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domenica, Marzo 16, 2025
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Rete di Trieste, la parola dei giovani è la novità più importante.

Il loro invito è chiaro: non vogliono più restare ai margini di un dibattito dominato dagli adulti, che ormai evitano il salto, rimanendo saldamente ancorati a un terreno politico che considerano di loro esclusiva proprietà.

Si è concluso nella tarda mattinata di oggi l’incontro promosso dalla “Rete di Trieste” tra amministratori di enti locali che si riconoscono nei valori e nei principi del mondo cattolico.

Mentre sui media si possono trovare commenti sui promotori e sugli ospiti più noti, tutti già impegnati in politica, si rischia di trascurare un aspetto fondamentale di questo evento molto atteso: lo spazio dedicato ai giovani.

Un’ora di interventi di sei under 30 ha rappresentato la vera novità. Per una volta, sono stati loro a parlare e noi adulti, sia anagraficamente che politicamente, siamo stati chiamati ad ascoltare. E proprio l’ascolto è la prima richiesta emersa: essere ascoltati davvero e non solo “sentiti”, cioè non ridotti a un rumore di fondo che accompagna i discorsi degli adulti.

A questa richiesta di ascolto si affianca il bisogno di essere visti. Visti nella loro gioventù, nel loro essere giovani adesso, non come proiezione di adulti in divenire. Perché, ammettiamolo, spesso dimentichiamo di essere stati giovani e di cosa significasse esserlo. Di cosa volesse dire sognare, crederci e poi fare. Parole che non solo abbiamo dimenticato, ma di cui abbiamo perso anche l’ordine di successione, quell’ordine che può generare un “pensiero fecondo”.

I riferimenti ai valori cattolici non sono mancati. Tra tutti, particolarmente significativo è stato il richiamo alla Prima Lettera a Timoteo (4,12): “Nessuno disprezzi la tua gioventù”. Un monito che ha un valore profondo anche in politica. L’esperienza è considerata una delle doti fondamentali di un politico, ma essa stessa nasce solo se un giovane ha la possibilità di fare esperienza.

Negli ultimi decenni, l’abbandono e il disinteresse dei giovani verso la politica affondano le radici anche nell’impossibilità di partecipare realmente, perché chi occupa la scena politica, ormai ampiamente maturo, non lascia spazio. La loro esperienza diventa così anacronistica, non più in grado di interpretare il presente. Di questo noi adulti dobbiamo prendere coscienza e lasciare il passo, permettendo ai giovani di sognare e disegnare il proprio futuro.

I giovani lavorano per connessioni e condivisioni, privilegiando modelli partecipativi che risultano estranei all’attuale classe politica, spesso legata alla figura del leader solitario, visto come salvatore della collettività. Un modello che, paradossalmente, deresponsabilizza proprio quella collettività che lo ha eletto.

Al contrario, i giovani propongono un paradigma partecipativo e collettivo, se solo questa parola potesse essere liberata dai pregiudizi ideologici. Una metafora efficace, applaudita durante l’incontro, è venuta dal mondo del paracadutismo: “Ci si butta da soli, ma si atterra insieme”. Anche in politica, l’individualità dell’azione si completa solo nella condivisione del risultato.

L’invito dei giovani è chiaro: non vogliono più restare ai margini di un dibattito dominato dagli adulti, che ormai evitano il salto, rimanendo saldamente ancorati a un terreno politico che considerano di loro esclusiva proprietà.

Un altro concetto forte, ripreso dall’Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco, è quello di fraternità. I giovani sentono di far parte di una comunità umana globale, abitano lo stesso pianeta e vedono il mondo come uno spazio condiviso, a differenza degli adulti che si percepiscono come appartenenti a popoli separati, ciascuno intento a difendere la propria cultura e i propri confini.

Sono due visioni antitetiche che proiettano scenari diversi per il futuro: da una parte l’individualismo dei singoli popoli, dall’altra la comunità umana. I giovani scelgono la comunità e le connessioni. E qui emerge un paradosso interessante: proprio quelle connessioni tecnologiche che gli adulti hanno spesso demonizzato (ma anche favorito, regalando loro smartphone e tablet) si sono trasformate in connessioni umane, in un senso di fratellanza globale.

Un effetto inatteso, su cui riflettere.