L’intervento della ministra Eugenia Roccella davanti all’Unione delle comunità ebraiche ha suscitato una forte ondata di reazioni, per una frase giudicata inopportuna. Nel corso del suo discorso, la ministra avrebbe paragonato le visite ad Auschwitz a semplici “gite”, espressione che ha provocato sconcerto e indignazione. Una definizione che, seppur forse non intenzionale, risulta impropria rispetto alla gravità e al significato civile delle visite ai luoghi della Shoah.
La replica serale della ministra
Le critiche sono giunte da più parti, non solo dall’opposizione. Esponenti del mondo ebraico e figure istituzionali hanno sottolineato come la memoria dell’Olocausto non possa essere ridotta a un episodio didattico o turistico. È un’esperienza di conoscenza e coscienza, che richiede rispetto e misura, tanto più da parte di chi ricopre incarichi pubblici.
In serata, la ministra ha diffuso una nota ufficiale per chiarire il senso delle proprie parole, accusando di strumentalizzazione chi ne ha offerto una lettura distorta. Di seguito il testo integrale della replica:
“Delle mie chiarissime parole di oggi contro l’antisemitismo è stata data un’interpretazione distorta da chi è animato da cattiva coscienza e ha l’interesse a strumentalizzare per nascondere l’odio anti-ebraico che dal 7 ottobre ribolle senza freni a sinistra, o da chi non ha ascoltato direttamente il discorso. Immaginare che una persona come me, da sempre amica di Israele e degli ebrei, possa presentarsi di fronte all’Unione delle comunità ebraiche per pronunciare parole negazioniste, è ridicolo prima ancora che strumentale. Del resto, la platea che mi ascoltava ha perfettamente compreso il senso del mio discorso. In ogni caso, molto volentieri andrò in audizione sull’antisemitismo di ieri e sull’antisemitismo di oggi in Commissione Segre, dove ogni dubbio potrà essere chiarito, innanzi tutto di fronte alla senatrice Segre, certamente in buona fede e alla quale telefonerò direttamente, e anche di fronte a chi di buona fede dal 7 ottobre in poi ne ha dimostrata davvero poca.”
Un chiarimento che non dissipa le critiche
La precisazione non è bastata a placare il malumore. La correzione di tiro è evidente, ma non sufficiente a dissipare gli equivoci. In un tema così delicato, che tocca la memoria della tragedia ebraica e i valori fondanti della nostra coscienza democratica, le parole devono essere scelte con la massima cautela.
Non si può dire che le visite ad Auschwitz siano delle gite: anche solo come figura retorica, l’affermazione suona antipatica e fuori luogo e ferisce la sensibilità di chi considera quei viaggi un atto di educazione civile e di memoria collettiva.