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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Romolo Murri, il profeta di una nuova virtù civile.

«Alle esigenze di una religione libera e personale io rendo omaggio da molti anni, pagando di persona». Il tormento del fondatore della prima democrazia cristiana: aprire il messaggio cristiano alla sensibilità dei tempi moderni.

Il 12 marzo 1944, nel clima tragico dell’occupazione nazista di Roma, moriva Romolo Murri. lI 9 marzo, gravemente malato di enfisema polmonare, vergava ancora a matita, con mano incerta, alcune riflessioni sula storia d’Italia: «Il medioevo epoca di una grande fede religiosa? Per noi, epoca di una possente unità spirituale. Il rinascimento promessa riconquista di interiorità? Mirabile appello all’unità. Poi si sbarra la vita alla riforma interna; menzogna: servitù religiosa e civile. lI risorgimento voleva essere e non riuscì da essere rinascimento religioso: e intristì fatalmente. lI problema religioso-politico in Italia nell’ultimo cinquantennio: miseria, miseria. Oggi al cristiano bisogna chiedere una nuova virtù civile e alla vita civile una nuova serietà di cristianesimo vissuto». L’inedito foglietto, insieme ad alcuni altri scritti in quei giorni, è conservato nell’Archivio di Gualdo di Macerata, rifugio di Murri nei momenti più difficili della sua esistenza, luogo in cui trascorreva ogni anno nella propria casa mesi estivi di laborioso riposo, e in cui volle essere sepolto.

Murri era nato il 27 agosto 1870 a Monte San Pietrangeli. Dopo aver studiato nei seminari di Recanati e Fermo, venne inviato al Collegio Capranica di Roma per frequentare teologia presso l’Università Gregoriana, dove incontrò li primo dei due maestri da lui riconosciuti, il card. Billot. L’altro maestro, di cui sarà più tardi alievo nell’Università di Roma, era li marxista filosofo della storia Antonio Labriola. Condiscepolo al Colegio Capranica aveva Eugenio Pacelli, futuro Pio XII, al cui “giudizio decisivo” sulla propria condotta e azione Murri si rimetterà negli ultimi mesi dela sua vita. Il Papa gli farà sapere, in quei giorni di fine 1943, «di aver ancora viva l’impressione avuta allora per l’intelligenza acutissima, l’impegno nello studio, i successi in teologia e la distinta pietà di don Murri»».

Il cinquantennio di storia italiana che Murri giudica sul letto di morte con parole desolate si era aperto per lui nella speranza di un rinnovamento della vita civile e religiosa italiana. Esattamente cinquant’anni prima, nel 1894, iniziando a tradurre in azione le direttive dell’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, il giovane sacerdote marchigiano fondava nella propria abitazione romana il primo circolo universitario cattolico, che, poco dopo (1895), diventava la FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiani). Seguono anni di vorticoso lavoro culturale, civile e politico: Murri fonda riviste e pubblica libri; anima in tutta Italia, straordinario oratore, un movimento di giovani, specie universitari, che nel 1901 diviene il primo partito dei cattolici: la Democrazia cristiana italiana, dotata di un organo settimanale, Il domani d’Italia, stampato in oltre diecimila copie. Il carattere peculiare impresso da Murri al partito, l’autonomia dalla Chiesa nella sfera politica, non è approvata dal nuovo papa Pio X, che nel 1904 chiude d’autorità il partito dei cattolici. Seguono anni difficili, di crescente contrasto con la gerarchia, non riuscendo Murri, determinato a seguire il dettato della propria coscienza, ad obbedire al divieto di occuparsi di questioni civili e politiche. Nel 1907 viene sospeso a divinis, nel 1909 è colpito da scomunica.

Per quattro anni (1909-1913) sarà parlamentare italiano nelle fila del partito radicale. Quindi vivrà per tutta la vita del lavoro di giornalista e pubblicista, acuto osservatore e interprete della coeva storia italiana ed europea, animato da una profonda e costante persuasione: non potrà esservi rinnovamento della vita civile italiana senza costruzione di una democrazia della quale i cattolici sentano piena responsabilità; ma non potrà esservi autentica democrazia senza un interiore rinnovamento del cattolicesimo e del cristianesimo storici, attraverso una nuova filosofia e la prioritaria osservanza della legge suprema dell’amore. lI rinnovamento civile e politico non potrà aver luogo senza interiore e profonda riforma religiosa: questa è la tesi che Murri sostiene caparbiamente per tutta al vita, come dichiara anche nell’ultima delle diciotto lettere a Giovanni Gentile: «Alle esigenze di una religione libera e personale io rendo omaggio da molti anni, pagando di persona. Penso che voi abbiate, nell’intimo, un poco di simpatia per questa mia testimonianza ed esperienza. E più non chiedo».

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