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domenica, 3 Agosto, 2025
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San Mauro: “Golden power? L’Europa ha estratto il cartellino rosso”.

In questa intervista, l’avvocato e docente universitario analizza il ritiro dell’offerta di UniCredit sulla Popolare di Milano e spiega perché le prescrizioni italiane violerebbero il diritto comunitario.

Professore di Diritto dell’Economia all’Università La Sapienza di Roma, già consulente giuridico presso istituzioni nazionali ed europee, Cesare San Mauro interviene sul caso che ha scosso il sistema bancario italiano: il ritiro dell’Offerta Pubblica di Scambio di UniCredit verso BPM, a seguito delle prescrizioni imposte dal Governo con il golden power.

Professore, cosa rende particolare il caso UniCredit–BPM rispetto ad altre operazioni del risiko bancario?

Nel caso specifico il Governo ha attivato il golden power imponendo una serie di prescrizioni che hanno portato UniCredit a ritirare l’OPS. Tuttavia, tali vincoli non sono stati applicati in operazioni analoghe, come quella del Monte dei Paschi su Mediobanca o della BPER sulla Popolare di Sondrio. Questo solleva dubbi sull’uniformità e sulla legittimità del criterio adottato. È bene ricordare che UniCredit, per struttura e sede, è a tutti gli effetti una banca italiana: lo attestano i depositi, la rete territoriale, il personale, la giurisdizione competente.

La normativa europea ammette strumenti di tutela come il golden power?

Sì, ma con limiti ben precisi. Il golden power nasce per proteggere settori strategici — difesa, telecomunicazioni, infrastrutture essenziali — da acquisizioni che minaccino l’interesse nazionale, soprattutto da capitali extra-UE. L’estensione a settori come finanza e assicurazioni è avvenuta in via eccezionale durante la pandemia. Applicarlo tra operatori europei senza un pericolo grave e attuale significa violare i principi fondamentali dei Trattati, a partire dalla libera circolazione dei capitali.

Quindi l’Italia rischia una procedura d’infrazione?

Assolutamente sì. La lettera della Vicepresidente della Commissione europea, Teresa Ribera, è molto chiara: l’interpretazione italiana del golden power nel caso UniCredit-BPM contrasta con il Regolamento europeo sulle concentrazioni — che ha lo stesso valore della legge — e con lo spirito dei Trattati. Se il Governo manterrà questa linea, non solo rischia pesanti sanzioni, ma alimenta un precedente pericoloso che potrebbe ritorcersi anche contro le imprese italiane all’estero.

E il fatto che anche Francia o Germania pongano vincoli simili?

Non può essere una giustificazione. Se altri Stati pongono ostacoli alle imprese italiane, anche loro agiscono contro il diritto europeo e subiscono condanne. Ma due torti non fanno una ragione. In uno Stato di diritto, non può prevalere la logica del fatto compiuto: alla legge del più forte dobbiamo opporre la rule of law. È questo il segno distintivo dell’Europa a cui apparteniamo.

Cesare San Mauro

Professore associato di Diritto dell’Economia – Università La Sapienza – Roma