Articolo già apparso ieri sulle pagine di Avvenire a firma di Nicola Graziani e Giancarlo Infante.
Caro direttore,
in poche settimane, molto è cambiato nello scenario politico italiano. Grandi novità sono emerse pure nel mondo cattolico interessato alla cosa pubblica. Parliamo di quello intenzionato a riproporre una specifica e originale partecipazione espressa sulla base del patrimonio popolare e democratico cristiano. Nel riferimento esclusivo al Pensiero sociale della Chiesa e alla Costituzione italiana vi sono le ragioni di una tradizione e di una forza che si ripropongono, nonostante la scomparsa dalla dialettica parlamentare.
Politica Insieme ha posto da qualche tempo la questione di dare vita a una presenza autonoma organizzata. Fatta di elaborazione politico-programmatica e di facce nuove. Due fondamentali questioni attorno cui la variegata presenza di politici che si dicono cattolici non è riuscita a segnare significative novità. L’attitudine alla cosiddetta ‘diaspora’ in altre formazioni politiche, infatti, sembra continuare a essere fissata nel Dna di una parte del nostro mondo. In realtà, nessuna forza politica ci rappresenta. Nessuna di essa affronta adeguatamente il problema dei mutamenti in atto. Essi vanno ben al di là di ciò che riguarda i ritardi e le disfunzioni delle istituzioni e della Giustizia, le difficoltà dell’economia reale, del lavoro e dell’occupazione, i conseguenti e crescenti divari geografici e il degrado della vita politica.
Non siamo di fronte a criticità di sola natura economica. È investita la qualità delle persone, delle famiglie, delle relazioni pubbliche e private; soprattutto, continuamente si propongono ‘questioni etiche’ che riguardano la collettività, oltre che i singoli e, quindi, capaci di assumere un forte rilievo sociale, di incidere sulla vita civile, sui costumi, le sensibilità e i rapporti interpersonali.
Ecco perché riteniamo che si debba puntare a una trasformazione radicale dell’Italia. Viviamo una situazione straordinaria e non si può pensare che il tradizionale ‘riformismo’, parola d’ordine d’obbligo degli ultimi decenni, sia in grado di contrastare e superare l’esteso degrado da cui l’Italia e gli italiani possano pensare di uscire limitandosi a un’assunzione di responsabilità ordinaria. Sono dunque le necessità del Paese a richiedere un’iniziativa da parte dei cattolici democratici e popolari. Persino dal mondo della cultura, della comunicazione e dell’economia – una parte del quale, un tempo, avremmo chiamato ‘laicista’ – viene una chiara e aperta sollecitazione in tal senso.
I movimenti e i politici d’ispirazione cristiana si sono sempre caratterizzati, infatti, per un ‘metodo’ fatto di mediazione, inclusione, coesione e convergenza. Doti che sembrano aver abbandonato una buona parte del mondo politico italiano. Queste doti dobbiamo far riemergere. L’obiettivo è quello di ricomporre il tessuto sociale; rivitalizzare le istituzioni; ridare alle amministrazioni locali quella ‘prossimità’ richiesta dai cittadini; ricongiungere attorno a una rinnovata politica industriale gli imprenditori, le Pmi e l’intero mondo del lavoro; restituire l’adeguato ruolo alle rappresentanze sociali; inserire il Paese nell’energia vitale dell’innovazione scientifica e tecnologica, che pone sì problemi, anche complessi e difficili per le conseguenze sulla persona e sulle sue relazioni, ma che l’Italia ha bisogno di fare pienamente propria per non finire ai margini dell’attuale fase del cammino umano.
Siamo consapevoli che nessuna seria politica per la natalità, per il sostegno a quel nucleo vitale costituito dalla famiglia, per i giovani, per gli anziani ancora disponibili a spendersi, per l’immigrazione è mai stata neppure avviata nel corso degli ultimi anni. Molto è dovuto anche all’incapacità di politici di estrazione cristiana di convergere su proposte valide ed efficaci. Eppure, in molte occasioni delle possibilità ci furono, ma non vennero colte. Si è preferito accettare la logica del bipolarismo e far sì che quella del partito altrui di riferimento si imponesse nonostante tutto. Da qui la progressiva irrilevanza. Da qui l’indifferenza tradottasi nel rifluire di moltissimi elettori ispirati cristianamente nel partito del ‘non voto’.
L’anno in corso si è ovviamente aperto nel segno del ricordo del centenario della nascita del Partito popolare italiano e dell’appello a tutti i ‘liberi e forti’; non solo a quanti sceglievano di essere tali sulla base di un riferimento religioso. Non sembrano sopiti, in ogni caso, i dubbi, le reticenze e la contrarietà all’idea di dare vita a una presenza autonoma e libera, tutta dispiegata all’insegna della laicità e nel rispetto dei diversi piani in cui i cristiani, parte viva della Chiesa e della società, devono operare.
La successione del voto del 4 marzo 2018 e di quello europeo dello scorso maggio, secondo molti di noi, non lasciano invece dubbi sulla necessità che nella chiarezza, nella distinzione rispetto alle forze di sinistra, nell’opposizione a una destra sovranista ed egoista, sia necessario richiamarci a un nuovo senso di dedizione al prossimo.
Politica Insieme è nata per ricercare tutte le occasioni possibili di convergenza perché il mondo cattolico, con la massima apertura e collaborazione con quello dei laici altrettanto intenzionati a trasformare l’Italia, ritrovi un impeto di coinvolgimento e di responsabilità. Non si può pensare a un partito creato dall’alto. Bisogna che il tempo lavori affinché sempre più numerosi si giunga a convincimenti comuni. Intanto, però, cronaca e storia incalzano. Siamo consapevoli, in ogni caso, che la via maestra sia quella di impegnarsi soprattutto nelle realtà locali. Là è possibile riprendere ragionamenti interrotti, riannodare fili spezzati e, così facendo, stimolare la riemersione di talenti, capacità, professionalità disponibili a mettersi al servizio dei territori e della intera comunità nazionale.
Prossime elezioni interesseranno numerose e importanti regioni. Possono costituire la prima occasione importante per mettere insieme le tante esperienze che si diffondono spontaneamente da tempo nelle realtà locali. Già si sono manifestate attraverso la presentazione di liste autonome e indipendenti nei comuni, con la creazione di gruppi e circoli di gente appassionati dalla partecipazione alla vita pubblica. Dobbiamo partire dall’impegno civico sulla base di un progetto più ampio e assumere una responsabilità di carattere e prospettiva nazionale ed europea.
In questo modo crediamo di poter costruire davvero sul piano dell’impegno politico quella ‘rete’ di cui – a livello pre-politico – ha spesso parlato il cardinal Gualtiero Bassetti. Una rete che non si limiti a collegare il solo livello di vertice di gruppi e associazioni frutto dell’esistente. Bensì a dare corso a nuove passioni, da arricchire con contenuti programmatico-politici da affidare in particolar modo a quanti sapranno dimostrare di rappresentare un’autentica novità.