Resilienza e speranza. Il discorso del card. Pietro Parolin alla 76ª Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Pubblichiamo nella traduzione proposta dall’Osservatore Romano lintervento intitolato: «Building resilience through hope: to recover from covid – 19, rebuild sustainably, respond to the needs of the planet, respect the rights of people, and revitalize the United Nations»che il cardinale segretario di Stato, capo della delegazione della Santa Sede, ha pronunciato nel corso della settantaseiesima sessione dellAssemblea generale delle Nazioni Unite.

 

(Redazione)

 

Signor Presidente,

 

Sono lieto di trasmettere a lei e a tutti i rappresentanti delle nazioni i cordiali saluti di Papa Francesco.

 

Nella sua Lettera enciclica Fratelli tutti sulla fraternità e l’amicizia sociale, Papa Francesco ha esaminato le numerose sfide che la comunità internazionale deve affrontare, come la guerra e il conflitto, il maltrattamento e la violenza, la fame e la povertà, l’inuguaglianza e l’emarginazione, l’individualismo e la diffidenza, l’estremismo e la polarizzazione, gli attacchi alla dignità umana, la pandemia del covid-19 e le minacce all’ambiente, tra le altre “ombre”. Per rispondere in modo efficace a queste difficoltà, dobbiamo affrontarle con una rinnovata “speranza” basata sugli abbondanti “semi di bene” nella nostra famiglia umana, come quelli eroicamente seminati in risposta alle dimensioni medica, sociale, economica e spirituale della pandemia. Tali azioni rivelano, ha detto il Papa, che la medicina di cui ha bisogno il mondo non è «l’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi», ma piuttosto la vicinanza fraterna e la speranza radicata «nelle riserve di bene che ci sono nel cuore della gente» (Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, nn. 30, 54, 55, 196).

 

Il tema del presente Dibattito Generale, «Costruire la resilienza attraverso la speranza», focalizza la nostra attenzione sulla fondamentale importanza della speranza nelle cose umane. La speranza è diversa dall’ottimismo, che è un’attesa che le cose si risolvano bene, o l’idea che in qualche modo la storia inevitabilmente evolverà seguendo una traiettoria ascendente. Sappiamo invece che le nostre conquiste non sono inattaccabili: il mantenimento della pace, la protezione e promozione dei diritti umani, il progresso dello sviluppo umano integrale, la cura per la nostra casa comune non devono mai essere dati per scontati, bensì cercati e protetti da ogni generazione.

 

Mentre sorgono nuove crisi e altre persistono, abbiamo bisogno di speranza per perseverare nel farvi fronte. La speranza ci mantiene motivati quando problemi e disaccordi appaiono irrisolvibili, facilita il perdono, nella consapevolezza che attraverso la riconciliazione vi può essere un futuro migliore. Incoraggia la resilienza e ci ispira a lavorare duramente anche quando potremmo non riuscire a vedere i risultati nel corso della nostra vita.

 

Per noi cristiani la speranza è il dono più divino che possa esistere nel cuore degli uomini (cfr. Udienza generale, 27 settembre 2017). Vede e ama quel che sarà, nel futuro del tempo e dell’eternità (cfr. Charles Peguy, Il portico del mistero della seconda virtù): la speranza «è attesa, attesa fervente, appassionata del compimento ultimo e definitivo di un mistero, il mistero dell’amore di Dio» (Udienza generale, 15 ottobre 2014).

 

Riprendersi dal covid-19

 

Signor Presidente,

 

Lo scorso anno, nel suo discorso all’Assemblea Generale Papa Francesco ha dichiarato che «da una crisi non si esce uguali: o ne usciamo migliori o peggiori» (Papa Francesco, Videomessaggio in occasione della 75ª Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 25 settembre 2020). Per uscire migliori dalla pandemia del covid-19 dobbiamo costruire su un rinnovato senso di solidarietà fraterna. La pandemia ci ha insegnato quanto è interconnesso il nostro mondo, come ogni Stato ha le sue vulnerabilità e che nessuno Stato è in grado di risolvere la crisi da solo.

 

La resilienza esige che la comunità internazionale traduca in azione gli impegni espressi durante la Sessione Speciale dell’Assemblea Generale sul covid-19 lo scorso dicembre. Dobbiamo lavorare insieme per porre rimedio alla situazione di quanti sono nella “marginalità farmaceutica” (Papa Francesco, Discorso ai membri della Fondazione “Banco Farmaceutico”, 19 settembre 2020) e per alleviare le inutili sofferenze e la morte che loro e tantissimi altri sono costretti e continuano a sopportare. Ciò vale in modo particolare per quanto riguarda i vaccini, che devono essere disponibili per tutti, specialmente nelle zone di conflitto e negli scenari umanitari (cfr. Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2565 [2021]).

 

La resilienza esige una rinnovata analisi di come i sistemi di assistenza sanitaria sono stati largamente sopraffatti dalla pandemia e hanno lasciato tante persone con un’assistenza insufficiente o del tutto assente. Ancora oggi molti non hanno accesso ai test, alle cure di base o ai vaccini, o perfino all’infrastruttura energetica che renderebbe possibile tale assistenza. La resilienza esige una analisi della fragilità e delle mancanze dei nostri sistemi economici, che hanno lasciato indietro molti come effetto della grave crisi economica, e reso i poveri ancora più vulnerabili.

 

Infine, la resilienza richiede perseveranza nella lotta contro la corruzione, poiché il male della corruzione è emerso in modo particolare tra i fallimenti politici e nella distribuzione durante la pandemia.

 

Ricostruire in modo sostenibile

 

Signor Presidente,

 

La pandemia ha avuto un impatto negativo sui programmi e le attività di sviluppo, come anche sull’implementazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Cinque anni di progressi sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile hanno subito un arresto e, in alcuni casi addirittura una inversione, a causa del virus e le sue conseguenze. Rendere lo sviluppo sostenibile una realtà entro il 2030, cosa che due anni fa sembrava una lotta in salita senza alcuna certezza di successo, è ora diventato una sfida talmente spaventosa da richiedere sforzi immensi.

Per ricostruire in modo sostenibile, dobbiamo ripensare il rapporto tra gli individui e l’economia e assicurare che sia i modelli economici sia i programmi di sviluppo rimangano al servizio degli uomini e delle donne, specialmente di quelli ai margini della società, invece di sfruttare sia le persone sia le risorse naturali (cfr. Papa Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 febbraio 2021). Lo sviluppo sostenibile, se è davvero al servizio della persona umana, deve includere i poveri con i loro doni e la loro creatività quali agenti del loro proprio sviluppo integrale. Dobbiamo liberare la promessa e la speranza che incarnano, per il bene loro e per il bene dell’intera comunità umana (cfr. Papa Francesco, Fratelli tutti, n. 228).

 

Rispondere ai bisogni del pianeta

 

Signor Presidente,

 

L’imminente Cop26 (26ª Sessione delle Parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici [U NFCCC ]) a Glasgow è un’importante opportunità di resilienza, poiché la comunità internazionale ha l’occasione di impegnarsi nuovamente nella protezione della nostra casa comune. Siamo costretti a rafforzare la nostra ambizione, poiché attualmente stiamo sperimentando gli effetti di decenni di inattività in termini di inondazioni estreme, siccità, incendi boschivi, scioglimento dei ghiacciai, riduzione delle coste, malnutrizione e malattie respiratorie che l’aumento delle temperature sta facendo precipitare. Siamo già ben oltre il tempo di agire. I tragici disastri naturali che hanno colpito i nostri fratelli e le nostre sorelle ad Haiti, un popolo che già soffre a causa di sfide politiche e umanitarie, è una chiara esortazione alla comunità internazionale a lavorare insieme in solidarietà per uno sviluppo duraturo e sostenibile del quale la gente di Haiti può essere la principale protagonista.

 

La recente attenzione per l’ambiente ha generato grandi progressi nella tecnologia, permettendoci di provvedere ai nostri bisogni in modo sostenibile. La creatività umana e l’innovazione nel migliorare l’efficienza e ridurre i costi dell’energia pulita stanno rendendo più facile le scelte attente all’ambiente da parte dei governi e degli individui. Tali innovazioni, oltre a spronare una analoga creatività imprenditoriale, ispirano anche speranza.

 

Rispettare i diritti delle persone

 

Signor Presidente,

La speranza troppo spesso viene negata e resta sfuggente per tanti uomini e donne, ragazzi e ragazze, a causa di un’altra minaccia creata dall’uomo alla nostra comune esistenza, ovvero la guerra, il conflitto e il possesso e l’uso di armi di distruzione di massa. Il flagello della guerra porta morte e distruzione, danneggia l’ambiente, devasta comunità e quindi spesso intrappola regioni e Paesi in spirali discendenti. Purtroppo, continuiamo ad assistere al terribile impatto delle crisi e dei conflitti in tutto il mondo. La recente aggravata situazione umanitaria in Afghanistan e le persistenti tensioni politiche in Siria e in Libano, come anche altrove, sono un duro promemoria dell’impatto che i conflitti hanno sui popoli e le nazioni. La Santa Sede esorta gli Stati ad ascoltare l’appello del Segretario Generale e di Papa Francesco per un cessate il fuoco globale e una responsabilità umanitaria condivisa.

 

Il danno alle persone e al nostro pianeta è particolare motivo di preoccupazione per quanto riguarda le armi nucleari e quelle biologiche e chimiche. La minaccia delle armi nucleari, detenute a guisa di deterrenza nucleare, crea un ethos di paura basata sull’annientamento reciproco e avvelena i rapporti tra popoli, intralcia il dialogo e mina la speranza. Le questioni umanitarie e di sicurezza esigono che poniamo fine alla corsa alle armi nucleari e intraprendiamo misure efficaci verso il disarmo nucleare, la non proliferazione e la proibizione. L’entrata in vigore, lo scorso gennaio, del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (T PNW ) è un importante passo avanti. È ferma speranza della Santa Sede che ciò favorisca anche un progresso nell’implementazione del Trattato di non proliferazione nucleare (N PT ), la cui Conferenza di revisione è prevista il prossimo gennaio.

 

Signor Presidente,

Papa Francesco considera uno dei più grandi motivi di preoccupazione nel mondo attuale la “crisi dei rapporti umani” che scaturisce da uno stile di vita dominato dall’egoismo e dalla cultura dello scarto, dove i valori umani e la correlata dignità trascendente della persona spesso vengono calpestati (Papa Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 febbraio 2021). Questa “crisi antropologica” non è una disputa filosofica o accademica, bensì una crisi con conseguenze concrete enormi per i diritti umani.

 

Le nostre società sono oggi teatro di molte ingiustizie, dove esseri umani vengono maltrattati, sfruttati, ignorati, uccisi o lasciati a languire in emergenze umanitarie. Donne e ragazze, persone di origini indigene, razziali, etniche e linguistiche differenti, sperimentano violenza e oppressione o sono ridotte a cittadini di second’ordine. Fin troppo spesso il diritto umanitario viene inteso come una raccomandazione piuttosto che un obbligo da attori sia statali sia non statali. Rifugiati, migranti e persone internamente dislocate vengono sempre più lasciate nel limbo o perfino lasciate ad affogare, sgradite e incapaci di trovare una nuova casa per far crescere la loro famiglia in dignità, pace e sicurezza. I credenti religiosi subiscono molestie, persecuzione, morte e perfino genocidio per la loro fede. Gli anziani e le persone con disabilità vengono accantonate, specialmente quando sono fragili o ritenute un peso. Bambini innocenti vengono considerati un problema, scartati dalla società ancor prima di essere nati o di avere l’opportunità di dare il loro contributo unico al mondo. La famiglia, che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce come «il nucleo naturale e fondamentale della società» (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art. 16.3) viene distorta.

 

Ciò appare evidente anche nelle interpretazioni innovative di diritti umani esistenti, scissi dai valori universali che sono alla loro base. Spesso, “nuovi diritti” non solo contraddicono i valori che dovrebbero supportare, ma vengono imposti malgrado l’assenza di qualsiasi fondamento oggettivo o consenso internazionale (cfr. arcivescovo Paul Richard Gallagher, Dichiarazione durante la 46ª Sessione del Consiglio per i Diritti Umani, 23 febbraio 2021). La Santa Sede ritiene che, mentre privano i diritti umani della loro originale dimensione universale, queste nuove interpretazioni parziali purtroppo diventano il riferimento ideologico di un falso “progresso” e un ulteriore terreno di polarizzazione e divisione. Purtroppo, ci confrontiamo con questo nella costante ricerca di introdurre nuove agende controverse che spingono i processi delle Nazioni Unite in senso contrario ai mandati specifici degli organismi.

 

In un tempo in cui molti diritti umani universali continuano a essere violati impunemente, questi tentativi di fatto confondono, distraggono dall’implementazione delle convenzioni sui diritti umani e ostacolano l’attenzione e l’energia che la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali e della dignità meritano. Dobbiamo costruire la resilienza attraverso la speranza e il consenso in questa nobile istituzione, mentre difendiamo i diritti umani e le libertà fondamentali, tra cui anche il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, coscienza e religione e alla libertà di opinione e di espressione, e non minarli (cfr. Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, artt. 3, 18 e 19).

 

Rinvigorire le Nazioni Unite

 

Signor Presidente,

 

Per favorire la resilienza necessaria ad aiutare il mondo a emergere migliore dalle diverse crisi che affrontiamo, le Nazioni Unite devono essere costantemente rinnovate attraverso il ritorno con maggiore fedeltà e risolutezza ai principi e agli obiettivi centrali racchiusi nella loro Carta. Un rinvigorimento autentico non significa solo rendere più efficienti le strutture e i meccanismi, ma anche assicurare che l’istituzione sia all’altezza dei suoi fini veri e comunemente decisi invece di diventare uno strumento dei potenti. Alle carenze strutturali esistenti non si può porre rimedio con soluzioni fiacche o con veloci correzioni; esse esigono invece un impegno in quella che Papa Francesco definisce una “sana politica” (Papa Francesco, Fratelli tutti, nn. 177, 179).

 

L’esigenza di una sana politica, basata sulla ricerca del bene comune e della verità universale, è particolarmente importante nel Consiglio di Sicurezza, i cui membri sono chiamati a essere i primi artigiani di pace nel mondo, rinnovando costantemente il loro impegno a porre la pace internazionale e lo stato di diritto al di sopra degli interessi nazionali e delle ideologie di parte (cfr. Papa Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 7 gennaio 2019). Fin troppo spesso questi ultimi portano inevitabilmente allo stallo, mentre i più poveri e vulnerabili, che guardano al Consiglio per ricevere segni di speranza, continuano a soffrire, spinti in una disperazione più profonda. Per rinvigorire le Nazioni Unite occorre anche valutare se la struttura concepita nel 1945 continua ad essere adeguata per il 2021, nonché riconoscere che da quegli Stati a cui è stato dato di più ci si aspetta di più, specialmente per quanto riguarda la responsabilità per il bene comune.

 

Oltre agli aspetti strutturali del rinvigorimento, occorre prestare una maggiore attenzione alla promozione e alla salvaguardia dei mandati degli organismi e dei fori delle Nazioni Unite. La Santa Sede guarda con preoccupazione alla spinta di alcuni per eliminare l’utile divisione del lavoro tra Comitati, commissioni, incontri e processi, trasformandoli tutti in organismi che si concentrano su un numero limitato di questioni controverse. Inoltre, va salvaguardato il principio del consenso. Un passo comune nella giusta direzione è preferibile a tanti passi in direzioni diverse.

 

Per aiutare a costruire la resilienza attraverso la speranza, le Nazioni Unite devono guidare con il loro esempio, e gli Stati, gli organismi e il personale che costituiscono l’Organizzazione hanno tutti un ruolo fondamentale nel contribuire a dare questo esempio. La Santa Sede è fortemente impegnata a fare la sua parte.

 

Conclusione

 

In conclusione, Signor Presidente, recuperare, ricostruire, rispondere, rispettare e rinvigorire implica una riscoperta della resilienza attraverso una speranza saldamente radicata.

Sono molti i segni di speranza, anche nelle nostre società stanche. Essere costruttori di pace nelle nostre società significa trovare questi semi e germogli di fraternità. «Il Dio dell’alleanza ci chiede di non cedere alle logiche dell’isolamento e degli interessi di parte. Non desidera alleanze con qualcuno a discapito di altri, ma persone e comunità che siano ponti di comunione con tutti» (Papa Francesco, Incontro con i rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e alcune Comunità ebraiche dell’Ungheria, 12 settembre 2021). Guardiamo gli occhi dei migranti e dei rifugiati: sono pieni di sofferenza e di speranza. Lavoriamo insieme per dare loro un futuro per crescere in pace.

 

A marzo, mentre gli effetti della pandemia erano ancora molto sentiti, Papa Francesco si è recato in Iraq per incoraggiare il popolo iracheno nel cercare di offrire al mondo un esempio di resilienza attraverso la speranza.

 

Visitando il luogo in cui è nato Abramo, al quale ebrei, cristiani e musulmani guardano tutti come loro padre nella fede, il Papa ha ricordato l’immagine di un mare agitato dalla tempesta per descrivere che cosa implica la costruzione di una cultura di pace.

«Essa chiede — ha detto —, soprattutto nella tempesta, di remare insieme» e che nessuno «pensi avidamente ai propri affari». Ha poi proseguito: «Non ci sarà pace finché gli altri saranno un loro e non un noi. Non ci sarà pace finché le alleanze saranno contro qualcuno, perché le alleanze degli uni contro gli altri aumentano solo le divisioni. La pace non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità» (Papa Francesco, Incontro interreligioso presso la Piana di Ur, 6 marzo 2021).

 

È questa la via della speranza, che tutti noi dovremmo percorrere in questa Organizzazione.

 

Grazie, Signor Presidente.