che è quello del recupero di un condono edilizio del 2003 che al tempo fu scartato della presidenza Bassolino ad eventuale beneficio del suo territorio. Finalmente c’è un tema che è motivo di dibattito utile a far distrarre il popolo da tutte le contraddizioni di alleanze di partiti, ora a sostegno di Fico, fino a pochi giorni fa in odio tra loro. Anche sul fronte opposto non c’è da volare alto visto i cambi di casacca utili a rinforzare quelle fila.

Familismo e farsa

Sia di qua che di là, in entrambe le schiere, per la maggior parte si è di fronte ad un modesto tenore dei candidati in campo con non pochi casi di familismo congenito. Tengo famiglia è l’ispirazione a cui obbedire, lo spirito di servizio alla comunità gioca molto nelle retrovie, mantenendo peraltro quella posizione anche con grande affanno. L’impressione che si ha è di essere oltre la farsa e il paradosso, manca a tal proposito una parola adatta per descrivere la situazione. Ci penserà l’accademia della Crusca per coniarla appositamente.

La politica che non crede più al popolo

Cantava Celentano: “Si è spento il sole, chi la spento sei tu”, così verrebbe da pensare ad una politica che si è ormai estinta in una regione che ha dato natali celebri a protagonisti della materia assai più robusti e rappresentativi di quelli ora a contendersi la pagnotta. Stagioni che non tornano. Si crede di poter prendere impunemente in giro il popolo che nulla comprende delle dinamiche politiche ed a cui spetta solo sottomettersi allo stato di fatto e non intromettersi in faccende che non gli competono. Sarà bene verificare il grado di astensione alle urne. Semmai fosse un dato significativo si farà per un paio di minuti autocritica e si andrà avanti come nulla fosse, come sempre.

Possibile inno dei campani

I Napoletani non sono fessi, scrive Marcello Veneziani. Nella terra della canzone per eccellenza può darsi però che il popolo si ribelli e rimetta in voga un motivetto di Caterina Caselli a titolo “Sole spento” il cui testo recita: “Io credo a quello che vedo e vedo scuro intorno a me, il bianco è bianco, il nero è nero, nessuno m’imbroglia più. Io credo a quello che vedo e vedo il bianco negli occhi miei, nemmeno una voce, nemmeno una luce, il sole non vive più”.

Sarebbe magnifico se per le strade, sotto la sede dei partiti, ad ogni comizio ed assemblea di candidati, intenti a propagandare il proprio voto, lo si cantasse con la stessa foga e impeto di “Maradona è meglio ‘e Pelè…”.  Sarebbe una piacevole sorpresa se gli influencers del web raccogliessero questa provocazione per diffonderla come si deve, un ironico passaparola da far saltare un banco male apparecchiato. Sarebbe fico direbbe qualcuno. Sarebbe sublime se diventasse il nuovo inno dei Campani, il solo modo per far risorgere ”qualunquemente” un sole ormai appassito ed un Vesuvio ora più che mai a corto di fiato e di fumo.