Ho conosciuto Gianfranco Rotondi alla fine degli anni ’80, in uno dei tradizionali incontri annuali di Saint Vincent della nostra corrente Dc di Forze Nuove, nella quale partecipò, graditissimo ospite, Gerardo Bianco, appena uscito indenne dallo scontro politico avellinese e nazionale con De Mita. Rotondi si rivelò subito dotato di grande appeal, eloquio chiaro e diretto e una cultura storico politica inusuale tra i giovani della sua età.
Sin da allora lo considerai, se non il migliore, uno dei “migliori fichi del bigoncio” dei giovani della quinta e ultima generazione dei democratici cristiani.
Anche lui divenne componente importante della corrente della sinistra sociale Dc, Forze Nuove, che con Pastore (leader di Rinnovamento, come allora si chiamava la sinistra sociale), Donat Cattin, Labor, Acquaviva, Bodrato, Vittorino Colombo, Mannino, Macario, Marini, Sandro Fontana, Toros, Fracanzani, Girardin, e molti altri esponenti, hanno rappresentato i miei riferimenti politici e organizzativi.
Con la diaspora del 1993, tutta quella grande esperienza cessò ma subito si avviarono diversi tentativi per farla sopravvivere. Chi, pensando che avrebbe potuto esistere all’interno dei fronti contrapposti del bipolarismo forzato da una legge elettorale impropria come quella del Mattarellum, e quanti, me compreso (che dal 2011 cercarono di dare pratica attuazione alla sentenza della Corte di Cassazione n.25999 del 23.12.2010, secondo cui la Dc non è mai stata giuridicamente sciolta) si sono impegnati per far rinascere, senza successo, la Democrazia Cristiana.
Rotondi, da scaltro politico, fu tra quelli che innanzi tutto pensò come altri che la discesa in campo del Cavalierepoteva rappresentare l’occasione per dar vita al centro nuovo della politica italiana. Obiettivo condiviso da autorevoli amici come Sandro Fontana e don Gianni Baget Bozzo, che furono gli ispiratori della scelta strategica decisiva di Berlusconi per il Ppe . Una rendita di posizione importante utilizzata sino ai nostri giorni da Forza Italia e accoliti.
Rotondi cercò sempre di mantenere viva la sua etichetta di democratico cristiano, che rappresentava il marchio necessario per le trattative alle diverse scadenze elettorali. Grazie ad essa seppe sempre garantirsi una posizione sicura, alle regionali lombarde prima, alle politiche poi, sempre per se stesso e qualche altro stretto amico collaboratore.
Non sono mancati, in verità, alcuni tentativi da lui operati per ricomporre un’area centrale, contando sulla presunta disponibilità di alcuni amici e amiche, tanto che si inventò la formula di Verde Popolare, marchio presentato proprio a Saint Vincent nel 2021.
Gli è che, quando con Gargani, Tassone, il sottoscritto e altri abbiamo tentato di avviare la Federazione dei Dc e Popolari, Rotondi traccheggiò, assunse una posizione di surplace; nella sostanza non aderì a quello che poteva rappresentare un tentativo serio di ricomposizione politica dell’area cattolica nelle su tre componenti essenziali: democratica, liberale e cristiano sociale.
Con la vittoria della destra di Giorgia Meloni alle elezioni politiche del settembre 2022, si assiste all’ultima giravolta del nostro “fico del bigoncio”. Ora la soluzione, secondo lui, sarebbe quella di stare tutti con la destra, presumendo di essere il traghettatore-trasformatore della stessa, dal partito degli eredi almirantiani a una nuova Democrazia cristiana formato 2.0.
Penso che anche la più sottile lucidità e il più ostinato realismo politici non possano superare certi limiti di compatibilità con i propri valori, salvo ridurre la politica a mero strumento di sopravvivenza e di gestione del potere.
Leggere il programma annunciato di una nuova edizione di Saint Vincent sotto le insegne di Fratelli d’Italia e Fondazione Fiorentino Sullo, costituisce, da un lato, il disconoscimento della storia politica di un uomo integerrimo come Sullo, uno dei padri della sinistra politica Dc della Base, e, dall’altra, l’ennesima capriola del “nuovo Tarzan della politica italiana”.
Celebrare a Saint Vincent l’entrata ufficiale di Rotondi nell’area della destra meloniana costituisce, infine, il più grande torto alla memoria di Carlo Donat Cattin, che dei convegni di St Vincent, della sinistra sociale Dc di Forze Nuove, fu l’inventore e l’interprete unico e non replicabile. Gli italiani, scriveva Ennio Flaiano “sono sempre pronti a salire sul carro del vincitore” e Prezzolini nel suo Codice della Vita italiana aggiungeva che “i fessi hanno dei principi, i furbi soltanto dei fini”. Col trasformismo si può sempre galleggiare, ma si finisce col tradire le proprie radici.