Rete Bianca, quale proposta?

Il primo passaggio da non saltare è la costruzione di una condivisione politico-programmatica, che non può essere data per scontata o limitarsi a profili di carattere generale.

Impossibilitato a partecipare all’incontro di Rete Bianca, in programma a Roma (Palazzo della Cooperazione, Via Torino 146,  lunedì 22 luglio, con inizio alle ore 15.00), l’ex Ministro della Salute ha voluto consegnare questa sui contributo scritto, che volentieri pubblichiamo.

Ringrazio i promotori per l’invito a prendere la parola quest’oggi e per la cortesia di accogliere un breve testo scritto, nell’impossibilità da parte mia di posticipare un impegno universitario all’estero che inizia proprio oggi e che era fissato da molti mesi. 

Ci riunisce qui una duplice consapevolezza: in primo luogo, che il concorso da parte nostra, cioè da parte dell’ispirazione cattolico-democratico, alla determinazione della politica nazionale non è mai stato così modesto nell’esperienza repubblicana; in secondo luogo, che di questo concorso c’è bisogno oggi più che mai, per contrastare derive autoritarie e disgregazione civile. 

Avvertiamo tutti l’importanza di collegarci e coordinarci. Sta altresì crescendo la consapevolezza di dovere evitare tentazioni di primogeniture e di posizionamenti, comportamenti che appartengono a epoche e contesti ormai lontani. E altresì di dovere evitare nostalgismi, in parte comprensibili almeno per i meno giovani tra noi e che tuttavia sono da rifuggire con decisione, salvo decidere di dare vita non a un movimento politico, ma a circoli storico-culturali, sempre utili, ma che non risponderebbero all’esigenza di un concorso diretto e forte alla vita politica. 

Tra i nostalgismi, includo anche le ricorrenti discussioni sull’introvabile centro politico, sul suo essere luogo di moderazione e non di moderatismo, sulla sua strutturale non confessionalità e apertura a idealità diverse. Discussioni – che forse sarebbe meglio chiamare disquisizioni – che testimoniano certo il nostro attaccamento a una storia, ai suoi simboli e ai suoi personaggi, ma che presuppongono un contesto assai diverso rispetto all’attuale e altresì un radicamento e un’attitudine popolare profondamente differenti da quelli odierni: un’ispirazione politica caratterizzata dalla valorizzazione dei corpi intermedi non può avere il medesimo impatto in un contesto nel quale questi ultimi si sono profondamente indeboliti e trasformati, anche in ragione di un deliberato attacco concentrico nei loro confronti. 

Non voglio dire che non vi sia un problema di posizionamento politico o che l’antico asse destra- sinistra abbia del tutto perduto interesse. 

La destra continua a esserci, a livello italiano e a livello internazionale, nella sua ormai prevalente declinazione estremista, populista e arrogante che coniuga l’attaccamento a un modello di sviluppo economico arcaico e pericoloso (basti pensare alle sue conseguenze, sistematicamente sottovalutate, in tema di emergenza ambientale) con una prassi politica e un linguaggio che mette al centro la costruzione di un nemico e la creazione di un fittizio e strumentale richiamo identitario. Oggi il nemico sembra essere prevalentemente il migrante, ma non è difficile scorgere, neanche tanto in filigrana, che il vero nemico di questa destra internazionale e interna è il Vescovo di Roma. E dunque anche noi, nella misura in cui proprio la nostra storia ci porta naturalmente a privilegiare, pur nell’autonomia delle scelte politiche, quei principi e quei sentimenti che questo pontificato ha rimesso all’attenzione di tutti. 

Quanto all’offerta politica attuale nel nostro Paese, diversa da quella appena ricordata, la sensazione largamente dominante in noi (ed è questa sensazione che ha dato al centenario dell’appello sturziano una connotazione non soltanto simbolica) è quella della sua inadeguatezza. 

La costruzione di un movimento politico che voglia colmare tale inadeguatezza dovrebbe tuttavia tenere in attenta considerazione il contesto appena sintetizzato, e dunque evitare di saltare qualche passaggio. 

Il primo passaggio da non saltare è la costruzione di una condivisione politico-programmatica, che non può essere data per scontata o limitarsi a profili di carattere generale. Nel grande cambiamento che attraversiamo, vi sono evidenze che hanno cessato di essere tali e che dunque vanno rideclinate, vi sono sentieri inediti da percorrere, vi sono pratiche sociali da attivare. 

Per brevità (e non certo perché lo voglia portare a modello!) faccio un cenno all’itinerario che, dallo scorso gennaio abbiamo avviato ad Alessandria e provincia, dando vita a un percorso chiamato Impegno 

Liberi e Forti, che ha visto convenire persone provenienti da diversi centri della provincia e che ha individuato come primo tema di proposta politica quello dell’immigrazione. Utilizzando principi e strumenti di democrazia deliberativa, il percorso si è snodato attraverso molteplici momenti sfociati poi in una proposta che è stata in un primo momento rappresentata all’autorità prefettizia locale e che sarà oggetto di diffusione e di condivisione nei prossimi mesi, concernete: 1) le attività di integrazione dei migranti in corso nella provincia, 2) le iniziative di cooperazione internazionale attivate da realtà territoriali, 3) la comunicazione del fenomeno offerta dai media locali. 

Fulcro della proposta è il cosiddetto “punto a punto”, che mette in collegamento i migranti presenti sul territorio con il loro territorio di origine, e che dunque tiene insieme integrazione e cooperazione, attribuendo realmente un ruolo attivo alle comunità locali e uscendo dalla logica del “piccolo aiuto”, che rischia di avere uno scarso impatto e non attivare realmente progetti virtuosi di sviluppo. Alla prefettura si chiede di promuovere sedi stabili di coordinamento e confronto tra istituzioni, operatori, associazioni impegnate nel sistema dell’accoglienza dei migranti sul territorio, anche attraverso la riattivazione in forma allargata del Consiglio territoriale per l’immigrazione, quale sede per ridisegnare una geografia dei soggetti impegnati nel settore e per favorirne l’interazione, nel rispetto e nella distinzione dei ruoli. 

Ambiente, lavoro, rapporto con l’Europa e cambiamenti istituzionali saranno i temi oggetto di proposta nei prossimi mesi, con metodi analoghi a quelli sperimentati sul tema dei migranti. 

Collegare e coordinare quanto si sta facendo in tanti luoghi d’Italia secondo intenzioni e approcci non dissimili da quello ora brevemente evocato è allora uno dei nostri obiettivi prioritari. Prima di organigrammi, posizionamenti e alleanze sta la condivisione di alcune risposte politiche alle paure e alle domande dei nostri concittadini.