Quando si debbono ricordare gli amici, che improvvisamente ci lasciano, è difficile pensare e riflettere perché i sentimenti di commozione turbano lo stato d’animo dell’uomo. Le brutte notizie ci richiamano, nostro malgrado, a una realtà quotidiana nella quale siamo tutti pellegrini, con le nostre certezze e le nostre fragilità. La scomparsa di Franco Marini, avvenuta a Villa Mafalda a Roma, il 9 febbraio scorso, è prima di tutto la perdita di un grande amico, con il quale abbiamo condiviso un percorso per tanti decenni, con gli stessi ideali e con l’impegno sindacale e politico, prima nella Cisl e poi nella Democrazia Cristiana, fino al Partito Democratico (passando dopo lo scioglimento della DC attraverso il Partito Popolare e la Margherita).
Franco Marini ha dedicato il suo impegno sociale dall’inizio degli anni sessanta alla Cisl, fondata da Pastore e Storti, con un incarico all’Ufficio Organizzativo Confederale, poi dirigente della categoria del sindacato parastatali (essendo dipendente della Cassa del Mezzogiorno), fino a diventare Segretario Generale della Cisl nel febbraio del 1985, succedendo a Pierre Carniti.
Anni difficili ma ricchi di battaglie ideali, basti pensare alle vicende legate all’autonomia del sindacato, con l’introduzione dell’incompatibilità fra cariche sindacali e politiche, al grande obiettivo dell’unità sindacale fra le tre Confederazioni e la nascita della Federazione Unitaria, e i forti contrasti fra organizzazioni sindacali e fra forze politiche sulla scala mobile e il conseguente referendum popolare, Queste alcune questioni che hanno caratterizzato fortemente la vita politica e sociale del nostro Paese, con il sindacato sempre protagonista e con enormi responsabilità.
L’aspetto più difficile degli anni ‘70 e degli anni ‘80, è stato certamente il terrorismo, i cosiddetti “anni di piombo”, ove il sindacato unitariamente ha rappresentato l’architrave della difesa della democrazia e delle istituzioni, che combatteva chi intendeva sovvertire l’ordinamento repubblicano del nostro Paese. Anni di paura e di tensioni, specialmente per chi rivestiva incarichi di responsabilità nel sindacato e in politica, che hanno sconvolto la nostra società, con i tanti attentati specialmente a Roma, dove vittime innocenti hanno pagato con il sangue la follia omicida dei terroristi, sia per il loro ruolo che per le loro idee.
Un esempio, fra i tanti: la morte di decine di agenti delle Forze dell’Ordine e del prof. Ezio Tarantelli, di 43 anni, assassinato delle Brigate Rosse nel parcheggio dell’Università “La Sapienza” a Roma, al termine di una lezione. Un economista di grande valore, che collaborava con impegno e dedizione con la Cisl, ucciso per la sua vicinanza al sindacato. Franco Marini ha testimoniato con forza il ruolo del dirigente sindacale sempre presente, nelle grandi occasioni e nella vita quotidiana degli organismi territoriali e categoriali, e si è speso con un grande ideale: “ La libertà come presupposto della democrazia e della giustizia. Quella vera”.
Nel mese di aprile 1991, nella formazione del VII Governo Andreotti, Franco Marini viene chiamato a ricoprire la carica di Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, e lascia la Segreteria Generale della Cisl a Sergio D’Antoni. Inizia un nuovo impegno, ma lo spirito e lo stile rimarrà quello del sindacalista, di cui era fiero. Successivamente, dal 1992 viene eletto deputato, e confermato nelle 3 legislature successive, poi europarlamentare, e senatore in 2 legislature, fino al 2013.
Nell’attività del Partito Popolare Italiano, Marini diventa Segretario nel 1997, per due anni, e nomina Vice Segretari Dario Franceschini e Enrico Letta. Nell’aprile 2006, viene eletto alla seconda carica dello Stato, Presidente del Senato, dopo tre votazioni, con un testa a testa con il senatore a vita Giulio Andreotti, sostenuto dalla Casa delle Libertà. Nel discorso d’insediamento Marini dichiara: “Sarò il presidente di tutto il Senato e in un dialogo fermo e mai abbandonato sarò il Presidente di tutti voi, con grande attenzione e rispetto per le prerogative della maggioranza e per quelle dell’opposizione come deve essere in una vera democrazia bipolare, che io credo di aver modestamente contribuito, anche con il mio apporto, a realizzare nel nostro Paese.”
Infine l’amarezza per la mancata elezione al Colle, anche se candidato del Centrosinistra e di buona parte del Centrodestra, malgrado i 521 voti alla prima votazione, Marini decise di desistere e rinunciò, stessa sorte poi per Romano Prodi, “il fuoco amico” e molte promesse non mantenute giocarono per la riconferma temporanea di Giorgio Napolitano, Presidente uscente. Tutto ciò non toglie nulla alla figura e alla testimonianza di Franco Marini, definito “un cavallo di razza”, sia come sindacalista e sia come uomo politico. Significative le parole di Sergio Mattarella, Capo dello Stato, che ha dichiarato in un messaggio alla famiglia: “Eminente esponente della Repubblica, sempre in difesa dei più deboli”.
Franco, Ti ricorderemo con stima e affetto. Riposa in pace accanto a tua cara moglie Luisa a San Pio delle Camere in Abruzzo.